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Il castello di Nizwa |
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Nizwa - Una torre |
E' una legge matematica, oltre che dovere morale, anche se pieni all'inverosimile di datteri, che, essendo etichettati come i migliori del mondo e quindi anche questi ingurgitati per obbligo etico e logistico, si debba andare a cena, ma essendo noi in questo momento a Nizwa, patria riconosciuta anche degli spiedini di montone, è necessario procedere dunque ad un, come vogliamo chiamarlo, aperitivo. Al fondo della piazza davanti alle mura della città, c'è infatti una sorta di chioschetto specializzato in questa benemerita manifattura e quindi ecco che si procede alla fermata d'obbligo. La vulgata parla di soste particolarmente premiate in passato, in cui, un componente della comitiva, e io so chi è, se ne trangugiò una quarantina senza battere ciglio; ma queste forse sono soltanto leggende, anche se per la verità l'accoglienza dello spiedinaro ed i grandi saluti con cui siamo ricevuti, segnala una certa predisposizione a definirci come clienti noti e consumatori di riguardo. Mentre le mura della città davanti a noi risplendono di luce aranciata ed i camioncini che trasportano di che rendere attivo il mercato di domani mattina, dalla griglia gigante si sprigionano fumi che in realtà sono aromi di grasso che si scioglie e va direttamente ad infiammare la carbonella sottostante, con un eccitante sfrigolio.
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Il ristorante Al Zuhly a Nizwa |
Poi l'attesa è premiata ed arrivano i piatti coi piccoli stecchi di legno sui quali i minuscoli pezzi di carne sapida si sono abbrustoliti con calma. Sono così piccini che, anche se già sazio, ti convincono senza fatica all'essere portati alla bocca, staccati con delicatezza e mandati a riempire quel cavo orale dove si sciolgono lentamente durante una breve masticazione, con un profluvio di aromi e di spezia, in un espandersi di sapida delizia che inebria la papilla a lungo, prima di essere finalmente inghiottita. Diciamo pure che se passate di qui non dovrete mancare questo piccolo stop, seduti nella semioscurità della notte incombente, con gli occhi socchiusi a delibare bontà. Ma passiamo oltre, non c'è pace tra gli ulivi, chi si ferma è perduto ed il ristorante appena dietro chiama a raccolta, per l'ultima fatica prima della notte, con un delicatissimo hummus e una dadolata di kebab di pollo, roba leggera insomma, tanto per finire in gloria. La sera è il momento più bello della giornata, la temperatura è mite e seduto, hai il tempo e l'attitudine a ragionare su quanto hai fatto e visto. Le gambe sotto il tavolo ti rendono più incline alla positività di giudizio, sei più disposto a minimizzare la difficoltà se ci fosse stata o il disagio delle temperature. Tutto è piacevole otium nelle notti d'Oriente. Comunque viene anche il momento di salutare il kebabbaro e di procedere verso Tanuf e il suo wadi secco e pietroso,per continuare a filosofeggiare.
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Wadi Tanuf |
Usciamo dalla città dove torneremo domattina di buon'ora e ci dirigiamo verso nord per strade laterali, in una notte buia e tempestosa. Veramente è di certo buia, ma non si può dire in nessun caso tempestosa, anzi piuttosto calma e tiepida, ma mi sono permesso questa citazione letteraria, perché questa notte mi sento molto bracchetto davanti alla tastiera. Subito dopo il paese, prendiamo una pista che ci manda diritti nel corso del wadi, un ampio greto dove il segnale del sentiero serpeggia tra montagne di sassi portati a valle dalla passata furia delle acque, che da queste parti, se mai piovesse, trascinerebbe a valle montagne di materiale. Il cielo è un mantello di velluto nero trapuntato di paillettes luccicanti e quasi non avverti la sensazione di solitudine e di lontananza dal mondo abitato. Qui sei comunque in un mondo deserto di uomini e forse anche di bestie, per lo meno speriamo. Trovato un posto sufficientemente piano, cominciamo a scaricare dai pickup le tende e i vari materiali utili al bravo campeggiatore. Predisponiamo prima grandi stuoie su di una zona morbida e sabbiosa davanti ad una fila di vegetazione stentata ma sufficiente ad indicare che qui, di tanto in tanto, arriva qualche valanga di acqua per poi lasciare l'umidità necessaria alla vita vegetale. Il montaggio delle tende non richiede particolare perizia e quindi con una certa celerità ci si può preparare per la notte.
