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Le Wahiba sands |
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L'oasi di Bidiyah |
Ancora un pezzo di strada asfaltata, poi lasci anche la piccola oasi di Al Mintarib e arrivi alle prime dune delle Wahiba sands, il deserto rosso che da qui si estende per oltre duecento chilometri fino al mare. In realtà sarebbe un piccolo deserto se lo paragoniamo al vicino Rub al Khali che comincia appena al di là del confine in Arabia Saudita e che occupa gran parte del centro sud della penisola, eppure quando arrivi qui, perdi di vista prima lo stretto nastro d'asfalto, poi la pista sabbiosa che lascia dietro le spalle le ultime case dell'oasi e vedi di fronte a te soltanto il nulla più assoluto, una distesa infinita di alte colline di sabbia sferzate dal vento in cui perdersi definitivamente. Eppure qualcuno vive anche tra queste dune. Dopo ci troviamo tra alcuni barasti di beduini seminomadi e allevatori di cammelli, che hanno eretto grandi tende ricoperte di stoffe colorate, tappeti e steccati dove vengono rinchiusi gli animali. Non dobbiamo pensare però, che sia gente che vive appartata e fuori dal mondo. Dietro le tende scorgi il tettuccio di grossi fuoristrada che fanno la barba ai nostri pickup e all'interno delle tende sembra non mancare nulla, a cominciare dai telefonini. Però sembra che ad onta del fatto che il sultano fornisca loro a richiesta e gratuitamente, una villetta di 180 m2 circa con relativo cortile recintato, in una delle moltissime new town, che sorgono sul mare o attorno alle vecchie oasi, loro preferiscono mantenere comunque lo stile di vita previsto dalla tradizione.
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Mascherina tradizionale |
Intanto questo è un punto molto panoramico e molti turisti, bramosi del fascino esotico del deserto passano di qui e quindi si è potuto mettere in piedi un piccolo business che prevede l'accoglienza nella tenda, il classico thé speziato coi datterini e l'annessa vendita di souvenir minimi, un po' come se non si potesse venir meno alla cosa, il turista in fondo se lo aspetta e rimarrebbe deluso se non ci fossero. I bambini scorrazzano dentro e fuori dal barasto, la tenda nella quale siamo invitati è grandissima ed evidentemente fissa; potrebbe sicuramente accogliere tutti quelli che vivono qui intorno. Madre e figlia, ventiquattrenne e stranamente non ancora sposata, offrono subito il thé bollente, mentre ci accoccoliamo sui cuscini colorati. L'accoglienza per noi, amici di Iapo, è un po' diversa, in quanto sembra che la ragazza, sia in una certa confidenza con lui, anzi si dice che addirittura in occasione di una sua passata visita, lei gli abbia lanciato dell'acqua, cosa piuttosto ardita, se non addirittura compromettente. In un'altra occasione poi, lei, con fare birichino, mentre lui provoleggiava, ma con molta discrezione, pare gli abbia tirato sul collo uno scorpione, di quelli belli grandi, cosa che per poco non ha provocato al nostro, un bel coccolone. Se ne è liberato buttandolo a terra velocemente con una manata, mentre la fanciulla si sganasciava dalle risate, confessando poi che l'animaletto era già stato privato dell'ampolla di veleno, mortale nella maggioranza dei casi. Che magnifico scherzo!
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Dromedari |
Ancora se lo raccontano da queste parti, anche se Iapo non è stato molto contento della cosa e, anche se ha afferrato il messaggio, per il momento sembra non abbia ancora deciso di chiederla in sposa, anche se si mandano qualche whatssapp ogni tanto, cosa comunque considerata, da queste parti, piuttosto impegnativa, almeno dai fratelli di lei. In ogni caso la ragazza, anche se rifiuta le foto, appare piuttosto disinibita e tratta direttamente con i clienti senza neppure coprirsi il viso. Diciamo che noi siamo un po' come amici di famiglia ed il trattamento è diverso da quello degli altri, pur graditi ospiti. Fuori alcuni ragazzi stanno abituando al basto due giovani dromedari, animali molto docili, anche se giganteschi. Si lasciano accarezzare il muso guardandoti con i loro grandi occhi dalle lunghissime cilia. Hanno sguardo dolce e mansueto anche se continuano a ruminare con quel caratteristico movimento circolare della mandibola che li assimila ai masticatori di chewing gum. Ma il portamento è comunque fiero e distaccato, insomma carezzami pure ma non aspettarti che faccia le fusa o che ti dia i bacini, Echeccavolo, serietà, in fondo il dromedario è pur sempre l'unico essere vivente che conosce il centesimo nome di Allah, dunque ne è giustamente orgoglioso e gli si deve portare comunque un certo rispetto. Al massimo ti passa la peluria morbidissima, che ha tra le grandi froge e i mobilissimi labbroni, sulle mani e poi si gira dall'altra parte, che ha da lavorare, lui, mica come voi, turisti perditempo.
