mercoledì 24 marzo 2021

Luoghi del cuore 112: Il lago Malawi


Lago Niassa - Mozambico - settembre 2014


Il lago Niassa dalla collina
Dopo un'ultima curva tra gli alberi un baluginare lontano, che il sole alto del meriggio rende quasi accecante. L'orizzonte non è più fatto di colline dai rilievi tormentati, ma solamente una sottile riga orizzontale infinita, di cui non scorgi il termine. Mille piccoli specchietti fanno la gibigianna lontana. Forse è per questo, forse è proprio dall'alto di questa collina che arrivò qui per la prima volta Livingstone e ammirando questa superficie scintillante lo battezzò il Lago delle stelle. La sensazione è quella di avere davanti un mare, immenso e senza confini visibili non potendo vedere le altre sponde oltre quella da cui guardi la superficie azzurra e solo leggermente increspata. Il lago Niassa, come veniva chiamato un tempo o Malawi secondo la dizione internazionale più recente, è lungo 365 miglia e largo 52, per questo veniva chiamato anche il lago del calendario. Anche le sue coste, più di 1000 chilometri, sono popolate di rari e minuscoli villaggi, ma senza importanti città, la sensazione che ti prende subito è di non avvertire la presenza dell'uomo. Le poche capanne sono nascoste tra gli alberi della riva e le acque non sono solcate da barche o navi. Visto dall'alto delle colline ti pare di essere in una terra che non ha mai conosciuto l'uomo, un Eden deserto, solo a tratti pericolosamente misterioso. Soltanto avvicinandosi si vede qualcuno che si lava sulla battigia di pietra e qualche rozza barca di pescatori, ricavata da tronchi scavati. Dove termina la strada, un gruppo di case, una cittadina e un pontile in metallo, qui attracca una specie di traghetto che compie il giro del lago in due giorni collegando Tanzania e Malawi. Una costruzione bassa in cui dovrebbe stare qualcuno addetto al controllo delle merci che arrivano e vanno via, un bar e gruppi di donne che risalgono dal lago con grandi mastelli di plastica colorata sulla testa pieni di panni lavati. 

IL ficus della piazza della dogana
Più in basso sulla spiaggia, gruppi di bambini sguazzano nell'acqua che, azzurra in superficie, diventa subito cupa e scura a pochi passi dalla riva. Ha un'aria invitante il lago, forse perché non l'aria trista che invita al suicidio dei nostri, grigi e piatti, ma sembra davvero un mare azzurro, anche se una sensazione malevola ti tiene comunque lontano dal desiderio di bagnarsi che prende tutti alla vista dell'acqua pulita. E non si tratta neanche dei coccodrilli, che pure sembra siano presenti in gran numero, ma quelli non si vedono così vicini al pontile e comunque avrebbero già mangiato un bel po' di gente se fossero acquattati sul fondale, oltretutto non ci sono neanche zone stagnanti e fangose in cui rincantucciarsi a prendere il sole a bocca spalancata. No, direi che piuttosto si tratta dello Schistosoma, nome poetico e gentile di un delicato e piccolissimo verme platelminto che ha trovato un suo luogo ideale, così pare, nell'utilizzare come ospite intermedio i gasteropodi di cui il lago pullula. Provoca la ben nota bilharziosi, la malattia tropicale più frequente dopo la malaria, responsabile nella fase acuta della febbre di Katayama e secondo i dati, circa 5000 persone all'anno se la beccano nelle acque di questo lago e sembra che non sia una roba bella. 

Il pontile di carico
Sul pontile invece si ammucchiano una serie di bidoni di carburante  e di taniche di olio alimentare, in attesa che arrivi un barcone a portarsele via. Le operazioni di carico si svolgono in maniera piuttosto approssimativa e a sola forza di braccia. Un bambino di una decina d'anni trascina due contenitori da una ventina di chili l'uno lungo il pontile ansimando sulle sbarre di ferro, poi mostra i muscoli orgoglioso. Una stradina in terra battuta segue verso nord la riva circondata da enormi piante di baobab. Dopo un paio di chilometri un altro gruppo di casette sulla riva, una serie di bungalow malandati che vorrebbero pomposamente essere definiti "resort". C'è anche qualche ricco locale che evidentemente ha portato moglie e figlie in vacanza al lago. Sembrano molto annoiate con gli occhi socchiusi e le cuffiette dell'ipod nelle orecchie. Poi tutti fanno il bagno schizzandosi nell'acqua, come tutte le famigliole di questo mondo. Auguri. Noi ci mangiamo una bella carpa del pescosissimo lago con un brodetto saporito al pomodoro, riso e patate e una birra fresca. 

Ignazio sciupafemmine
Buona la birra da queste parti, ti fa sentire parte di questo mondo e comunque rimane un punto di riferimento, una sorta di DNA culturale comune. Ignazio mangia distrattamente sempre impegnatissimo sui tre telefoni. Comunque visto anche lo stato precario della macchina, è già ora di tornare, come sempre farà buio presto. Ci si ferma ancora alla stazione vicino al pontile, qui Ignazio conosce tutti, era il capolinea del suo bus, e pare che abbia spezzato diversi cuori, a vedere quantomeno le ragazzotte che gli corrono addosso e se lo sbaciucchiano ridendo. Lui usa il più tecnologico dei tre telefonini per fare qualche foto, poi le saluta con l'aria vissuta di chi vive ormai nella città tentacolare ed è abituato a ben altro e si riparte attraversando un gruppo di banchetti di frutta e di pesci secchi così ricoperti di polvere rossa da sembrare già impanati e pronti per la frittura. Riprendiamo la strada delle colline. Dall'alto il sole sta per scivolare verso la superficie d'argento del lago, sparpagliando la luce in mille e mille paiettes, una veste da sera che si insanguina a poco a poco e che la notte andrà ad indossare sotto il mantello nero, quando lui starà per scendere definitivamente dietro la riva opposta, invisibile ai nostri occhi. Appena dopo la salita, l'acqua del radiatore ricomincia a bollire. Sarà un viaggio faticoso. 







2 commenti:

OLga ha detto...

Grazie per questo viaggio virtuale.

Enrico Bo ha detto...

grazie a te che mi segui!

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