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Il campo a wadi Tanuf |
Un enorme masso erratico occupa un largo spazio proprio al centro del greto e l'area alle sue spalle fungerà egregiamente da zona toilette. A poco a poco ci si sistema, una dopo l'altra si spengono le torce e il silenzio di cui siamo circondati si prende tutto, anche se il sonno non arriva. Puoi rimanere a lungo disteso sulla stuoia col naso in su a sentire il cielo, buio e vivo soltanto di una sottile falce di luna, alla fioca luminescenza delle stelle, che riescono ad evidenziare solo ombre vaghe ed, apparentemente almeno, immobili ombre più cupe tra lo strapiombare delle pareti di roccia. Non c'è alito di brezza, i rami del palmeto lontano rimangono immobili e silenziosi anch'essi. Le pietre poi non ne parliamo. Al massimo qualche scricchiolio dei passi attenti di qualche ritardatario che torna dalla zona dietro il masso. Quasi completamente deprivato del senso principale della vista, cerchi di aumentare la portata degli altri, tendendo l'orecchio che tenta di estrapolare dal silenzio qualche vibrazione segreta soltanto amplificare l'acufene normalmente ignorato. Odore di pietra asciutta e senza vita, quasi metallica e ostile di un pianeta diverso di quello al quale sei abituato. Forse, aumentando l'attenzione, par di udire, lontano, una sorta di frusciare, di tremito debole ed appena avvertito, forse due caprette solitarie ancora in cerca di un cespo di erba secca e ruvida non ancora uccisa dalla terra seccata o forse altro chissà, predoni delle montagne in cerca di vittime predestinate o leoni di terra d'Arabia in caccia, feroci fiere in cerca di carne tenera e succulenta.
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Luna sulle mura di Nizwa |
Beh quelli almeno non dovrebbero esserci più, li abbiamo già sterminati da tempo. Rimane soltanto spazio per lasciare libero il pensiero, che vada ad indagare cosa ci spinge ad arrivare fin qui ed in cerca di cosa. Per alcuni è difficile cercare le motivazioni corrette, per molti addirittura non ce ne sono affatto, per lo meno a livello conscio. Sarà forse una deformazione, una tara genetica, che certamente correggeranno appena saranno capaci di farlo, che sta lì, spesso dormiente, ma pronta a risvegliarsi, feroce con la necessità obbligata di soddisfare una dipendenza alla quale non puoi sfuggire. E' un problema serio, una scimmia sulla spalla che ti obbliga a ripartire continuamente, per qualunque dove, senza darti tregua, per annusare questa aria lontana ed apparentemente amica anche se sconosciuta. Difficile darsi risposte, anche se ci si gira intorno, come già avrete capito, allungando il brodo per finire il pezzo, ma forse è bello così, una chiacchiera intima con se stessi, tanto per aspettare che arrivi il sonno, perché in fin dei conti non è obbligatorio fare sempre pensieri sensati, visto che in fondo siamo ragazzi che vogliono ancora provare emozioni, come questo senso di solitudine che puoi assaporare qui in fondo ad un wadi solitario tra le montagna d'Arabia. Intanto, lontanissimo, par di sentire un soffio sospeso, quasi un debole ululato. E' soltanto la voce della notte? Forse è meglio chiudere la zip della tenda.
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Il venditore di halwa |
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