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Bac Ha - Vietnam - febbraio 2014 |
Il momento topico per chi arriva da queste parti è la domenica, il giorno del mercato settimanale di Bac Ha. Per questo, gli alberghi di Sapa sono sempre pieni il sabato sera e occorre prenotare molto tempo prima. Quindi aspettatevi di trovare un sacco di gente da quelle parti quando scenderete sulla piazza della cittadina incassata in basso alla confluenza di diverse valli. Prima arriverete quindi, meglio sarà. Questo è il più grande mercato del nord Vietnam e qui potrete trovare un grandissimo numero di persone di diverse minoranze che vivono nelle decine di villaggi di tutte le valli vicine. H'mong rossi dalle corte gonne colorate a ruota, giubbini dai ricami a zig zag, Dzao neri coi cupi grembiuli svolazzanti e gli alti cappelli a cilindro, Nung e Pathé dalle vesti sgargianti e fittamente ricamate. E' un'orgia di colori e di forme che non vedrete da nessuna altra parte, quindi non lasciatevi condizionare dalla presenza dei pur molti altri turistacci che, come voi si aggirano tra i banchi, famelici di foto storiche da mostrare poi agli amici annoiati tornando a casa, tendendo agguati ai gruppi di donne che calano dalle vie laterali con le gerle piene, ma godetevi la giornata aggirandovi per l'enorme spazio pieno di banchetti e di gente che compra, che osserva e che vende, nella più classica accezione del luogo deputato agli scambi, il mercato. Una delle zone più interessanti è come sempre quella dei prodotti della terra. Qui è tutto un cumulo di enormi zucche, cespi di insalate di ogni tipo, cavoli e carote, sacchi di cipolle rosse, erbe di ogni tipo, montagne di canne da zucchero pronte per essere tagliate in minuscoli pezzi.
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Contratto concluso |
Sopra una di queste, un ragazzino a guardia del forte squadra con aria truce chi si avvicina e aspetta la madre che arriva dopo un po' con un sacco di pannocchie di granoturco e bambinello di ordinanza sulla schiena. Una vasta porzione è dedicata agli strumenti agricoli. Non solo zappe, vanghe, picconi, ma anche lame di aratro da applicare ai versoi in legno modellati a mano, vagli per separare la pula dal riso. Un gruppetto di donne H'mong stanno attorno ad un venditore di sgranatoi per pannocchie e guardano con interesse il funzionamento della macchina cercando di impararne i segreti. Una scalinata porta sulla sommità della collina, al mercato dei bufali. Gli animali stanno isolati l'uno dall'altro o a coppie, mentre il proprietario li lustra con cura per renderli più belli ed appetibili ad una piccola folla di compratori. I migliori arrivano a costare anche 1000 dollari, una piccola fortuna. In un angolo, una trattativa sembra andata a buon fine, i due uomini sono accoccolati per terra, uno conta con cura un grosso mazzo di banconote, l'altro lo segue con gli occhi, alle loro spalle un grosso e pelosissimo bufalo grigio che rumina calmo in un gran cumulo di erba. Una donna con uno straordinario costume se ne sta accoccolata sulla balconata, forse aspetta che il marito abbia finito la trattativa. Sotto di lei il mercato è nel suo pieno svolgimento e una folla multicolore sfila avanti e indietro carica di pacchi, oggetti, borse e masserizie. In una zona un poco più lontana, popolata solo di uomini, si vendono curiosamente cavalli, galli da combattimento e uccellini da canto.
