venerdì 8 maggio 2020

Oasi perdute 6 : I termitai di Harran



Harran - Turchia al confine siriano - Agosto 1981



Una via del paese
Nel 1981, con una 127 malandata ma non doma, con oltre 100.000 chilometri già fatti sulle spalle, anzi sulle ruote, percorrevamo la lunga strada che costeggia la frontiera tra Siria e Turchia, da Mardin a Gaziantep. Agosto pieno e calura insopportabile tanto per cambiare, ma allora le ferie le avevi solo in quel periodo. Avevamo lasciato da qualche giorno la quota rassicurante, attorno ai mille metri dell'altipiano anatolico dove il sole brucia ma l'aria è tutto sommato sopportabile e le notti fresche danno la necessaria pausa di refrigerio. Più o meno a metà strada tra le due città, una deviazione decisa verso sud portava dritta alla frontiera, scendendo sempre di più verso la piana. Avevamo lasciato l'aridità pietrosa delle balze turche e si apriva davanti a noi una grande valle che probabilmente faceva da raccolta alle acque che filtravano dall'altopiano, dando spazio ad una zona ragionevolmente vivibile, un'oasi che consentiva una primordiale agricoltura cerealicola. Ma la mietitura era ormai terminata ed i campi di stoppie erano ormai scuri anche se di tanto in tanto si innalzavano agli angoli, i mucchi di covoni ancora da battere, secondo lo stile turco che prevedeva il loro spargimento al centro dei villaggi sulle ampie aie ed il successivo passaggio circolare di una sorta di slitta trainata da un cavallo per sminuzzare le spighe ormai secche. Poi, ad una decina di chilometri dal confine, ecco comparire d'improvviso, nella piana, l'agglomerato delle case termitaio di Harran.

Magazzini e case
Già allora erano note per questa forma anomala di ovali di terra, bozzoli tondeggianti che si allineavano in file ordinate ai bordi di viottoli di terra e di sabbia. Case e magazzini al tempo stesso, quasi sempre prive di finestre, queste costruzioni avevano appunto l'aspetto di nidi di termiti, alti alcuni metri, con una piccola porticina alla base. Tra le case, stuoli di bambini e qualche donna che trasportava cesti di granaglie. Pare incredibile che questo piccolo agglomerato di case di fango, abbia avuto una storia antichissima. Abitata già nel periodo Calcolitico nel VI millennio a.C., citata nelle tavolette di argilla di Ebla e nelle lettere reali della città di Mari, era nota come Hellenopolis tra i Greci e poi Carrhae nell'impero romano, come racconta Plinio il Giovane. Di certo ebbe un rilievo fondamentale come città di transito nei commerci medio orientali e certamente era uno dei punti chiave della mezzaluna fertile dove nacque l'agricoltura. Forse proprio da qui è passata una delle scintille da cui è fiorita la complessità della nostra civiltà. Di qui è transitato il corso vorticoso della storia, Hittiti, Assiri e Babilonesi ed ancora in tempi che possiamo dire ormai recenti, qui si svolse la famosa battaglia di Carrhae nel 53 a.C., che oppose i Romani ai Parti, che ottennero una vittoria memorabile sulle legioni, sterminando uno degli eserciti più forti del tempo e bloccando per anni l'espansionismo dell'impero romano verso Oriente. E poi ancora scontri epocali tra Crociati e Saraceni, poi invasa dai Mongoli, infine territorio di influenza Kurda; sembrava impossibile che tutto questo colossale libro di storia fosse ridotto a quel minuscolo gruppo di case di fango dal curioso aspetto di alveare selvatico. 

Tra le case
Ricordo che questa cartolina mi colpì moltissimo, per le sue forme inusuali, ma soprattutto per lo straordinario senso di pace e di sicurezza che dava tutta l'area. Un luogo così tranquillo, lontano dalla furiosa e aggressiva vita moderna, certo tagliata fuori dallo sviluppo e dal benessere materiale che porta, ma che spesso ha conseguenze devastanti con i suoi egoismi, la sua ansia di arricchimento e spesso di violenza. In fondo, pensavo, è vero che questa gente forse sta perdendo il treno dello sviluppo (che già si intravedeva nelle altre zone della Turchia, complici le rimesse e le conoscenze delle centinaia di migliaia di emigranti in Germania), ma avrà sempre il vantaggio di vivere la tranquillità senza tempo e senza pericoli che di norma accompagna la povertà comune. Oggi, dopo quaranta anni, quello è diventato uno dei confini più tribolati del medio oriente, nel pieno delle guerre più truci che mai l'umanità abbia visto, tra bombardamenti e lotte intestine tra gruppi terroristici e labili governi in cerca di primazie regionali. Orde di milioni di profughi vi transitano in cerca di salvamento. Fame, malattie e morte, stabili coinquilini in un posto che mi appariva come uno dei luoghi più tranquilli e sereni della terra. Un'oasi di pace, dove i bambini correvano nella polvere per giocare e dove forse oggi, diventati uomini, corrono per salvare le proprie vite. Chissà che ne è oggi delle case termitaio di Harran, in un posto dove le genti fuggono in ogni direzione come formiche impazzite.

I campi attorno ad Harran


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