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Sidone - Al porto antico - foto T. Sofi |
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Il castello crociato |
Dal centro della città moderna al mare sono solo poche centinaia di metri. Subito arrivi allo spazioso lungomare che mostra la costa in tutta la sua lunghezza e l'isolotto su cui sorgono le rovine del castello crociato, ancora visibili. Il resto delle fortificazioni è sprofondato nel mare per fenomeni di subsidenza, comuni a molti altri siti storici lungo la costa. Probabilmente gli archeologi avrebbero molto da trovare a solo qualche metro sott'acqua. Dall'altra parte la città vecchia si stende verso le colline lontane. Questo castello, o almeno quello che ne rimane, in sé non sarebbe una cosa straordinaria, ma rimane molto interessante come paradigma esemplificativo di tutte le rovine archeologiche di questo paese. Infatti, qualunque di queste tu prenda in esame, e in questo caso è particolarmente evidente, puoi ritrovare, ben marcate, le sovrapposizioni, una per una, di tutte le civiltà che si sono succedute nei millenni successivi, che hanno ricostruito la loro presenza, semplicemente utilizzando le pietre di coloro che li avevano preceduti, senza troppo riguardo. Il passato era fatto di gente pragmatica e senza troppe paturnie, che se ne poteva giustamente fregare di quanto era avvenuto prima, avendo cose più essenziali a cui pensare. Quindi anche qui, tutto è nato sulle fondamenta di qualche antico tempio fenicio, la base storica di questo paese, su cui sono passati greci e romani, che avevano innalzato, come vedremo bene le colonne imponenti ai loro dei. I Bizantini avevano continuato il tutto, ampliando ed abbellendo, ma le necessità militari arrivarono solamente con l'arrivo dei Crociati, con le loro necessità di difendere il cammino verso i luoghi santi.
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ingresso |
Ecco quindi sorgere in luogo dei templi, le fortificazioni di un castello medioevale, chiuso e turrito, anche se le pietre sono sempre le stesse, anzi puoi vedere bene nella parte più bassa delle mura, la serie delle sezioni delle colonne romane ritagliate ed inserite a spazi regolari nei muri per rafforzarle, ma al tempo stesso fornendo un motivo architettonico del tutto particolare e credo unico. Il forte a difesa della città svolse il suo compito fino ad oltre la metà del 1200, quando le truppe Mamelucche ne stroncarono definitivamente la resistenza e assieme a tutta la città fu completamente distrutto da incendi e devastazioni. I soldati crociati, molti provenienti dall'Europa, altri nati qui da matrimoni misti, furono trucidati, alcuni sepolti in fosse comuni, ritrovate nei dintorni, evidentemente in fuga come si vede dai colpi mortali inferti alle spalle o sulla nuca, da guerrieri a cavallo. In questo modo finì il periodo crociato e l'Islam ne prese il posto, modificando a sua volta il sito. Infatti si indovinano ancora le vestigia di una piccola moschea sorta all'interno del forte stesso ed il ponte che lo congiunge alla terra ferma con una serie di archi successivi. Percorrendo la base delle mura o penetrando gli oscuri passaggi all'interno delle stesse, pare ancora di sentire le le grida di battaglia dei combattenti, le urla dei feriti ed il crepitare delle fiamme che bruciavano le travi di cedro, come suggerisce la straziante Sidùn di Fabrizio de André che ne ha interpretato così bene il senso con le note metalliche del bouzouki, che vi suggerisco di ascoltare qui, mentre continuate la lettura.
