domenica 24 maggio 2020

Oasi



Oasi di Al Harma - Oman - 2018

Oasi di Bidiyah - Oman - 2018
Ve l'ho tirata avanti per un mesetto e abbiate pazienza, ma il problema è che stando in casa isolato come un panda tra i bambù qualche cosa bisogna pur rimuginare nel testone che diventa sempre più vuoto al continuo rimescolamento di un passato che si fa ogni giorno un pochino più lontano e quindi forzatamente sempre più ammantato nel ricordo di aloni di meraviglia e di stupori che vanno al di là del reale. L'alternativa sarebbe stata che vi sareste dovuti beccare una trentina di post di haiku stiracchiati a commento di qualche foto cinese, mentre io invece, dovevo, accidenti, essere impegnato in un giro causasico che avevo programmato da quasi un anno e che mi ispirava moltissimo e che invece è stato riposto nel cassetto in attesa di essere ripescato, forse il giorno di San Maipiù, come si dice dalle mie parti, complice l'età, naturalmente, perché è ovvio che prima o poi tutto ripartirà più o meno come prima. Tuttavia volevo fare una ultima elucubrazione sul tema: perché questo concetto di oasi è così affascinante per la maggior parte della gente ed in ogni caso perché viene così raccontata. L'oasi è in effetti una categoria della mente così come il porto per la gente di mare. Un luogo mistico dove arrivare dopo la traversata di un non luogo, il deserto, che può essere delle forme più varie, fatto di dune sabbiose, onde di un mare cristallizzato e tinto dalle sfumature più varie a seconda dell'inclinazione del sole, oppure di pietra, una spianata senza fine cosparsa di ciottoli o coperta di una patina piatta di sale bianco infiocchettato da merletti di luce ingannevole.

Oasi di Rissani - Marocco - 1984
Oppure ancora fatto di roccia viva e scabra con valli e wadi che ne disegnano serpentine sinuose con formazioni di roccia che l'erosione ha reso esposizione di una statuaria naturale degna di grandi musei. Insomma nell'andare per questo mondo solitario e assoluto per dirigersi verso un altrove sognato, una meta ultima da raggiungere e che fino a pochi decenni fa si faceva soltanto per ragioni commerciali. Era il mercante che aveva inventato la carovana, per andare al di là di qualche cosa, dove c'era qualche altra cosa di raro e prezioso per il di qua e che laggiù invece era comune e poco costoso da scambiare con il viceversa che qui aveva, a sua volta, le medesime caratteristiche. Prendere il sale che costa solo il lavoro per raccoglierlo da terra e portarlo qui dove è bene prezioso, magari mettendoci dentro le acciughe così poi qualcuno inventa la bagna cauda. Ma se esiste la carovana col suo concetto errante di carichi che si spostano, deve esistere anche il concetto di oasi, col suo bravo caravanserraglio, il porto sicuro, dove arrivare e sostare, trovare cibo e rifornimenti, soprattutto l'acqua, il bene più prezioso nel deserto, che per il diritto arabo è "libera", a disposizione di tutti. Credo che il concetto di privatizzazione dell'acqua faccia rimescolare il sangue ad ogni beduino che si rispetti. Dove riposare difeso dalle mura sicure del caravanserraglio, terreno neutro dove predoni si mescolano a mercanti senza aggredirsi a vicenda. Qui ci si riposa, si riprendono le forze, alla battaglia ci si penserà fuori, lontano; l'oasi è pace, scorrere di ruscelli, datteri dolci e ospitalità. 

Oasi di Touggourt - Algeria - 1978
L'oasi può avere caratteristiche fisiche diversissime, ampia valle, depressione dove l'umidità si raccoglie per decine di chilometri creando un ambiente ideale per lo svilupparsi del palmeto, oppure un ristrettissimo spazio dove occasionalmente le geologia ha consentito il formarsi di sorgenti o la falda quasi affiora e si riesce a costruire un pozzo, che permette la vita, l'abbeverata per uomini  e animali, dove la poca acqua scorre preziosa a nutrire piccoli terreni, nei quali la terra fertilissima, fa nascere verdure, mitiga la torrida vampa di calore che soffia da fuori. L'oasi è sicurezza e riposo, è nutrimento del corpo e dello spirito. Tra le palme più esterne sorgono le tende nere che danno albergo alle notti fredde e dal giorno infernale. Su morbidi tappeti ci si sdraia a bere thè alla menta colato da sinuose cuccume di rame dai lunghi becchi arcuati, si ringrazia la divinità e si raccontano storie di donne meravigliose, di ladri e di Jinn che vivono nelle profondità della terra. Come il deserto rappresenta la categoria del sublime assoluto che raccoglie lo sguardo nell'infinito, lo straniamento dell'animo umano di fronte ad una dimensione così grande da non essere misurabile dal metro comune, così l'oasi è il benessere della quotidianità, il coccolarsi col piacere dell'intimità minimalista, della infinita piacevolezza dell'essere tranquillo e sicuro, protetto dalla furia del mondo esterno, dai suoi pericoli, dalla sua ostilità. Così l'oasi è diventata simbolo di ospitalità pura, di vita semplice e serena che tuttavia bisognerà al fine lasciare prima o poi per riprendere la traversata verso quella meta ultima e definitiva.


Oasi di Hadda - Yemen - 1977


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