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Sidone - Street food - Libano marzo 23 |
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Nel suq |
Al di là del lungomare comincia la città vecchia, un agglomerato di case che si affastellano le une sulle altre nella consueta confusione dei centri antichi, non programmati per il flusso del moderno trasporto. Anche se le costruzioni difficilmente superano i duecento anni di vita, proprio a causa delle continue e puntuali distruzioni e ricostruzioni successive, non puoi fare a meno di notare che i materiali di costruzione, la pietra insomma, è sempre la stessa, continuamente utilizzata e riutilizzata che porta in sé e su di sé il segno dei millenni. Così le stradine contorte e acciottolate di recente, risalgono con pendio lieve il terreno a ridosso del mare e raccontano gli aspetti quasi consueti un suq colorato come lo sono di solito questi ambienti di commercio in Oriente. Una serie continua di negozietti con intere stradine o zone a tema fisso, gli alimentari, i vestiti, le attrezzature più varie, dalle pentole ai ricambi, alternati a bancarelle ridondanti di frutti e cibi di strada che in Libano sono particolarmente presenti e con una straordinaria varietà. La folla che lo popola non è assillante come in altre città, ma questo forse dipende anche dalla particolare situazione contingente. Ma il passeggio attraverso il suq, consente, oltre che di apprezzare le varie scene di costume locale, che vanno dai diversi artigiani al lavoro, alla produzione dei cibi di pronto consumo e della gente che lo popola, anche di capitare davanti ad edifici particolari che meritano di essere considerati più da vicino, tanto che pare che in questa area ci siano all'incirca una sessantina di monumenti storici che meriterebbero una visita,
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Khan Sacy |
Quindi, se il nostro giro si deve limitare ad un paio d'ore, giocoforza bisognerà concentrarsi solo su alcuni. Un luogo aperto di recente è il Khan Sacy, una delle gemme della medina medioevale, sorta sulle basi di costruzioni crociate, che mostra una serie di ambienti con alte volte a cui si accede da una porticina seminascosta dietro un angolo, parte dell'antico caravanserraglio della città. L'interno è un vero dedalo di ambienti, una parte della quale esibisce una serie di reperti antichi scoperti negli scavi recenti e che vanno dai mosaici alle anfore ed a molti altri ritrovamenti della zona. Tra scalette e corridoi nascosti, scoprirai volte altissime, pozzi segreti e il grande forno multiuso. Nella attigua casa si possono invece vedere gli ambienti della vita comune di una grande famiglia ottomana del XIX secolo, con grande dovizia di arredi, tappeti, boiserie e oggetti che costituiscono il museo Debbani palace. Puoi tranquillamente sederti nella grande sala dei ricevimenti sotto il gigantesco lampadario appeso due piani più in alto, gustarti la collezione di antichi strumenti, osservare con ammirazione le decorazioni minutissime di arabeschi nel legno e nei cuoi antichi, dove ritrovi simbologie comuni alle tante religioni alternatesi in questa terra. Poi, attraverso una serie di scalette si accede ai piani superiori e finalmente alla terrazza sul tetto dalla quale si domina all'intorno tutta la città vecchia, spaziando lo sguardo dagli alti minareti della grande moschea di Oman, costruita sulle fortificazioni dei Cavalieri ospitalieri del XIII secolo, per arrivare al Castello di S. Luigi, il forte dell'entroterra, opposta a quella a mare, di cui oggi rimangono solo rovine sparse, dove erano state rinvenute le fosse comuni dei cavalieri di cui vi ho già parlato.
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Il divan della casa museo Debbeni |
Questo colpo d'occhio, non è soltanto una cartolina della città che vale la salita ansimante sulle ripide scalette, ma può anche essere un suggestivo momento di riflessione. Infatti dall'alto, non puoi non osservare questo esempio tipico di città mediorientale, dove a distanza di poche case, o addirittura una di fronte all'altra, sorgono moschee, chiese e sinagoghe che testimoniano di una convivenza multietnica e di più, multireligiosa che ha saputo convivere per secoli senza sostanziali attriti, anzi conservando una tranquilla vicinanza fatta di commerci, scambi e mescolanza, pur conservando anche esternamente nel modo di vivere e di presentarsi, le sostanziali differenze delle proprie culture e tradizioni. Tutto questo è molto comune in tutta l'area Ottomana, potere che era evidentemente riuscito a far convivere queste anime estremamente differenti, al di sotto di un cappello, forse forzato o di costrizione quanto meno psicologica, e con condizioni tanto diverse. Il vaso di Pandora si è scoperchiato proprio con la dissoluzione di questo impero, cominciato verso la metà dell'800, dando la stura all'instaurarsi dei concetti nazionalistici propri dell'Occidente, con le sue idee nuove per quel mondo, di nazione e di indipendenza anche etnica. In questo periodo cominciò ad imporsi il concetto che per essere stato autonomo, bisognasse avere una omogeneità culturale e religiosa, cosa che ha aperto la porta agli estremismi nazionalistici.
