Il Cimitero di Branesti |
La chiesetta di Branesti |
Abbiamo ormai lasciato la città e le sue frazioni più periferiche alle nostre spalle. La campagna si estende dolce ed ondulata fino all'estremo orizzonte. Lontano sopra la collina i grandi capannoni di una azienda di produzione sementi e di studi genetici, un tuffo al cuore di nuovo pensando al mio passato lavorativo. Tra le altre cose, sembra che questa realtà fosse anche, curiosamente, esclusiva produttrice di cibi liofilizzati per gli astronauti che partivano da Baikonur nel lontano Kazakistan. La dimensione dei campi risente, anche se ormai sono passati decenni, della impostazione del periodo sovietico. I grandi sovcoz e i kolcoz collettivi che coltivavano le superfici di interi paesi, anzi erano essi stessi villaggi o cittadine, hanno lasciato il posto alle cooperative che operano più o meno nello stesso modo, lavorandola terra con l'utilizzo di attrezzature comunitarie. I piccoli campi privati rimangono invece direttamente dietro le case assieme agli orti familiari. Branesti non è altro che un gruppetto di case al fondo di uno sterrato che esce perpendicolarmente dalla strada nazionale. Non si vede nessuno in giro, qualche casa è palesemente chiusa o in stato di abbandono, ma in fondo alla strada c'è una bella chiesetta dipinta di fresco, bianca e beige coi contorni blu, sormontata da un corposo campanile, anche questa chiusa, sintomo di una presenza minima di residenti, forse il pope viene solo alla domenica e alle feste importanti, come nei nostri paesini sperduti tra le montagne.
Tra le tombe |
Infatti non vedremo nessuno in giro per tutto il tempo in cui rimarremo a passeggiare tra le case, buttando l'occhio al di là dei cancelli di ferro colorati e cercando tracce della vita di tutti i giorni. Qualche gallina becchetta nella corte e un maiale grufola in un piccolo recinto, anche le caprette legate ad un palo segnalano che comunque la vita continua anche se tutto sembra come cristallizzato nel tempo dalla fata buona della bella addormentata affinché nessuno soffra troppo della tristezza dell'abbandono, in attesa del risveglio. Alla confluenza di due sentieri, una fontanella gorgoglia l'acqua freschissima di una fonte, all'angolo di confine tra i campi si alzano croci ortodosse in muratura che splendono al sole con un biancore abbacinante, completate da piccoli altarini ornati da fiori secchi. Ma girando attorno alla chiesa, scopri un grande spazio dedicato al cimitero, che la avvolge da tre lati come è costume da queste parti. Circondato da un folto bosco di alberi alti e dai tronchi robusti, non è diverso dai tanti che vedremo passando lungo la strada, ma questo, così solitario in mezzo alla campagna ha un richiamo particolare che invita ad una passeggiata tra le tombe. Anche qui come nei campi la terra è morbida e nera, la indovini lieve, quasi non debba pesare troppo sui corpi che avvolge nell'ultimo abbraccio.
Le panche dietro le croci |
L'erba e i cespi fioriti crescono rigogliosi negli spazi ristretti tra le lapidi di pietra fino ad invaderle; è la primavera che onora la morte, quasi che la natura voglia sostituirsi agli assenti quando, lontani, non possono prendersi cura di chi non c'è più. Le croci sono molto grandi, in pietra dipinta di bianco o di ferro, costruite di tubi colorate di vivace blu. Qualcuna, che la mancanza di cure ha lasciato alla forza degli eventi atmosferici, pende mestamente da un lato, resistendo però, abbarbicata al terreno sottostante come non volesse piegarsi completamente allo scorrere del tempo. Tanti cognomi uguali, come accade anche nei nostri cimiteri di montagna, quando i paesi erano abitati da due o tre grandi famiglie al massimo e le parentele si incrociavano tra di loro all'infinito. Facce scavate dal lavoro, visi di donna avvolte nei fazzolettoni, sulle foto sbiadite negli ovali di metallo. Qualche nome scritto in caratteri cirillici a testimonianza che la mescolanza di etnie arrivava anche all'interno di queste piccole comunità isolate. Tuttavia osservando meglio, scorgi tra le file di tombe spazi più larghi ricavati agli incroci degli stretti sentieri e anche senza cercare troppo, scopri, addossate alle lapidi, panche di legno e addirittura tavoli pronti ad essere imbanditi. Questa è una delle tradizioni più sentite nella Moldavia, il pastele blajinilor, la Pasqua (il pasto) coi defunti, che si svolge ogni anno nella domenica successiva alla Pasqua ortodossa.
