Bilad Seit |
L'appartamentino di Alì sta proprio di fronte alla piazza del mercato; dal balconcino hai un'ampia vista della zona circostante ed effettivamente dalle 21 in poi, tutto è deserto ed il silenzio si impadronisce della notte. Anche la casa, una palazzina nuovissima di tre piani è molto silenziosa. Abbiamo visto di passaggio, la famigliola che abita al pianterreno, ma si sono subito barricati all'interno senza lasciare tracce, siamo riusciti a spaventare anche i bambini. La vacanza sta volgendo al termine, anche se poi io dovrei dire che sono in vacanza tutto l'anno, ma quando sei in giro, tutto è diverso, ti sembra di non avere l'assillo delle scadenze che ti aspettano nella buca delle lettere, degli amministratori di condominio che ti convocano, delle bollente e delle tasse che ti inseguono, insomma ti sembra di vivere in un limbo senza tempo che forzatamente assimili alla vacanza senza pensieri. L'unica cosa che ti guida è la voglia di guardarti attorno, di provare sensazioni, odori, sapori, suoni, di parlare con gente sconosciuta, di vedere e misurare luoghi, panorami, di cercare di capire qualche cosa nelle differenze che avverti e magari fatichi a dipanare. Il viaggio è sempre una scoperta che lascia spazio alla fantasia ed all'interpretazione, lo so, spesso sbagliata e presuntuosa, specialmente quando cerchi di misurare tutto con il metro che tieni in tasca e che invece dovresti riporre per tentare di adoperare altri strumenti di misura, che però spesso non ti sono conosciuti ed allora conviene lasciarti andare all'interpretazione del solo sentire, quel senso che non riesce a misurare ma che semplicemente avverte e assapora. Ci sarà tempo per la ragione. Per ora facciamo prevalere il sentimento.
Così la mattina, quando è ora di ripartire, avverti di nuovo l'aria calda che ti avvolge, così più naturale di quella condizionata, che anche qui ha sostituito frammenti di passato, che ti fa raschiare la gola e provoca la febbre, un po' mentre risali di nuovo verso il monte, dopo avere lasciato la grande strada che porta a Muscat. Prendiamo una pista di montagna, stratta e scoscesa che conduce verso nord ai contrafforti della catena costiera. Bisognerà attraversarla per raggiungere di nuovo il mare. Sono i monti più alti del paese e rappresentano un territorio assolutamente duro e privo di riferimenti, montagne aspre e difficili, disabitate per la maggior parte perché mancano di qualunque appiglio alla vita e proprio per questo mostrano una loro bellezza selvatica e dura, fatta di pareti di roccia che si frantuma sotto i raggi spietati di un sole cattivo, di valloni secchi e contorti, privi di traccia di vita, di spaccature vive nella montagna che forniscono immagini desolate, magnificate dai chiaroscuri della luce che riesce a penetrare a fatica negli anfratti più profondi. Che incanto assoluto! Appena la pista ripidissima, fatta di curve strette e contorte, si è persa dopo i primi contrafforti ed ha guadagnato quote via via più consistenti, ti sembra di esserti perduto in un ambiente desolato ed ostile se pure di immaginifica ed esaltante bellezza. I fenomeni erosivi mostrano a volte costoni che evidenziano le stratificazioni dei milioni di anni che si sono succeduti in queste terre solitarie, via via spesse e sottili, per lunghi tratte rettilinee e poi di colpo contorte e ripiegate su se stesse, da forze inaudite che hanno squassato questi mondi alla ricerca di un equilibrio difficile.
