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Mercato dei dromedari di Goulimine - Sud Marocco - agosto 1984 |
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Tramonto all'oasi |
Goulimine era l'ultimo avamposto del sud marocchino dove sia consentito arrivare con i propri mezzi senza sconfinare in territorio Saharoui. Un'altra delle tante oasi perdute dell'Africa che vive galleggiando sulle sabbie. Qui si svolgeva ogni domenica il più importante mercato di cammelli del continente, che poi naturalmente son dromedari, ma si dice così. Vi convergevano a migliaia, touareg con i mantelli blu, Saharoui con grandi turbanti bianchi avvolti attorno al capo, commercianti marocchini con camioncini malandati e qualche turista di lungo corso che amava perdersi tra le mandrie e i sensali. Sembrava, è vero, di stare al mercato di Alba o di Moncalieri vestiti da carnevale. Stessi gesti, stesse pacche sulle spalle, stesse strette di mano, solo i cammelli avevano un'aria distaccata, superiore, ma loro sono gli unici esseri viventi a conoscere il centesimo nome di Hallah e quindi se la possono permettere. Giudiziosamente eravamo arrivati il giorno prima col nostro camper scassato e ultradecennale, un 238 Fiat del quale non finirò mai di cantare le lodi, dopo aver traversato tutto il magreb a partire da Tunisi, rimanendo però subito preda di un ragazzino che ci aveva convinti ad andare a parcheggiare nell'oasi della sua famiglia a qualche chilometro dal paese. Ne valeva assolutamente la pena; sotto un gruppo di palme ci si poteva godere uno spettacolare tramonto sulle dune, prima dorate e poi rosse, infine nere, del grande erg occidentale.
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Touareg |
Tra le palme di quella che pareva proprio l'oasidelle barzellette con qualche ciuffo di palme sparso tra le sabbie, c'erano anche altri sbandati, tra i quali due ragazzi di Cuneo, entusiasti ed affascinati come noi del luogo. Calato il sole, il ragazzetto viene a chiamarci con aria complice e ci comunica che proprio fuori dall'oasi si è accampato da due giorni un cosiddetto uomo blu del deserto, un'ottima occasione per una serata un po' particolare. Facciamo comprare carne di cammello per gli spiedini e con i due cuneesi al seguito, veniamo ricevuti dal predone del deserto che ci accoglie, dopo aver controllato la carne, con la proverbiale ospitalità touareg. Era un uomo non giovane, ma di aspetto severo avvolto in larghe vesti indigo di un blu accecante, la testa completamente avvolta in un gigantesco cheche che copriva anche parte del volto, la cui pelle scura era cotta dal sole e dalla sabbia del deserto. Se ne stava accoccolato nella sua grande tenda, su spessi tappeti, appoggiato a sacchi di mercanzia disposti in disordine dietro di lui. Veniva al mercato due volte all'anno per barattare sale con orzo, thé e altre cose preziose per chi come lui passava tanto tempo lontano dal mondo civile. Così tanto tempo e così lontano da rimanere stupito e sorpreso quando non spaventato da certa tecnologia, evidentemente a lui poco nota.
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La luna nell'oasi |
Come non ricordare, tra un thé alla menta ed i dolci datteri freschi, il suo sbattere gli occhi, meravigliato, quando il nostro cuneese usò il suo accendino per fare il fuoco sotto gli spiedini; come se lo rigirava tra le mani continuando a fare scattare la fiamma, come un bimbo con un gioco appena scoperto, lasciandolo poi da parte, strumento diabolico in cui è male, forse, riporre fiducia. Che dire poi, quando si ritrasse terrorizzato, perché improvvidamente, incurante delle prescrizioni preventive della nostra piccola guida, estrassi la macchina fotografica, subito riposta; un evidente oggetto demoniaco. Dispensava inoltre frasi sagge, tradotteci in simultanea, come osservazioni sui meloni, dono di Hallah, dolci dentro ma ruvidi e brutti di fuori o sui datteri, dita di luce divina. Mentre la nostra cuneese guardava con espressione rapita il principe delle dune, il cui fascino selvaticodi certo smuoveva l'ormone, salutammo la compagnia, e ce ne filammo a letto. L'alba sulle dune è veramente un dono imperdibile; le sfumature infinite che iniziano col rosa leggero, per passare poi rapidamente tutti i toni dell'ocra, ti riscaldano dentro e ti rassicurano. Ed ecco arrivare i nostri cuneesi, lei, entusiasta, ci mostra un pugnale antico col manico d'argentone cesellato, che l'uomo blu ha loro ceduto dopo molte insistenze. Era di suo nonno, ma la necessità di nutrire le sue bestie lo avevano convinto a cederlo.
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Al mercato |
Il poveretto, è chiaro, non conosceva il valore reale del danaro, ma era disposto solo al baratto ed il piccolo Mahmud li aveva aiutati, facendosi carico di cambiare i loro cento dollari con i dieci sacchi d'orzo di cui il pastore abbisognava. Gli occhi le brillavano ancora per l'emozione e li lasciammo per andare al mercato, ragione per cui eravamo venuti fin lì. Un luogo straordinario che ci riempì gli occhi dall'alba per lunghe ore fino a mezzodì quando, quasi terminate le contrattazioni, lo lasciammo ai pullman di turisti che arrivavano da Agadir per perderci tra alcune bancarelle di souvenir. Una di queste era completamente ricoperta di pugnali identici a quello del nostro ospite, disponibili a un dollaro e cinquanta (ancora da trattare però). Ridacchiando, improvvidi scettici relativisti, ci dirigemmo verso un piccolo ristorante dove, per quegli strani casi del destino, trovammo i nostri due amici, con un diavolo per capello. Avevano certamente visto la bancarella e truffati ma non domi, erano subito corsi alla locale stazione di polizia, dove avevano raccontato il fatto. Pare che i gendarmi un po' assonnati abbiano esclamato: - Ma 'sto Hussein non vuol proprio capirla, ne ha bidonati altri due!- e caricatili sulla jeep, li abbiano riportati all'accampamento dove, dopo una ramanzina e con promessa di non farlo più, il nostro magnifico guitto, restituì il maltolto. Un sogno distrutto da una improvvida bancarella, sciolto nell'acido del buon senso e dello scetticismo. Cento dollari in più in tasca ma una emozione in polvere. Eppure l'anima si nutre di sogni; che pugnalata, è davvero il caso di dirlo, che occasione perduta, che peccato!
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Trattativa |
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