Il cimitero di Sapanta in Romania -1985 |
E' questa una festa unica nel suo genere che coinvolge tutte le famiglie, che spesso tornano al paese anche se vivono lontane o in città proprio per questa ricorrenza. Già dal mattino presto i gruppi familiari arrivano al cimitero con grandi pacchi e occupano i posti attorno ai loro defunti disponendo sui tavoli il pranzo della festa, qualcuno addirittura prepara un barbecue quindi si dà il via alla festa, con canti e musica, ma soprattutto tanto alcool, vino e distillati fatti in casa, come consueto in ogni famiglia che viva in campagna. Questo stare a contatto con i defunti in allegria rappresenta di certo un modo di esorcizzare la morte, comune a molte culture, da quelle latinoamericane con le loro fiestas de los muertos, che quelle della vicina Romania, basti pensare al famosissimo cimitero allegro di Sapanta, la Spoon River della zona di Maramures, dove su ogni tomba un artigiano artista ha, per decenni, scolpito la storia di ogni defunto, in modo caricaturale ed ironico, ingigantendone i difetti o i lati più ridicoli del carattere o della persona, ricordando magari qualche fatto occorso al defunto stesso. Ricordando chi non c'è più in allegria è un modo per scacciare la paura del nostro essere mortali, attutire la malinconia del pensiero rivolto a chi se ne è andato e che pur ci è caro. Proprio per questo bisogna far festa ed esagerare, soprattutto nella esibizione e nel consumo di cibo e bevande che da sempre nelle culture contadine rappresentavano la manifestazione dell'abbondanza e del benessere raggiunto.
Tra le croci |
L'espressione massima di questo aspetto lo si raggiunge nelle feste che si svolgono in questa occasione nelle comunità Rom della Moldavia, che sono presenti soprattutto nelle province di Soroca e di Itacia nel nord del paese. Questa popolazione vive generalmente in una discreta agiatezza e durante questi giorni la esibisce in maniera esagerata, con veri e propri banchetti nei quali davvero si beve a rotta di collo e, complice il fatto che la tradizione vuole che i morti gradirebbero coinvolgere nella festa anche gli sconosciuti, saziandoli, facendoli bere e dando loro doni augurali e uova dipinte, sembra che chiunque passi di lì venga invitato a partecipare e a riceva regali in onore della famiglia e dei suoi antenati. Spesso tra i sepolcri si porta addirittura un'orchestra e il tutto prosegue anche il lunedì, tanto per non farsi mancare nulla. Alfredo mi assicura che questa è una esperienza assolutamente unica che varrebbe la pena di provare e tutte le persone che lui ha accompagnato ne hanno riportato un ricordo indelebile. Quest'anno cadeva il 15 aprile. Se non sbaglio il prossimo anno potrebbe essere il 5 maggio, data ideale anche per la primavera incombente, ma informatevi meglio. Devo dire che, a sentirne il racconto, mi è rimasto il rimpianto di non averlo saputo prima. Credo che sia una di quelle cose autentiche che ti ricordi per un po'. Ma adesso è ora di lasciare il cimiterino di Branesti, pulendosi le scarpe alla meglio del fango viscoso che ti rimane attaccato alle scarpe per procedere verso altri luoghi. Questa Moldova è una sorpresa continua.
I tavolini della festa |
SURVIVAL KIT
Il pastele blajinilor - Come vi ho già accennatola Go east go west (magari date un'occhiata al sito), organizza escursioni in questa occasione, includendo anche la visita di Soroca e della sua famosa fortezza. Credo che sia una esperienza unica da trascorrere in questa sorta di festa del paese, magari, se capita, invitati a partecipare dalla gente del posto. Tuttavia, considerando che questo avviene un solo giorno all'anno, le richieste sono moltissime e a mio parere conviene pensarci per tempo se non si vuole perdere l'occasione.
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