Luang Prabang - Laos - febbraio 2012 |
L'aria di Luang Prabang è sottile ed eterea, quasi fosse l'atmosfera di un altro mondo. O forse lo è davvero un altro mondo, così lontano dal nostro, dal mio, dove balla il suo sabba quotidiano il regno del caos e del confuso. E' una visione onirica di un luogo dell'anima fatta di profumi leggeri, di suoni attutiti, di colori tenui, pastelli e mezze tinte inquadrate in cornici di oro zecchino. Le guglie slanciate dei mille templi, le statue dai lunghi colli e dalle pose sinuose, le porte dai legni fittamente intagliati come miniature perfette di antiche pergamene, il tintinnare delle campanelle sparse ovunque dagli spioventi aguzzi dei tetti, appena avvertibile, ma che il refolo dei venti rende fondo continuo, musicalità che colora il tempo della città. Ovunque, anche nelle vie più centrali domina la calma serena della mancanza di ossessione dello scorrere di un tempo che non serve inseguire. Non senti grida od abbaiar di cani, è suono avvertibile anche lo struscio dei piedi nudi della fila dei monaci che alle sei di mattina percorrono un lungo anello per le vie cittadine a raccoglier l'offerta di un pizzico di riso, un dolcetto, un frutto.
Passano silenti come un esercito di anime dell'Ade, con gli occhi semichiusi, colmi dell'assenza di passioni, assorbiti dalla com-passione per il fuori da sé. Una linea di arancio che sfila lungo i viali di bouganvillee, lasciando dietro di sé una scia di senso di sacro. Chi offre rimane lì a assorbire il beneficio di quel passaggio, immobile nel suo desiderio di rinunciare ai desideri. Anche gli alberi fremono a quel passaggio, come se il sacro per un poco pervadesse l'aria circostante rendendo ogni cosa più eterea e trasparente. Questa città non ha uguali nel mondo, potresti starci per un tempo indefinito, in un giardino sotto l'ombra di grandi alberi, da solo in assenza di pensieri o in compagnia di monaci giovani che sorridono tra di loro, forse scambiandosi innocenti scherzi da seminaristi. Dietro le case, lunghi fili su cui asciugano file infinite di sai arancioni, in attesa di ricoprire meditazioni assolute. Nella valle più lontano, neppure si sente il frusciare delle acque del fiume che porta lontano verso antiche caverne ricoperte di statue del Budda, che secoli di devozione hanno ammonticchiato fino al soffitto, selva di stalagmiti di forma divina ricoperte di oro da stuoli di pellegrini silenziosi. Una foglia si stacca e cade ricoprendo per un attimo il brivido dello scorrere del tempo.
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2 commenti:
Che bella, mi ricordo che passai mezzo pomeriggio a guardare il mekong in un giardinetto....
poi i miei amici presero una mezza baguette al tonno.... e la situazione si fece spiacevole, per loro
ahimè, questo accade quando si pensa a nutrire il corpo invece che l'anima
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