giovedì 16 aprile 2020

Il palazzo nella roccia

Mercato a 

Yemen, Dar Al Hajar: il Palazzo sulla roccia | TRAVEL WITH BROTHERS
Dar el Hajjar
Dopo la scarpinata di ieri, oggi facciamo un giro più contenuto, ma che rimane comunque una delle particolarità più interessanti dei dintorni di Sana'a. A una quindicina di chilometri fuori città in direzione nordovest, una pista porta verso la larga valle di wadi Dar, una grande canion con pareti di roccia gialla, alte fino a duecento metri. Su indicazione dell'omino dell'albergo che ormai ci ha preso in simpatia siamo arrivati alla piazza da cui partono i taxi collettivi verso il nord e dopo qualche domanda in giro, siamo saliti su una vecchia berlina giapponese stracarica di gente e di ceste. Io mi sono piazzato con Tiziana di fianco all'autista, anche per non creare imbarazzo agli altri passeggeri nei sedili dietro, che già paventavano di dover sfiorare una donna senza velo e per di più bionda e coi capelli lunghi, un vero non senso tecnico. Il tizio alla guida si è buttato tutto a sinistra e guida storto per farci più spazio nell'abitacolo piuttosto stretto e anche per tenere meglio, senza farlo cadere a terra il fascio di rami di qat che bamboleggia in grembo, continuando a cacciarsene in bocca una fogliolina ad ogni curva e mastica, mastica. La sua guancia destra è già gonfia come un pallone e l'occhio è piuttosto rotondo e quando si rivolge ai passeggeri dietro alza la voce in maniera piuttosto innaturale. La guida invece non è incerta anzi mi sembra che proceda con una certa baldanza nelle curve e controcurve della pista che comunque tra la sabba e le buche non consente una velocità esagerata, per gli scossoni piuttosto violenti cerchiamo invece di tenerci tutti alle maniglie il meglio possibile, anche se la mia mi rimane subito tra le mani, evidentemente troppo debole per sostenere il mio peso, anche se allora non era ancora consistente come adesso. 

Casa di villaggio
Il tizio fa cenno di noncuranza con la testa e non dice niente, anzi la prende e la ficca sotto il sedile, segno che è abituato al fatto che la macchina perda i pezzi di tanto in tanto. Il percorso nel wadi è davvero magnifico e quando arriviamo più o meno in fondo prima delle case di Taiba, non siamo neppure preparati allo spettacolo che ci si para davanti. Tra le terrazze circostanti che coronano il pianoro tra le montagne, proprio al centro della valle sorge uno spuntone di roccia rossa alto una cinquantina di metri. In cima, raggiungibile con uno stretto sentiero a scale, un alto palazzo, un castello, una costruzione che annulla d'un sol colpo tutta la vista circostante. E' il palazzo sulla roccia, Dar el Hajjar, il massimo esempio dell'abilità costruttiva e della genialità architettonica yemenita. La costruzione ha circa un secolo ed è stata a lungo residenza estiva degli Imam di Sana'a, poi passata al presidente della repubblica in carica, che sarebbe poi stato ucciso in un attentato l'anno dopo la nostra visita. Il palazzo domina la valle ed è un labirinto di scalette interne, camere segrete, terrazzini che si affacciano sull'esterno, stanze e saloni che si incastrano gli uni negli altri in una sorta di cubi sovrapposti come un lego fantastico, fatto di mattoncini ocra che i raggi del sole indorano e sui quali spicca la serie alternata di finestre con le bianche trine dell'ornato che le cerchiano e le evidenziano e le aperture sovrastanti, mezzelune che contengono spicchi di sottili e trasparenti lastre di alabastro colorato che dipingono l'interno degli ambienti di luci magiche. 

La valle
Nel grande muffredge, il salone che accoglie gli uomini della casa e gli ospiti in generale e che occupa tutto l'ultimo piano della torre, dal pavimento ricoperto da spessi tappeti su cui già ti immagini sdraiato, mentre il sole che cala muta a poco a poco il caleidoscopio dei colori, mentre ti fumi un narghilè all'acqua di rose, masticando qualche fogliolina, mentre Sherazade, impudica, con gli occhi lunghi e bistrati, si scosta il velo che le copre il volto e comincia a raccontare. Davvero il sogno delle mille e una notte. Sopra, sul grande terrazzo, il panorama sulla valle e sulla parte terminale del wadi, è assolutamente maestoso. A quel tempo il palazzo era stato completamente svuotato dagli arredi, che comunque nelle case yemenite non sono molti e la previsione era di costruirvi un albergo di lusso, cosa che credo sia stata poi fatta; al momento però non ho idea di come sia la situazione. Le poche case di argilla del paesino poco lontano spiccavano tra le palme dell'oasi. Gli orti verdi anche ad agosto, spiccavano come piccoli smeraldi, nutriti dalla sapiente rete di canalizzazione, esempio di sapienze idrauliche maturate nei secoli. Questa capacità di saper sfruttare la poca acqua a disposizione è il segreto del mantenimento in vita di tutti questi insediamenti nelle zone più aride del mondo. Non una goccia può essere perduta, pena la inevitabile morte dell'oasi e del suo successivo abbandono alla natura, che è sempre nemica delle attività umane anche le più semplificate, qualunque esse siano, e che in poco tempo se rimarranno indifese, se le riprenderà cancellandone la presenza. Ritornammo in città con un'altro taxi, questa volta meno sovraccarico.





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