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La strada della montagna - Yemen - agosto 1977 |
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Il nostro funduk a Manakha |
Il funduk, al momento l'unica soluzione per fermarsi a Manakha, era organizzato in modo da offrire anche una cena, che non si rivelò neppure male: riso,montone e uvetta, pani arabi, un intingolo di montone molto saporito e verdure varie, che dopo la sgambata si facevano mangiare volentieri. Poi i ragazzi austriaci, per la verità di poche parole, si ritirarono nell'angolo di destra nei loro sacchi a pelo e noi dal lato opposto, tenuto conto che i tappeti ed i cuscini erano abbondanti e abbastanza morbidi e confortevoli. Ci svegliò naturalmente il gallo, così potemmo con calma scendere al piano di sotto ed utilizzare a turno il locale con l'acqua corrente. Poi via verso la piazza del mercato che a differenza del giorno prima era molto affollata. L'interesse era dato soprattutto dalla zona in cui si trattavano gli animali, dromedari e asini, di una razza di dimensioni minute ma probabilmente molto resistente, merce di valore in una zona dove i trasporti si valevano ancora minimamente di mezzi meccanici, essendo fatti soprattutto per sentieri di montagna. Era davvero un bel mercato ruspante, popolato di genti con le facce rugose e seminascoste da ampi turbanti che trattavano acquisti e vendite con brevi cenni delle mani, con una gran pacca finale quando evidentemente la trattativa doveva considerarsi conclusa. Naturalmente c'era l'angolo del qat, come sempre piuttosto affollato di compratori.
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Una casa ad Hajjarah |
L'aria era comunque frizzantina dato che penso Manakha sia attorno ai duemila metri di altitudine. Girolammo qua e là sempre adocchiando le scene che si svolgevano nell'ampio spiazzo popolato di bestie e di uomini, fino a che notammo che qualcuno cominciava a lasciare il mercato prendendo i viottoli in fondo alla piazza che salivano verso la montagna retrostante. Qualche donna portava in testa grandi fagotti pieni di fieno o di altri foraggi, altre avevano borse di verdure a frutta. Il mercato entrava nella sua fase finale e anche noi raggiungemmo con una breve camminata la strada principale per trovare un mezzo che ci facesse raggiungere Sana'a. Eravamo ancora al di qua della cresta di montagne ed alla capitale mancava ancora un centinaio di chilometri, attraverso una orografia particolarmente difficile. Ci sedemmo su un piccolo rialzo di fianco al cippo che segnalava il bivio per Manakha, che è fuori dalla direttrice principale di un paio di km, almanaccando su come fare per il rientro. Quasi non avevamo fatto in tempo a sederci che subito si fermò una macchina, un fuoristrada piuttosto lussuoso a dire il vero, come se avesse percepito un nostro cenno, una richiesta di passaggio. Si trattava di due giovani di bell'aspetto, anche piuttosto eleganti che vestivano abiti curati, turbanti a pié de poule rossi ed esibivano due djambije di gran pregio coi foderi d'argento piuttosto elaborati.
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Mercato di Manakha |
Andavano giustappunto a Sana'a e approfittammo al volo del passaggio gentilmente elargito, anche se la conversazione fu piuttosto scarsa durante il tragitto, visto che, nonostante l'aspetto danaroso, parlavano soltanto arabo. Ci offrirono naturalmente del qat, di cui naturalmente avevano un gran fascio sulle ginocchia, che declinammo ringraziando educati, e quindi procedemmo per la montagna. Più o meno a metà strada, subito dopo Souk al Aman, si arriva al passo di 3100 metri dove ci fermammo un attimo ad ammirare il paesaggio bellissimo, prima di cominciare il tratto di leggera ma continua discesa che portava fino alla periferia della capitale, dove a segnalare l'inizio della strada, i cinesi hanno posto una specie di grande chiosco a forma di pagoda, riconoscibilissimo. I ragazzi, gentili ci scaricarono in centro dove potemmo considerare concluso definitivamente il triangolo Sana'a, Taizz, Hodeidah che ci aveva occupato per quattro giorni. Bisogna dire la verità, lungo il tragitto ci sono molte cose da vedere, soprattutto sarebbe interessante lasciare spesso la strada principale per inoltrarsi nelle piste secondarie che se ne distaccano, fino a raggiungere paesini di straordinaria bellezza, perduti nelle valli laterali o nel deserto polveroso della Tihama. Il problema principale è quello di poter disporre di una macchina personale e allora bisogna dire che costava davvero un botto e non ce la potevamo permettere. La città ci accolse comunque soddisfatti del giro fatto e per le cose viste, assolutamente superiori a quanto avevamo previsto e tutto sommato il percorso si era dimostrato non troppo complesso da eseguire.
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Sulla strada per Sana'a |
Ci godemmo ancora la città per tutto il pomeriggio, mai sazi delle facciate a perpendicolo sulle stradine strette attorno al centro, fermandoci vicino alla moschea e facendo un lungo giro attorno alle mura, prima di raggiungere il nostro albergo dove le nostre valigie ci aspettavano in uno strambugio dietro al bancone. Ci potevamo permettere ancora un giorno di riposo prima dell'ultima puntata verso il deserto interno, quello spazio senza confini apparenti che rappresenta il margine estremo del Rub al Khali e da cui sono sempre arrivate le minacce ed i venti di guerra. Il problema era, come raggiungere Marib la città della regina Bilqis, antica capitale dei Sabei, da cui passava tutto il traffico dell'incenso dall'Hadramaut e delle spezie che arrivavano dal lontano oriente? L'ideale sarebbe stato poterci arrivare in macchina, attraverso la pista che penetra il deserto di pietra e avrebbe consentito di arrivare anche a Barrakesh. Queste strade, come accertammo all'ufficio del turismo, erano diventate accessibili da poco tempo, da quando le tribù del deserto, i Kawlani, avevano riconosciuto dopo estenuanti trattative, l'autorità del governo centrale. Sarebbe convenuta sicuramente la pista a nord che parte da Rowda e dopo Nehem, permette la deviazione fino a Al Ashraf dove bisognava chiedere un permesso allo scheik locale per arrivare a Barrakesh e poi raggiungere attraverso un wadi la città di Marib. Purtroppo il costo della macchina si rivelò subito decisamente fuori budget e ripiegammo sulla soluzione aerea, che sorprendentemente invece era piuttosto accessibile.
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Il mercato del bestiame |
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