mercoledì 22 aprile 2020

Al Hajjarah


Al Hajjarah - agosto 1977




Verso la porta della città
Stava lì, davanti a noi, dall'altra parte della stretta valle, come appesa tra montagna e cielo, la base fluttuante e seminascosta dalle nuvole basse, come una visione onirica di una storia fantasy, la città stregata, il rifugio nascosto, il segreto di una storia antica. La serie di case di pietra alte fino a sette, otto piani, affiancate le une alle altre senza spazi intermedi a formare una muraglia cresciuta sullo strapiombo sottostante, chiusa a chiunque volesse penetrarla, formando un unico fortilizio inaccessibile ad ogni tentativo di espugnazione. Rimanemmo a lungo ad ammirare questa visione di bellezza assoluta, così inattesa e straniante, con le file ordinate di finestrelle buie, sormontate dalle piccole mezzelune, in alto le terrazze, punti di osservazione sulla valle. Nessuno in vista, a simulazione di una città abbandonata da secoli. Invece, guardando con attenzione, mentre l'occhio si abituava a poco a poco alle piccole variazioni di intensità dei grigi della roccia, ecco che si riusciva a scorgere una linea che con un ampia curva, risalendo gradualmente i livelli, scavalcava la valle e mostrava gli intagli nella pietra di una lunga gradinata che arrivava fino ai piedi della barriera murata, scomparendo dietro ad uno spigolo di una delle torri procombenti nel vuoto. Ci incamminammo lentamente sempre con l'occhio verso l'alto per arrivare sotto al baluardo che si ergeva a perpendicolo per almeno una ventina di metri o più sopra le nostre teste e, superato lo spigolo ecco apparire, bene occultata alla vista di chi arrivava dalla pista tra le montatgne, una porta in pietra i cui battenti in legno consumato dal tempo, erano aperti.

Lungo le mura
Tre uomini armati di vecchi moschetti, stavano seduti all'ingresso, non è chiaro se a guardia o semplicemente in una pausa, prima di riprendere il cammino. Ci fecero cenno di entrare e così cominciammo a girare tra gli spazi angusti lasciati liberi tra le torri che a decine formavano il tessuto del paese. Al Hajjarah è uno dei diversi paesi fortezza che stanno appollaiati tra questi monti, come Hutayab o Safan che si raggiungono con un'altra oretta di cammino, ma si dice sia il più bello e ho potuto constatare da una foto che mi ha girato un'amica che l'ha visitato pochi anni fa, rimasto ancora uguale. La progettazione di questi borghi era dovuta ad un evidente bisogno di difesa contro gli attacchi esterni, che, evidentemente sono sempre stati un problema tra queste montagne tribolate. Una struttura medioevale che prevede appunto una sorta di cinta muraria che in questo caso è costituita dalle case stesse, che la pietra rende baluardo invalicabile e allo stesso tempo indistruttibile. La struttura è la stessa delle case in mattone crudo del resto del paese con un andamento stretto e verticale, noi diremo a grattacielo, formato da ambienti sovrapposti, tra i quali il più basso è riservato agli animali e poi alle cucine. Il paese era quasi deserto e camminare tra i vicoli per angoli continui e netti, faceva perdere l'orientamento, pur essendo l'agglomerato piuttosto piccolo. Solo quando arrivavi all'estremo di un lato esterno, su minuscole balconate che davano sulla valle, potevi renderti conto della posizione raggiunta.

La moschea
Tuttavia l'atmosfera tra le case era assolutamente irreale. Incontrammo qualche bambino seduto sulla soglia, ma senza la gioiosa vitalità che mostrano di solito i ragazzini alla vista anomala di qualche straniero che si introduca, spaesato, in un mondo  tutto sommato a lui alieno. Passò un gruppo di donne con fasci di erba in testa che arrivava da qualche pascolo esterno che ci buttarono un'occhiata di sguincio, senza muovere la testa per non far cadere la complessa incastellatura che portavano in equilibrio precario, tenendola su con entrambe le mani. Ogni tanto sentivamo qualche sguardo che arrivava dall'alto, da dietro le ante semichiuse di una finestrella. Nel silenzio assoluto avvertivi soltanto lo scalpiccio dei nostri passi sulla pietra dei vicoli. Girammo a lungo per il paese, incantato dall'atmosfera magica ed irreale, affascinati dalla solitaria unicità del luogo, pure certamente abitato e non da poche persone. Ci sarebbe piaciuto trovare una sistemazione all'interno del paese per passarvi una notte ed ascoltare il silenzio di quel non luogo, così carico di suggestioni. Chiedemmo ai tizi col moschetto, che intanto non avevano cambiato posizione, ma ci dissero che non c'erano soluzioni proponibili in paese. Guardando Pechino express, mi sembra di essermi trovato nella stessa situazione alla ricerca di una ospitalità impossibile. Lasciammo la città dopo qualche ora camminando ancora più avanti lungo la pista che regalava punti di vista ineludibili su gruppetti di case e altre costruzioni sparse nei vari punti cruciali dellavalle.

Vicoli
Su un altro spuntone diroccia c'era una costruzione chiusa, bassa a cupole, con una piccola torre, probabilmente una minuscola moschea, attorno un gregge di capre che brucava, un erba rada e stentata, il pastore accoccolato su una rupe a monte. Una scena dalle parvenze bibliche, di certo non molto diversa da duemila anni addietro. Ripercorremmo il sentiero all'indietro e arrivammo a Manakha che era quasi sera. Qualcuno ci indicò una casa in centro al paese. Era un funduk tradizionale, che utilizzava il muffredge, la grande sala all'ultimo piano come camerone comune per chi passava di lì. Ci trovammo due ragazzi austriaci che giravano da un paio di mesi il medio oriente e arrivavano dall'Iraq. Un posto talmente sonnolento da essere quasi noioso, dicevano, non fosse per quelle straordinarie rovine nel deserto, solo la gente, non era molto amichevole. Strano è, come cambia in fretta il mondo. A quel tempo l'area davvero off-limit era invece l'estremo oriente, dalla Cina al Vietnam, tutta area interdetta al turismo, con Pol Pot che massacrava la Cambogia e che qualcuno allora ammirava incondizionatamente e tutte quelle zone coperte di mine e di bombe inesplose. Pensavo che laggiù non avrei mai potuto metterci piede. Vedete come quello che sembra impossibile, muti rapidamente nel corso della vita umana. In quel deserto di pietra invece, l'Arabia felix dei Romani, che fin lì c'erano arrivati a piedi, tanto per cambiare, ma forse allora faceva meno caldo, suppongo, potevi andare dove meglio ti pareva e anche i beduini sembravano immobili nel tempo e non ti rincorrevano per convincerti ad affittare il loro ronzino. 

Nel Muffredge del funduk di Manakha

 

Bimbi di Hajjarah
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