martedì 20 novembre 2018

Oman 20 - Tirare il fiato


In cerca di stoffe colorate

In piazza
Possiamo proprio dire che la giornata di oggi è stata piena. Ma non è ancora il tempo di decantare l'esperienza sdraiati sul divano nel cortile, in attesa della cena. Anche se sta per arrivare il buio possiamo fare una tappa a Sur, per dare un'occhiata al centro, che al primo passaggio avevamo trascurato. In un'oretta ci siamo e le prime ombre della sera aiutano alla discesa della temperatura, che adesso è quasi gradevole. Il centro a quest'ora è addirittura affollato, la gente, soprattutto uomini, esce approfittando della temperatura più accettabile ed affolla bar e locali. Anche le piazzette sono piene di gente che chiacchiera guardando chi passa. I lavoratori stranieri, numerosi almeno quanto i locali, stanno raggruppati in alcune aree specifiche, mentre gli Omaniti che riconosci subito dalle dishdasha candide e dai kumah, papaline cilindriche dai ricami colorati che rappresentano il copricapo più informale. Non molti portano invece il mussar (la keffiah araba), generalmente a pié de poule rosso, d'obbligo solo nelle occasioni formali, generalmente di kashmir, proveniente dal mare magnum dell'industria tessile indiana che invade pervicacemente tutta l'area. Le donne invece qui indossano tutte l'abaya nera fino ai piedi, che lascia scoperto solo il viso e sotto la quale indovini vestiti coloratissimi o jeans strizzachiappe; qualcuna ha anche il bavaglino nero che lascia scoperti soltanto gli occhi.

Il negozio delle spezie
Due si salutano attraversando la strada, seguite dagli occhi indagatori dei lavoratori locali, in totale astinenza per mesi, con le mogli al di là del mare, ma come avranno fatto a riconoscersi! Gli Omaniti invece appaiono meno interessati, almeno apparentemente. E' noto, sotto tutti i cieli, che il nascondere attizzi il desiderio molto di più che il mostrare. Comunque sta di fatto che questo problema della velatura femminile e della pruderie generale al mostrare il proprio corpo o anche semplici parti di esso, è frutto di un precetto religioso diffuso, al di fuori del mondo occidentale ed è ovviamente molto più rigoroso, nelle civiltà patriarcali verso le donne, piuttosto che verso gli uomini. Nei paesi ufficialmente islamici, tutto questo non è solo fenomeno di costume, ma vera e propria legge obbligatoria. A mio parere, dove si è lontani dall'influenza delle culture che noi chiamiamo più sviluppate, tanto per capirci, come nelle campagne o nelle parti più isolate di molti paesi, tutto questo non è sentito come un peso più di tanto, ma è vissuto come un retaggio della tradizione, in alcuni casi come un tabù a mostrarsi, visto in chiave autoprotettiva, al fine di non suscitare od eccitare insani desideri. Al contrario, dove arriva il vento dell'occidente, nelle grandi città e nelle università ad esempio, dove lo smartphone regna incontrastato spargendo la ragnatela del suo miele attira mosche, attrattivo e vincente su  ogni filosofia, la cosa è vista sicuramente come un peso.

Kebab
Questo si nota bene dal fatto che non appena scompare o viene meno l'obbligo conclamato ed imposto, subito si tende a liberarsi dell'oggetto ed a mostrare tutto il possibile, come sfida e dimostrazione di modernità e rifiuto delle convenzioni. Insomma, un aspetto dalle molte facce, appunto più o meno velate! Tutto questo l'ho potuto notare come costante nei molti paesi che ho visto e nei quali questa situazione è presente. Sur invece, è tutto sommato una cittadina periferica e mentre nella capitale i capelli al vento vengono mostrati con una certa normalità, qui sono totalmente assenti. Andiamo in una piccola banca a cambiare qualche soldo e qui, due garrule fanciulle avvolte in foulard neri, provvedono velocemente all'operazione scherzose e ridacchianti, come collegiali, completamente incuranti della presenza degli stranieri. Contano e ricontano più volte i soldi,certo timorose di sbagliare. Gli altri uomini dell'ufficio sono pigramente accoccolati sulle sedie delle loro scrivanie e assolutamente nullafacenti, in attesa che le ragazze sbrighino i loro compiti. La via principale è affollata di grossi SUV bianchi e non è neppure facile trovare parcheggio. Ci sediamo dal kebabbaro più nominato del centro, tanto per fare un po' di aperitivo. I cilindroni di carne rosolata ruotano lentamente attorno allungo perno verticale, un omino, di tanto in tanto li asperge con un pennellone intinto nel grasso sottostante, che cola via via. Bisogna assolutamente assaggiare. Quello di pollo è una vera delizia; i ritagli rosolati che via via l'incaricato scalca dalla massa rotante, sono avvolti in una morbida paratha croccante che si intride dei succhi saporosi e quasi si scioglie in bocca. 