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Negozi |
Un problema che è stato costantemente presente in tutte le dissoluzione degli ex imperi musulmani multietnici, creando drammi come i massacri druso-cristiani nella seconda metà dell'800 fino al genocidio armeno e ancora oggi alle crisi dell'ex-Jugoslavia, all'Iraq, all'Egitto, alla Libia, provocando in questo modo spostamenti di popolazioni epocali che rappresentano uno dei maggiori problemi di oggi, assieme a massacri inauditi, mentre invece, prima, il potere centrale gestiva senza contrasti ogni tipo di minoranza, che in alcune zone diventava a sua volta maggioranza, in entrambi i casi senza prevaricazioni. La fine del melting pot ottomano ha posto una domanda tuttora irrisolta, cosa rende un uomo un libanese, o un greco o un turco? Tutto questo ha provocato i drammi degli scambi di popolazione, dei massacri, delle guerre senza fine, degli odi epocali. Alla base di tutto questo, bisogna ammetterlo, ci sono le religioni, declinate in ogni loro aspetto, ma di questo parleremo un'altra volta, che non voglio tediarvi troppo con argomenti spessi. Godiamoci invece le visioni degli angoli segreti del suq, l'incrociarsi delle donne completamente velate di nero, con quelle coi capelli al vento, con le ciocche bionde o moganate, i jeans che fasciano le chiappe e le palandrane fino ai piedi, mentre la vita commerciale continua come da secoli sotto le volte dagli archi a ogiva, crociate o mamelucche, o le case appena separate dai vicoli stretti e ritorti tra spigoli di pietre gialle e millenarie a far da testimoni del tempo.
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La cupola della moschea Qatay Shiyeh |
In fondo ad un vicolo ecco il negozietto di Yussuf che produce i loukumi alla turca, quella pasta gelatinosa, zuccherata, spolverata di bianco e per noi insopportabilmente dolce, che confeziona a mano in scatole di plastica trasparente. Bisogna assaggiarla certo, se no cosa stiamo qui a fare. Ma intanto il tempo passa veloce e tra un baretto e un negozio di scarpe, ecco l'antica moschea Qatay Shiyeh, che risale addirittura al 1200, appunto vicino ala porta Bab al-Saray, ma accidenti è ormai ora di chiusura e il tizio se ne sta andando con la chiave in mano dopo aver sbarrato la porta. Joelle lo rincorre fino a casa e ritorna con la chiava in mano. Penetriamo così sotto le antiche volte, fino all'antico mirhab rivolto verso la Mecca, sotto la antica cupola. Respiri davvero un senso di antico che va al di là del momento religioso, sotto queste pietre gialle che hanno visto la storia rincorrersi in alti e bassi contorti per tanti secoli. Abbiamo problemi a richiudere il portone, alla fine ci pensa quello del baretto vicino. E' davvero incredibile come tutti si mostrino sempre così gentili e sorridenti, disponibili a chiacchierare o ad avere contatti umani che vanno al di là del semplice sorriso. E' una cosa che avremo modo di vedere anche nei prossimi giorni, continuamente nelle città e nei paesi che attraversi; è frequentissimo infatti, che le persone di ogni condizione si rivolgano a te e vogliano offrirti qualche cosa, un assaggio di quello che stanno producendo o semplicemente un saluto. E' una sensazione estremamente gradevole, che stride con la storia recente di un paese travagliato da lotte e odi senza fine.
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L'hammam |
Chissà se riusciremo a capirne qualche cosa di tutte queste contraddizioni. Intanto ritorniamo verso il mare e rimaniamo ancora un poco in un hammam antico. Strutturalmente simile ad altri che vedremo nei prossimi giorni, ma sempre suggestivo in quelle forme antiche che arrivano fin dall'antica Roma e che successivamente sono state prese a modello dalle culture posteriori che si sono sovrapposte. E' il principio che passare del tempo in un luogo dove scorre acqua calda e vapore, per riposare, curare il proprio corpo, farsi massaggiare e perché no, chiacchierare e fare affari, è cosa piacevole. Oggi da noi è rimasto solo il concetto più da cagamaretti della spa, ma allora la gente passava quasi tutti i giorni qualche ora in questi ambienti dalle sale distinte, dove l'acqua scorreva gorgogliando, bollente, tiepida e infine fredda, seduti tra fontanelle messe a bella posta per impedire con il rumore dei suoi zampilli che le conversazioni private diventassero di dominio pubblico. Ampi spazi di riposo sotto cupole crivellate di fori, ricoperti di vetri colorati e spessi che davano luce ma impedivano la vista dall'esterno, con qualche ragazzino che si infilava sul tetto per cercarne qualcuno rotto al fine di sbirciare di sotto, al pomeriggio quando toccava alle nudità muliebri il turno. Un ambiente, quello del bagno turco che ha suscitato le fantasie di tanti artisti occidentali, che ne hanno in tante occasioni, immaginato le atmosfere, di mollezza sibaritica, immaginando perversioni inesistenti. In fondo anche questo era uno dei piaceri della vita che abbiamo perso.
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Sidone |
SURVIVAL KIT
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Un bar |
Sidone (Saida) - La città ha poco più di 50.000 abitanti. Come ho detto ci sarebbero moltissime cose da vedere nella città; la scelta dipenderà se ci starete una mezza mattinata o un paio di giorni, per poterla esplorare con più calma. Diciamo che oltre all'obbligatorio
Castello sul mare con l'
antico porto semisommerso adiacente, nel quale ancora si possono scorgere colonne sott'acqua, ci sono anche la
collina delle conchiglie a poca distanza; il
Castello di S. Luigi, nell'interno che presenta solo rovine; la già citata casa del
Khan Sacy con l'attiguo
Museo della famiglia Debbane; il caravanserraglio
Khan al-Franj; la
grande moschea e la
piazza centrale, la moschea
Qatay Shiyeh; il
bagno turco e infine
il suq con i suoi vicoli ed i suoi negozietti, oltre a tutte quelle che non sto qui a citarvi e non per questo minori come interesse. Naturalmente anche il perdersi nel suq a cercare nei negozi e nelle botteghe qualche oggettino di interesse, conversando con la gente, potrà farvi trascorrere una piacevole mattinata. C'è anche un
museo del sapone, importante attività di molte città libanesi, ma avrete probabilmente modo anche nelle altre città di vederne fabbrichette in attività.
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Soffitto della Debbani house |
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