giovedì 18 marzo 2021

Luoghi del cuore 111: Ohrid, emozioni

 

Lago di Okrit - Albania - luglio 2014



Attrezzature di divertimento sul lago
Non sono un appassionato di laghi, ma arrivare a tarda sera dalla lunga serpentina che scende dalla montagna fino a Pogradec, mentre la luce diventava sempre più fioca e la immensa superficie dell'acqua diventava via via più vicina, è stato emozionante. E poi con questo lago avevo un appuntamento mancato da oltre venti anni. Già, era l'anno prima che scoppiasse la guerra, nell'agosto '90. Dall'altra parte era ancora Yugoslavia, ma i segnali di disintegrazione erano nell'aria, anche se era impossibile pensare ad una mattanza insensata come quella che la follia umana avrebbe prodotto di lì a poco. Ero a Ohrid, esattamente sulla riva opposta, adesso macedone, la bellissima cittadina col suo antico monastero che dà il nome al lago stesso. L'acqua aveva lo stesso colore e l'altra parte del lago, quello in cui mi trovo adesso, stava lì invitante e desiderabile, eppure esclusa da una barriera invalicabile, che aveva reso il paese delle aquile completamente isolato ed impenetrabile a chiunque. La voglia di attraversare quel confine era allora fortissima e dentro di me ci fu allora la certezza che prima o poi ci sarei arrivato dall'altra parte, per vedere cosa c'era oltre quello specchio d'acqua deserto, così diverso dagli altri, sempre solcati da navi e battelli di ogni dimensione, mentre lì tutto era solitario e spento, quasi lugubre. Il mondo fa in fretta a cambiare. Adesso il lungo lago è certamente diverso, sono scomparsi anche i bunker, sostituiti dalle tante costruzioni che hanno portato anche qui il turismo, locale per ora. Tanti alberghi nuovi grandi e piccoli, ancora certo in sovrannumero rispetto alla esile richiesta, ma bastanti a dare la sensazione della vacanza, di gente libera che cammina serenamente nei giardini della passeggiata del lungolago, tra bar e piccoli locali, da cui esce, neanche troppo a basso volume, lo scoppiettare  della musica balcanica, violini e clarinetti, mentre i fumi delle griglie riempiono l'aria di odori allegri e ti invogliano a sederti, rilassato a bere birra e mangiare spiedini e tzatziki. C'è tanta gente in giro. 

Quasi al tramonto
Fai fatica a pensare che due decenni fa, qui vigeva una specie di coprifuoco continuo e ognuno prima di parlare si guardava alle spalle, con la paura continua di sentire bussare alla porta, la mattina dopo, un drappello della polizia segreta. Qualcuno veniva qui con la speranza di farcela a scappare; entrava nell'acqua tra le canne nel buio, cercando di farcela a nuotare fino all'altra riva o con una barchetta, certo più sicura, ma così facilmente avvistabile dalle mitragliette delle guardie. Adesso che l'aria è diversa, l'unica cosa che può capitare è l'arrivo, sempre al mattino presto, della polizia edilizia, che, dopo avere però effettuati i tre avvisi regolamentari, giunga con la ruspa per buttare giù una, magari la tua, delle migliaia di case abusive che nel frattempo il benessere e la brama speculativa ha costruito a gran velocità lungo le tante coste bellissime di laghi e del mare. Comunque, la sera, passeggiare sul lungolago è davvero piacevole, mentre la luna ormai piena ne fa risplendere la superficie di argento vivo. La mattina si fa colazione davanti alla grande vetrata che guarda il lago, mentre i rilievi delle rive lontane si leggono appena in una infinita sfumatura di azzurri e di blu. Forse sarebbe anche divertente trascorrerci qualche giorno da queste parti, lasciarsi cullare su un barchetta, cercando di pescare una trota, senza spingersi troppo al largo, sul lago deserto e profondissimo, cercando di non udire le voci di quei tanti che cercavano di passarlo a nuoto, di notte, anche senza la speranza di farcela, pallidi fantasmi di un tempo passato, forse dimenticato per sempre. Non so che dire, il lago mi lascia sempre sentori di tristezza, anche con la sua bellezza cupa, che non induce al riso, ma mi lascia comunque un tuffo al cuore. Meglio andarsene forse, percorrendo la bella strada che lo costeggia, tra bassi canneti e piccole anse ingentilite da paesi addormentati. Poi ancora una volta la strada prende la via del monte, un altro passo dove puoi dare l'ultimo sguardo a quella superficie di un azzurro metallico, che da questa altezza ti appare ancora più immobile. Ohrid, Okrit, due nomi diversi per lo stesso luogo, finalmente ti ho avuto, ma non per questo, adesso, sono più felice.


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