Negozi di vestiti da indossare sotto l'abaya
Anche quello di montone, mi dicono essere superbo. Ma lo spettacolo viene dal frullato di mango, spesso, dolcissimo, gustoso e gelido al tempo stesso, una assoluta delizia per il palato. Col caldo che fa, davvero, più va giù e più ti tira su. Qui bisogna spezzare una lancia per i succhi di frutta frullati che si bevano dappertutto in Oman, sia nei vari locali, ristoranti e bar, che in locali specializzati che servono soltanto questo. Sarà pur vero che il paese, in pratica, non produce frutta ma la importa tutta come del resto, tutto l'agroalimentare, ma raramente ho bevuto roba così buona. Ce n'è una varietà infinita, dalla melagrana, al misto menta-lime, una assoluta meraviglia per il palato, a tutta la gamma dei frutti esotici a scelta. Inoltre qui non hai neanche la solita ansia paranoica dell'essere assalito da orde di germi malefici presenti in tutto quanto non sia espressamente sigillato e imbottigliato dall'industria, comune ossessione nei paesi cosiddetti del terzo mondo, di non essere costretto, per giorni, come diceva Marco Polo ad "andare a sella". Qui tutto è pulito e sterilizzato e si beve anche l'acqua dell'acquedotto tanto arriva tutta dai dissalatori marini. Rimane il tempo di fare un giro al mercato, il classico suk orientale dalle viuzze strette coi negozietti affollati uno sull'altro, tuttavia molto meno turistico di quello di Muscat, ma rivolto principalmente alla clientela locale. Anche questo, come tutto il resto delle costruzioni e dei locali omaniti, è nuovo di pacca. I gestori dei negozi, tutti ovviamente indiani o pakistani, sono assolutamente meno inclini a trattare il prezzo, sconfessando la loro origine ed il loro DNA, ma qui evidentemente, l'Omanita non trova molto dignitoso chiedere lo sconto e compra.

L'ingresso del suk
Giriamo un po', entrando nei vari negozi, rivolti solo al pubblico femminile o a quello maschile alternativamente. Le stoffe ed il tessile, pur di gusto arabeggiante, è tutto frutto del lavoro del subcontinente indiano, come la maggior parte dell'attrezzatura e dell'oggettistica di uso, proviene invece dalla Cina. Saltabecchiamo da un negozio all'altro. Le ragazze non resistono alla possibilità di scavare tra le montagne di sciarpine, stoffe e monili vari. Gli inservienti tirano giù con consumata pazienza, mostrano il prodotto, lo magnificano, poi con abitudinaria consuetudine, ripiegano, riammucchiano, rimettono a posto, mentre le supposte clienti corrono fuori al prossimo negozio per inseguire l'affare della vita. Resisto alla tentazione di comprare una dishdasha, forse, insinua qualche mala lingua, non ce ne sono della mia misura e bisognerebbe ricorrere al sarto, ma nell'esame del capo ne imparo un'altra. Vicino al colletto infatti, spunta un fiocchetto che penzola curiosamente attorno al collo. L'avevo notato e pensavo fosse lì per guarnizione, come una finta asola in un nostro risvolto. Invece no. Il fiocchetto, ogni volta che si indossa la dishdasha pulita (e questo può avvenire anche più volte al giorno) viene immerso in una boccetta di profumo. Ecco spiegata l'effluvio odoroso che si effonde al passaggio dei gruppi di giovanotti che si muovono per le strade!

Sulla strada
Ecco infatti, che in una zona specifica del suk, si presentano vari negozi di essenze odorose, una delle caratteristiche autoctone più importanti. Oltre al ben noto incenso, che viene prodotto dal cosiddetto franchincenso, la resina aromatica ricavata dagli alberi del genere Bromelia, che crescono nelle aree desertiche del Dhofar, nel sud del paese al confine con lo Yemen e che hanno fatto fin dai tempi della regina di Saba, la fortuna di questi paesi, qui si producono moltissimi profumi ed essenze, dalla popolare acqua di rose a quello che è considerato il più caro profumo del mondo. Questo brand noto come Amouage, è una casa fondata in Oman nel 1983 da un ministro del governo allora in carica, con l'aiuto di un grande profumiere, Guy Robert, arrivato espressamente da Grasse e che produce rari e complessi profumi ben noti nel mondo del lusso e presentati in preziosi contenitori di design dorati e contenenti anche pietre preziose. Il primo nato interpretava combinazioni inedite di note calde e speziate del Frankincens silver, la più rara e delicata varietà del Dhofar, mescolato ad altri 120 oli ed essenze naturali ed era presentato in boccettine di cristallo ornate d'oro. Si dice sia il più costoso del mondo ed ogni anno viene lanciata una nuova profumazione, attesa dagli appassionati. Le formulazioni da battaglia viaggiano tra i tre ed i quattrocento euro, tanto per capirci. Meglio andare a casa,va, a farci una bella doccia che se no qui profumiamo davvero intensamente e non ci si siede vicino più nessuno.

SURVIVAL KIT

Dal kebabbaro
Sur - La cittadina è a una quarantina di chilometri da Rass al Had e se fate base qui, ci passerete a fianco molte volte, quindi è possibile, invece di fare una visita completa che vi occuperebbe almeno una mezza giornata, se ci andate apposta, farvi diverse soste, che oltre a rappresentare un momento di relax nell'escursione giornaliera, permettono di vedere le varie cose. Gli interessi sono prevalentemente legati al poter valutare la vita di una piccola città dai ritmi tranquilli di provincia, il porto, le torri di osservazione sulle colline circostanti, un piccolo forte al centro, il bazar,  i cantieri dei dhow di cui vi ho già parlato e diversi punti da cui si può avere un bel punto di vista del tramonto, come quello del faro.

Al Insharah Restaurant - Al Aijah - Ristorante noto al centro con terrazza. Noi siamo stati solo nella parte sulla strada dove ha un dehor per i kebab, molto buoni serviti con succhi di frutta fresca altrettanto validi. 

Il centro di Sur



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