Anche i colori, con le loro sfumature continue di ocre, di rossi cupi, di grigi e di neri, di bianchi calcinati e di verdi pallidi, tracce di metalli nascosti nelle sue viscere, formano un caleidoscopio continuo e pieno di fascino. Ogni tanto scavalchi una cresta e da qui l'occhio corre lungo gli scoscendimenti che scivolano giù dai fianchi del monte verso un fondo profondo e invisibile, soltanto immaginabile. I wadi si attraversano per i loro corsi paralleli che scendono verso la valle lontana e qui vedi una erosione diversa da quella del vento e del calore, che spezza la roccia per linee aguzze e taglienti, ma quella che, pur nella sua furia devastatrice, trascina e macina, scorre e leviga con incessante lavorio implacabile, smussando, arrotondando, facendo rotolare a valle ed in questo scendere, trasforma le asperità in linee curve e via via più dolci che si mostrano quasi più umane ed amiche. Il fondo degli wadi non è quello di un pianeta alieno, ma semplicemente quello di una terra che ha conosciuto epoche diverse, ma ancora adesso più prossima ed amica. In fondo a uno di questi, dove forse le faglie del monte hanno celato segreti canali sotterranei a convogliare le poche tracce di acqua presenti, ecco sorgere qualche costruzione che si confonde con la montagna circostante, qualche quadretto di terra, poche palme spargole, due capre ed un asino che raglia al mondo la sua solitudine. Più in là in un'area artificiosamente resa piana, un impossibile campo di calcio, miraggio inusitato, fata morgana di un mondo straniero.
Un quadrato artificialmente verde, regalato evidentemente dalla volontà di assomigliare al resto del mondo, da parte del munifico Sultano, non si sa quanto utilizzato al suo scopo ontologico. Un nonsenso pratico da mostrare al mondo, che però non passa di lì. Di tanto in tanto la pista incrocia, sentieri di pietra che si arrampicano verso i colletti solitari a scavalcare le cime. Da uno di questi spunta una coppia di giovani, zaini affardellati e fronti gocciolanti di sudore spesso. E' quasi mezzogiorno ed il sole è particolarmente violento a questa quota, segno inequivocabile che ormai la gente vuole andare dovunque nel mondo e che non c'è limite alla ricerca del diverso, del lontano, del meno facilmente raggiungibile. Comunque non ci sono dubbi, questa traversata della catena dell'Akhdar mostra un altro straordinario punto di vista panoramico di questo paese dai panorami estremi e stranianti. Poco alla volta, sempre scendendo lungo passaggi impegnativi, raggiungiamo la pianura, uscendo da una valle laterale stretta e seminascosta e procediamo finalmente in piano mentre la strada si allarga. Dopo poco, non si vede più la spaccatura da cui siamo usciti e la montagna appare di nuovo, da questo lato come una barriera impenetrabile, richiusa dalla bacchetta di un mago misterioso. Ormai seguiamo la costa pianeggiante e le costruzioni cominciano ad diventare sempre più numerose e dense. Abbiamo raggiuntola periferia di Muscat, che in realtà si prolunga lungo tutta la costa per oltre settanta chilometri, essendo la capitale, non una vera e propria città, ma piuttosto un agglomerato di villaggi, che la crescita urbana ha congiunto in un unica massa cittadina.
Da qui ci vogliono ancora tre ore per ritornare a Ras al Hadd. C'è ancora il tempo per fermarsi a White beach a salutare due amici in partenza; intanto l'acqua lì, è calda ed accogliente, come l'abbraccio dolce di una donna che sta per lasciarti, pieno di piacere e di rammarico, perché inevitabilmente sa che forse non ti rivedrà mai più. La costa prosegue avvicinandosi ed allontanandosi di continuo, tra anfratti, capi e rientranze, paesi nascosti al riparo di promontori sassosi e spiagge infinite di cui indovini solo la linea bianca dell'onda che si frange leggera. Superiamo anche il grande porto capolinea di un gasdotto, con una grande nave metaniera dal ponte completamente occupato da enormi bolle di metallo, che si avvicina lentamente al lungo molo in mezzo al golfo. Come potrebbe apparire incongrua ed aliena ad un Marco Polo o a Ibn Battuta, viaggiatori di un altro tempo, che transitassero di nuovo su questa costa, mentre cercano di raggiungere Hormuz. La sagoma lontana di un dromedario si staglia sulla duna dall'altra parte della strada. Il sole alle sue spalle è ormai sceso quasi alla linea dell'orizzonte, colorandolo di un rosa pallido e triste. Non ci fosse quella nave, forse, catapultati qui d'improvviso, potremmo pensare che questi otto secoli non siano affatto trascorsi e che tutto sia ancora come allora, quando gli unici viaggiatori su queste piste erano gli avventurosi mercanti in cerca di merci normali in qualche parte del mondo e preziose da un altra, da trasportare lì, perché il valore, il prezzo, non è una cosa intrinseca ed assoluta, ma ha componenti diverse ed insondabili, che potremmo anche chiamare spread.
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