mercoledì 23 maggio 2018

Moldova 3 - Primo impatto




L'aereo scende sulla pista di Chisinau con noiosa regolarità, anzi addirittura in anticipo sul previsto, come capita spesso alle low cost, dove si fa il pieno di passeggeri prima del tempo e appena carichi, via. La regola, si sa, è che più l'aeromobile sta per aria e più la produttività aumenta. E' ormai buio e dal finestrino non si è potuto apprezzare il primo impatto dall'alto della nuova terra che ti sta venendo incontro. Appena il carrello sfiora il suolo, tuttavia, si alza l'applauso dal popolo di badanti e di reduci, una cosa che non sentivo più da tempo, quando i passeggeri poco abituati a volare, sembravano voler ringraziale il mondo ultraterreno di averli fatti tornare sani e salvi a toccare la terra. Qui invece, credo che bisogni interpretarlo più come la commozione per essere finalmente a contatto col suolo patrio, sentimento che in fondo tutti, anche quelli dall'animo più arido, conservano, magari nascosto in angolino recondito del proprio cuore, quello che di norma non si vuole mostrare a tutti, ma che poi, alla prima occasione in cui lavora l'inconscio, salta fuori, debordando improvvisamente. Sgranchite le gambe, che la ristrettezza dei sedili avevano un poco anchilosato, muovo i primi passi sul territorio moldavo nella direzione dell'uscita, avendo avuto l'accortezza di non avere bagaglio in stiva, cosa che ha pure ridotto il prezzo del biglietto. Qui ormai il visto non serve più, un'occhiata veloce dalla ragazza in divisa dietro al bancone, un bel timbro e via verso l'uscita, altro che a quei tempi là, quindici giorni per avere il visto dall'ambasciata di Roma e due pagine del passaporto occupate! 

La hall di uscita non è molto grande anche se l'aeroporto è piuttosto moderno e siamo in fondo in una capitale, di aerei non ne arrivano moltissimi e la gente smaltisce velocemente trascinando i bagagli verso i parenti che aspettano festosi, come quando arrivavano i treni nel sud. Alfredo è lì che mi aspetta come previsto; in fondo trovare qualcuno che te la racconta per tutto il periodo del tuo soggiorno, parlando la tua lingua, non è poi tanto male. Puoi chiacchierare non stop avendo molte più notizie ed informazioni di quando non ti esprimi in un idioma che non è il tuo e di solito neppure quello di chi ti accompagna. Poi lui è qui già da tredici anni e riesce a mescolare i giudizi di chi arriva da fuori con quelli di chi, ormai residente fisso, si sente parte a tutti gli effetti del paese che lo ospita, potendo fare paragoni e confrontando pregi e difetti con cognizione di causa. L'aeroporto è abbastanza vicino alla città, in una mezz'oretta sei già in centro, anche se un pochino di traffico sembra rallentare la corsa. E' l'inizio di un benessere che anche se con lentezza sta cominciando a cambiare i ritmi della città e bisogna prenderla come un segnale positivo, passando sopra al fastidio insito nella cosa in sé. Le luci della notte non sono moltissime, secondo il trend caratteristico delle città del blocco ex URSS che si adegua con calma all'occidente caciarone ed alle luminarie del commercio invasivo in cui si spinge di più sul pedale dell'apparenza, aspetto invece accolto con così grande entusiasmo nelle metropoli dell'estremo oriente. 

Il primo impatto comunque ti dà l'idea di una città dagli spazi larghi, con molto verde a disposizione, relativamente tranquilla e nonostante i suoi 600.000 abitanti ancora accettabilmente a misura d'uomo, bella frase che non vuol dire niente, ma fa sempre fine. Una grande arteria di quattro chilometri la taglia in due, segnandone il centro con una grande piazza con relativo parco, uno dei tanti all'interno della città stessa, dove si dispiegano la maggior parte dei palazzi del potere. Ma avremo tempo l'ultimo giorno di fare una visita particolareggiata della città, per ora diamo solo una occhiatina intorno per non perderci subito, visto che l'alloggio che avremo a disposizione per questi giorni  è proprio nella prima via parallela a questo Bulevardul Stefan cel Mare. E' interessante vedere dalle varie scritte visibili, dai manifesti e altro, come la lingua ufficiale rumena scritta, sia così fitta di parole di radice latina, da poter essere in molti casi interpretata con una certa facilità, cosa che non accade invece quando la senti parlare dai locali, che hanno un accento piuttosto stretto ed un ritmo di parlata piuttosto veloce. Anche se in effetti spesso quello che che senti non è rumeno ma il dialetto moldavo che viene usato di norma colloquialmente. 

Inoltre la notevole percentuale di residenti di origine russa, che si esprimono sempre nella loro lingua, oltre a quelle di molte piccole minoranze, rom, ukraini, gagauzi, bulgari ed altri popoli che usano i loro idiomi specifici, fa sì che in questo bailamme di lingue, i moldavi siano dei discreti poliglotti che ne parlano correntemente almeno tre. Anche il russo, complice il passato recente ed il fatto che era ufficiale nelle scuole, è molto presente come si nota subito dalle insegne e se vi rivolgete a qualcuno per strada in questa lingua, posto che la sappiate, sicuramente avrete risposta. Questa è sempre stata una nazione di confine tra il mondo latino e quello slavo, ma che come sempre, più che una barriera o uno iato divisorio, ha rappresentato un ponte di congiunzione tra popoli e culture, mix che non separa ma arricchisce e fa crescere quando si sopiscono gli odi ed i contrasti, quando il mercante prende il sopravvento sul soldato. Con ogni probabilità questo era uno dei rami secondari della via dell'Oriente verso l'Asia centrale, probabilmente percorsa anche dai fratelli Polo durante il loro primo viaggio verso il Catai.  

Comunque anche se siamo in pieno centro e sono appena passate le otto di sera, le strade sono quasi vuote, pochi gli esercizi ancora aperti, qualche ristorante o bar, con le luci basse, e in giro vedi pochi frettolosi passanti, segno che c'è poca abitudine alla vita notturna. Tuttavia non si ha nessuna sensazione di pericolo di alcun genere e la presenza di ragazze sole che passeggiano tranquillamente andandosene a casa, è molto rassicurante. Dopo qualche occhiata di orientamento ci dirigiamo verso la casa che ci ospiterà e qui ho subito un tuffo al cuore. Tutto mi mette immediatamente davanti alla realtà che ritroverò di continuo nei prossimi giorni; il tuffarmi nel mio ultimo passato di lavoro, quando la Russia e le sue terre vicine facevano parte di norma e per molti giorni dell'anno, della mia vita. In una via laterale, l'ingresso del nostro palazzo, la porta, le scale sono esattamente identiche a case in cui ho soggiornato in passato. Le cassette delle lettere, i fili dell'impianto elettrico, i gradini, tutto mi riporta a quei primi anni '90, a quel condominio a Cerkiesk dove arrivavamo dopo una giornata di contatti commerciali, ai vicini silenziosi, all'elettricista che avevamo chiamato a tarda notte per riattaccarci le valvole, quando era saltata la luce. Che nostalgia quando si pensa alle cose passate, basta un oggetto, un infisso, un odore per farti venire alla mente storie che pensavi avere ormai chiuso nei cassetti della memoria. Mi sale una euforia contagiosa, sono sicuro che mi accompagnerà nei prossimi giorni e che a questo breve viaggio nello spazio, si aggiungerà anche un altro viaggio, questa volta nel tempo e forse anche per questo sarà valsa la pena compierlo.



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