Louvre - Parigi - ottobre 2007 |
Al Louvre |
Continuo a parlarvi di luoghi del cuore e mi accorgo che non ho ancora citato Parigi. Ci mancherebbe solo di tralasciare questa città assolutamente magica, che al solo nominarla evoca aure da Belle Epoque, battelli che scivolano sull'acqua, fregi gotici, volute rococo di corti incipriate e rivoluzionari intenti a far saltare teste nobili e non solo. Pittori, poeti, filosofi e letterati, ballerine di cancan e nudi del Lido, libertà, tanta, fraternità magari meno, uguaglianza sulla carta. Parigi è una città che non riesce a lasciare indifferenti. Ho amato tanto passeggiare sulle rive della Senna, sedermi sulle panchine dei suoi sterminati giardini o per i prati del Bois, sui banchi di legno nell'ombra umida delle chiese illuminate solo dal colore delle vetrate, perdermi tra le opere dei suoi musei. Mangiare qualche cosa negli scomodi e microscopici tavolini dei suoi locali, ma come fai a non beccarti il virus, seduto a trenta centimetri di distanza dal tuo vicino e poi stare su un gradino aspettando che la gran torre di ferro si illumini di mille barbaglii intermittenti. Ammirare la città dall'alto del Sacre Coeur, quello sterminato insieme di tetti di ardesia grigia, compatti e unitari o considerare i boulevard diritti che si irradiano nell'Etoile o dalla cupola delle Galeries Lafayette fino allo skyline moderno che si aggrega lontano alla Defense. Gli input che ricevi, come turista naturalmente, non sono cambiati molto negli anni, in fondo questa meravigliosa città è cambiata poco nei suoi fondamentali negli ultimi decenni, in particolare per le sensazioni che riesce a comunicarti. Ricordo le stessi piacevoli momenti di freschezza mentre attraversavo il pont Neuf negli anni 80, quando andavamo da zio Mario e zia Blanche che vivevano proprio al di là del ponte, in un appartamentino a cui si arrivava attraverso scale ripide, coi pavimenti in legno scricchiolante, un'aria da fine '800 con vista sulla flèche di Notre Dame, che ho rivisto poi, una settimana prima che se ne andasse in fumo.
Pont neuf |
Zio Mario a Parigi ci era arrivato poco più che diciottenne, andandosene da quelle valli di povertà delle Alpi Cozie, come tanti in cerca di fortuna, lì non c'era un mare di flutti tempestosi da attraversare in gommone, attraverso quei valichi che allora erano ponti e non confini e in questa splendida città si era adattato benissimo, diventando più parigino dei parigini stessi, passando tutta la vita a consigliare vini e degustazioni in un locale del centro, quando ancora non circolavano i sommelier con la bocca a cul di gallina. La guerra, il nazismo, le deportazioni erano passate come un vento maligno di cui bisogna aspettare la fine, che arriva sempre non ostante tutto. Detestava i formaggi italiani, troppo magri se paragonati ai camembert o ai brin de paille a cui si era ormai abituato e non riusciva a bere un flut di champagne senza averlo prima un poco agitato con appositi biscottini secchi che richiedeva borbottando a zia Blanche, una normanna abituata alle brume ed alla concretezza del nord, che di queste raffinatezze avrebbe forse anche fatto a meno. Probabilmente chi arriva qui da fuori si adatta e si pariginizza più degli stessi residenti, come la mia amica Ivana che, capitataci per caso, è innegabilmente una parigina sotto tutti gli aspetti. Le donne infatti, prendono subito quell'aria elegantissima ed un po' distaccata che le fa apparire come esseri di un altro mondo, naturalmente superiore, avvolte come dee in foulard leggeri e delicati profumi, francesi ça va sens dire. Ma in fondo a Parigi, non devi cercare troppo, basta sedersi nel dehors di qualche locale e respirare l'aria della città, in senso metaforico naturalmente. Nei giardini davanti al Louvre e di fronte all'Opéra, avverti la grandeur, nei vicoli del quartiere latino, la vita di tutti i giorni; nel quadro di place des Vosges senti la storia, nelle tombe del Père-Lachaise la dolcezza del passato che si imputridisce in un ricordo malinconico. Parigi è una musica leggera di sottofondo, un organetto che scandisce note delicate, aspettando che passi la nottata.
Il centro Pompidou |
Place des Vosges |
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