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Sgonfiando le gomme |
Poi, appena perdi di vista i recinti, la pista scompare tra le dune. Il sole è già basso e si mostra soltanto più tra gli avvallamenti. Stiamo percorrendo, dopo aver sgonfiato gli pneumatici, ad una certa velocità per non finire insabbiati, una larghissima valle rettilinea, evidentemente formata dal vento che spira sempre nella stessa direzione. Sembra che tutto questo deserto sia segnato da avvallamenti diritti che procedono all'infinito senza darti punti di riferimento. Se prosegui senza deviare per cinque o sei ore nella stessa direzione, a questa velocità sostenuta dovresti arrivare fino al mare, più o meno nel punto dove eravamo qualche giorno fa. Il paesaggio è grandioso anche se sbarrato dall'altezza dalla quinta delle dune che ci circondano ai due lati. La macchina corre, corre con piccoli aggiustamenti del volante per mantenere una direzione corretta, anche quando sembra sprofondare per un attimo nei punti dove la sabbia è più morbida e tenera. Poi d'improvviso, dopo una trentina di chilometri di corsa folle, sterza di colpo e prendiamo una linea che risale quasi verticalmente il fianco di una delle dune più alte, Come in un ottovolante impazzito arrivi quasi sfiancato fin sul margine superiore, rimanendo per un attimo immobile, prima di precipitarti nel vuoto sottostante, riprendendo velocità, sbandando sul fianco, scivolando irrimediabilmente verso il fondo per poi riprendere l'abbrivio. Il motore ruggisce per non perdere giri e far sì che le ruote mantengano la presa anche su questa superficie, molle e scivolosa.
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Sulla cresta |
Ancora qualche evoluzione, saliscendi, serpentine inclinate al limite del ribaltamento, cosa non si fa per far salire l'adrenalina al turista bramoso di emozioni, e poi eccoci arrivati sul culmine della duna più alta, anzi la penultima, che quella maggiore è ancora là, proprio davanti a noi che chiede di essere risalita a piedi, lentamente, scalata a tentoni, una quota da guadagnarsi con la fatica di chi, rimasto solo in questo deserto maestoso, cerca di ritrovare la strada di casa oppure di perdercisi per sempre. Si affonda fino alle caviglie, la sabbia è come una mano che ti tira verso il basso; cerchi di salire e in realtà scendi e sprofondi indietro ad ogni passo. Cadi e ti rialzi in continuazione nell'affanno di non rimanere indietro, perso. Poi soffiando come un bue che tira l'aratro, arrivi finalmente sulla linea netta che divide la cresta della duna tra sopra e sottovento. E qui, sulla cima, il vento soffia forte, portando con sé sabbia così sottile ed impalpabile da non poter essere fermata in nessun modo, non c'è cappuccio, stoffa, occhiali, che tengano, per giorni te la troverai tra i capelli, addosso, tra le mutande. Però se ti giri intorno vieni preso da una sorta di affanno inspiegabile, una sindrome di Stendhal, che ti toglie il fiato, o forse è solo una più prosaica di mancanza di allenamento. Il sole tocca ormai l'orizzonte lontano, tutto attorno a te è rosso vivo e le linee delle creste formano un disegno talmente mirabile da stupire.
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Sulle dune |
Le dune si susseguono fino a che arriva lo sguardo, i loro bordi sono sfumati dal vento che solleva la sabbia leggera facendole superare il limite, togliendola da un lato per depositarla un poco al di là, innalzando il rilievo un poco di più, mentre la duna a poco a poco si sposta, cammina nella direzione opposta, allontanandosi, come le sue compagne successive, come a formare le onde di un mare continuamente mosso. Senti bene che se volessi incamminarti al di là della cresta, se per poco perdessi la vista dei tuoi compagni e della macchina che ti ha portato fin qui, forse ti perderesti definitivamente, non sapresti più da quale direzione sei arrivato, né riusciresti a ritrovare la tua strada. Forse nel deserto si perde il senno più che la via e si dice che chi sa muoversi tra queste lande, sia come il marinaio, più equilibrato di altri che preferiscono la vita comoda, fatta di punti fermi e riconoscibili. Non lo so se sia solo chiacchiera, ma rimaner qua seduto di fronte al niente mentre il sole sparisce e l'ocra diventata rossa, si muta in vermiglio e poi in viola sempre più scuro, ti blocca davvero il respiro o forse è solamente la mancanza di fiato provocata dalla salita affrettata del fianco della duna. Quando, sazi di bellezza, risaliamo sulla macchina, basta dare un'occhiata alla macchina fotografica, per capire di averla perduta. La sabbia ha invaso il meccanismo di fuoriuscita dell'obiettivo, grippandone definitivamente l'ingranaggio. La bramosia di catturare e portare con sé per sempre quello che invece deve essere lasciato al suo posto, perché le emozioni devono rimanere solamente immateriali, il voler rubare il rubino più prezioso nel profondo del tempio, è stata giustamente punita.
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Il deserto rosso |
SURVIVALKIT
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Ragazza beduina |
Wahiba sands - Chiamato anche Deserto rosso, è una vasta superficie che si estende dai bordi della strada verso Nizwa fino al mare. Ci si arriva da nord seguendo la strada fino ad Al Ghabbi, poi attraverso Bidiyah fino ad Al Mintarib dove finisce l'oasi e comincia il deserto. E' quello più visitato dai turisti per le sua alte e spettacolari dune rosse che si colorano intensamente verso il tramonto. Esistono anche campi tendati (costosissimi) dove provare l'ebbrezza di passarvi la notte per vedere le stelle (che si vedono esattamente uguali in qualunque altro punto dell'Oman lontano dalle luci dei paesi). In generale, questa soluzione è caldamente sconsigliata, in quanto nella stragrande maggioranza dei casi tira sempre un vento fortissimo che rende impossibile rimanere a lungo allo scoperto, spesso addirittura per il tempo necessario a godersi il tramonto. Il cielo stesso è offuscato e la visibilità scarsa. Vengono proposte anche traversate in cammello. Sui bordi delle dune ci sono accampamenti di beduini che accolgono senza problemi i curiosi. Attenzione alle macchine fotografiche specialmente le automatiche con motorini per la fuoriuscita dell'obiettivo, la sabbia è invasiva oltre ogni limite e se la tirate fuori dall'auto, è facile che poi dopo qualche foto la dovrete buttare via, come è capitato a me. Emozionante comunque la guida sulla sabbia.
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L'ultima casa dell'oasi |
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Dune |
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