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Colonne romane di sostegno alle mura |
Dall'altra parte delle mura l'affaccio su quel Mediterraneo che appare qui sempre calmo ed invitante, Poco più a destra infatti c'era il porto da cui partivano le navi a portare lontano, la porpora, i vetri, le anfore di olio, il legno odoroso dei cedri, i commerci che rendevano ricca e nota la città, per questo anche ricordata spesso nei Vangeli, oltre che appetita da tutti i conquistatori che qui si sono dunque via via succeduti. Il murice, questo mollusco particolare da cui veniva l'industria della porpora, era la vera ricchezza della città ed ancora oggi a poche centinaia di metri dal castello, si può vedere il residuo di un piccolo rilievo, detta la collina delle conchiglie, formata appunto dagli scarti di tutti i murici utilizzati per secoli. Dunque eccoci a calpestare pietre antiche e avvertirne la storia che emanano, i loro racconti di civiltà e di morte, di ricchezza e di lotte spietate per averle, una costante dell'uomo comune in maniera solo formalmente differente di tutte le aree e di tutti i periodi storici, nessuno escluso. Si tratta soltanto di un modo darwiniano di adattamento, dove il più forte sostituisce il più debole, temporaneamente fino all'arrivo di un'altra specie, più feroce e determinata, a sua volta destinata nel tempo a soccombere. A resistere sempre e a perpetuarsi invece, è la specie apparentemente più debole, che riesce ad adattarsi ai cambiamenti senza opporsi, ma mutando atteggiamenti e forme, quasi riplasmandosi sui nuovi arrivati, senza contrastarli. Ecco come questi epigoni dei Fenici, sono sempre qui, dopo aver visto passare sopra le loro teste stuoli di eserciti e di feroci conquistatori, con ognuno dei quali, hanno commerciato, si sono arresi, hanno pagato tributi e hanno raccolto per loro le imposte, trattenendone, giustamente una buona parte e continuando a prosperare tranquillamente in pace, almeno fino a quando non hanno cominciato a litigare tra di loro.
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Il leone |
Ma questa è un'altra stria che vedremo più avanti. Adesso godiamoci soltanto questa vista meravigliosa, l'azzurro della linea orizzontale che scandisce la separazione tra il mondo umano e quello divino e giriamoci poi verso la città che rimane sempre lì, distrutta e ricostruita mille volte, in attesa del prossimo conquistatore arrabbiato. Rimane il tempo di passeggiare sul largo marciapiede del lungomare, tra venditori di agrumi, pronti a spremere il succo odoroso e fragrante direttamente nel bicchiere e bancarelle alla meglio imbandite sui cofani di auto datate, che mostrano ordinate cassette di pesci, frutto del lavoro dei tanti pescatori, usciti in barca nella notte o che stazionano sui muraglioni con lunghe canne nere, speranzosi di arrotondare. Così appunto la racconta il grande viaggiatore arabo Ibn Battuta nel XIV secolo nel suo famoso libro, Il viaggio: Sidone è una bella città in riva al mare e molto ricca di frutta, da cui si portano in Egitto, fichi, uva passa e olio d'oliva. Qualcuno guarda e chiede i prezzi, pochi comprano. I venditori, restano lì, davanti alla loro esposizione, cercando di richiamare qualche donna velata che passa frettolosamente senza fermarsi, loro cercano di invogliare i possibili clienti tenendo in mano un mazzetto di fogli di banconote clorate come quelle del Monopoli, sulle quali si allineano file di inutili zeri e che ogni giorno valgono sempre di meno, mentre le grida di incoraggiamento sbandierano prezzi convenientissimi costituiti da milioni e milioni di nulla.
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Capitelli bizantini
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Le rovine del mastio |
SURVIVAL KITSidone ( صيدا, Ṣāīdā) - Sito già abitato nella preistoria e città antichissima, porto a 40 km da Beirut, raggiungibile in meno di un'ora in auto, ha una storia comune a quasi tutte le città della costa libanese. Nata almeno 6000 anni fa, come porto fenicio, fu sotto il controllo egizio e divenne ricca per la produzione della porpora dal murice e del legno di cedro. Fu conquistata via via dai Filistei, dagli Assiri, dai Persiani, preda di Alessandro Magno e dei Seleucidi, quindi Romana, Bizantina e Omayyade, poi Crociata, preda dei Mamelucchi e infine Ottomana, ogni volta distrutta e ricostruita sulle sue ceneri, se non arresasi subito senza colpo ferire come con Alessandro. Da vedere per primo il Castello crociato. Calcolate un'oretta, con passeggiata. Non vi citerò d'ora in poi, i prezzi degli ingressi nei vari monumenti e musei, in quanto cambiano continuamente quasi ogni giorno, data la situazione attuale, ma calcolate che vanno di norma dai 2 ai 5 $ a testa per i turisti stranieri.
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Il ponte ottomano |
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