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Controllare prima di acquistare |
C'è un gran fermento attorno a due pennuti che, liberati dalle loro ceste, si gettano uno contro l'altro con una aggressività inquietante. Le grida degli astanti li aizzano ancor di più, si beccano l'un l'altro furiosamente sulle ali, al collo, già tutto spelacchiato, sulla testa cercando di centrarsi gli occhi, tra gli incitamenti dei presenti. Poi i proprietari li separano a forza, ma era solo un assalto dimostrativo per mostrare la forza dei propri campioni. I galli ritornano nelle loro ceste e cominciano le trattative furiose per aggiudicarsi il migliore. Invece nell'angolo più lontano dello spazio sterrato, i venditori di uccelli mostrano le loro gabbiette coperte da una spessa stoffa colorata; qualcuno, a richiesta, ma mostrando una certa ritrosia, quasi facendosi pregare, alza la cortina per far vedere la bellezza ed il piumaggio del suo animale. I commenti si sprecano, i soldi passano di mano. Qualcuno parte sul motorino col il suo carico con aria soddisfatta, anche chi se ne va contando banconote, altrettanto contento. E' lo spirito dello scambio; la trattativa si conclude solo quando entrambe le parti pensano di averci guadagnato. Qualcuno si ferma vicino ad un gruppo di cagnolini. Che belli! Uno si ferma li guarda con affetto, poi si china, ne tasta uno, poi un altro, fa uno sguardo di disapprovazione, poi ne trova uno che forse corrisponde alle sue aspettative; sì, questo è bello grassoccio, pronto al punto giusto, lo compra e se lo mette in una borsa legato a testa in giù. Non cercava un cane da guardia.
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H'mong rossa |
Allora te ne vai verso il punto davvero più interessante di tutto il mercato, è il grande spazio centrale dedicato ai servizi. Sotto una grande tettoia, decine di ristorantini di ogni tipo, pentoloni di ogni dimensione che forniscono cibi e bevande per centinaia di persone. Tutti si fermano qui a mangiare qualche cosa. Grandi padelle piene d'olio dove friggono polpette e frittelle, spiedini di capra su griglie fumanti, polli arrosto magri e gialli e pentole di
phò, montagne di riso bollito e
noodles da condire. E ancora piattoni di trippa e interiora e un gran numero di cose di cui non riesci a individuare di cosa si tratti. Mangiano tutti di gusto, stretti gli uni agli altri, a gruppi, H'mong, Dzao, chiacchierando e ridendo. Una vetrina multicolore di copricapi, vestiti, gioielli da cui non riesci a staccarti facilmente. Vicino al parcheggio dei motorini, una fila di parrucchieri, cercano clienti, la sedia in plastica pronta davanti a un grande specchio, un ombrellone per riparare dal sole forte, un tappeto spesso di capelli neri a terra, quasi quasi converrebbe approfittare, con un dollaro risolvi la situazione. Quattro ragazze molto giovani, H'mong rosse dai vestiti splendidi e le barocche acconciature sul capo, si pavoneggiano davanti ai banchi delle stoffe. I costumi sono antichi, ma un tocco robusto di rossetto colora e labbra e la più disinibita mostra sotto la larga gonna blu un paio di scarpe rosse con tacco 12. Forse la felicità del modo nuovo di vivere è mangiarsi un gelato.
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Il barbiere |
I tempi sono maturi per il cambiamento, ma ugualmente è difficile andarsene. Uscendo dalla città puoi fermarti a qualche piccolo villaggio H'mong proprio a lato della strada, girare tra le capanne per vederne la vita di tutti i giorni. Il mais che secca al sole nella corte, Le fibre di canapa da battere, i bufali che rientrano seguiti dai contadini coi piccoli aratri attraverso le spalle. Poi prendi la strada che va verso Lao Cai, scandita per chilometri dal fiume che segna il confine con la Cina. Piantagioni di alberi della gomma, coi tronchi nudi segnati dalla ferita sghemba che ne fa sanguinare il latice prezioso. Alla base di ognuno, la scodellina di cocco che lo raccoglie. E' tutta una teoria di camion che vanno verso il confine. Qui c'è tutta una serie di enormi costruzioni moderne che vogliono dimostrare che sul ponte al di là del fiume, c'è grande opulenza. Una specie di città del bengodi tutta luci e insegne colorate. Molti guardano al di là del ponte e sognano, vorrebbero quantomeno attraversare, andare a vedere com'è. Rimangono poche ore da passare tra il mercato e le vie rumorose di questa città di passaggio, poi lo stanzone della stazione ad aspettare che parta il tuo treno di notte per Hanoi.
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