Trattative al mercato di Nizwa |
Tinduf |
La luce dell'alba colora la cresta degli strapiombi del wadi dando all'ocra quella sfumatura di rosa comune in tutte le latitudini. Quando ti allontani dal mondo moderno, segui inevitabilmente i ritmi naturali, così al primo calare della notte vai a dormire e ti svegli col chiarore del giorno imminente e anche se non sono ancora le sei, ti accorgi di avere dormito più che a sazietà, anche se hai lasciato che i tuoi pensieri vagassero a lungo prima di addormentarti, per le balze contorte di questi monti. Una sensazione, mal riposta, di gioventù perduta, mentre ti lavi alla meglio con la bottiglietta di acqua, come ai tempi andati, e poi, radunate tutte le masserizie si esce con comodo dalla spaccatura tra le montagne. Di giorno l'aspetto circostante è molto più amichevole. L'uomo è un animale diurno e le ombre della notte nascondono insidie e paure che nella realtà sono annidate nel profondo del suo animo contorto. Quando la luce si dispiega, invece, hai sempre una sensazione di luminosa pulizia, di piacevole positività. Il paese nuovo di Tinduf si dispiega appena all'uscita del canon, ma verso monte, ancora più abbarbicato alle alture del wadi, puoi ancora vedere le rovine della vecchia Tinduf, che si stanno sciogliendo anno per anno, ritornando alla terra della quale le case erano state costruite, manutenute per secoli ed infine abbandonate per le nuove costruzioni in mattoni e cemento, moderne.
Tra le case |
Certo adesso ci sono tutte le comodità possibili, elettricità, acqua corrente, gas, telefoni, antenne paraboliche e chi più ne metta che il Sultano, che Allah lo conservi, ha donato a tutti nella sua munifica ed intelligente distribuzione della ricchezza nazionale. Il passato delle antiche case in pisé, la terra cruda, mescolata alla paglia ed alle pietre del greto del wadi, bisogna dimenticarla, significa ristrettezza, povertà, fatica di vivere, anche se forse non infelicità. Ma inutile recriminare, nelle comodità si sta meglio, anche se magari non le usi, ma basta che tu possa mostrale e dire che le possiedi. Intanto, camminando tra i muri sbriciolati del paese vecchio, riconosci ambienti, stalle, case che dalle dimensioni mostrano una certa importanza. Qualche muro più robusto ha ancora resistito ed esibisce un margine di piccoli merli delicati ed eleganti, al di là vedi ancora la sagoma delle cupole di una antica moschea. In fondo, l'abbandono non risale a più di due o tre decenni, ma mostra come anche in un clima come questo, dove la pioggia è evento raro, questo tipo di tecnica costruttiva sia deperibile e passeggera. Ancora qualche decennio, poi rimarrà solo qualche spuntone qua e là, qualche piramide di terra, fino a che non scomparirà definitivamente tutto, uniformandosi in qualche monticello mescolato alle pietre che qualcuno scambierà per rimescolamento del terreno per le improvvise piene periodiche del wadi.
Rovine |
La memoria della povertà sarà definitivamente cancellata e scomparirà anche la memoria del passato. I nuovi nati potranno credere che la TV al plasma sia sempre esistita e che l'acqua sgorghi da sempre dai rubinetti del bagno, invece di essere incanalati in falaj contorti e serpeggianti tra le palme. Nel punto più centrale del vecchio abitato, dove i vicoli tracciati si fanno più stretti le case sono ancora sufficientemente sane per darti l'immagine di cosa era questo paese cinquanta anni fa. Una favola d'Oriente ormai perduta per sempre. Come tante cose in giro per il mondo, per carità, tutto cambia e mai così velocemente come oggi. Chi riconoscerebbe il centro della Pekino di oggi, se avesse vissuto negli anni '60, anche solo una settimana negli hutong della città vecchia? O avesse potuto vedere uno dei nostri borghi nel Medioevo. D'accordo lì si tratta di secoli, ma tutto cambia in fretta e forse per fortuna, ma qui sono passati non più di quaranta anni e la nostra generazione, avrebbe potuto farcela a vedere con i propri occhi due mondi completamente diversi tra di loro, uno straordinario privilegio, certamente. Ce ne andiamo con lentezza e nostalgia, riottosi a lasciare queste rovine piene di fascino antico, dove tra i muri sbrecciati indovini una cavità che forse nascondeva un vecchio focolare o sopra i soffitti crollati spuntano contorti tronchi di acacie spinose che lottano per avere il sopravvento. Come ovvio è un sentimento soltanto nostro, di occidentali viziati che apprezzano le oleografie dei passati di povertà, naturalmente altrui, pronti a tornare al più presto alle nostre comodità usuali.
Il mercato |
Tuttavia pronti ad aderire subito però a battaglie ecolochic per salvare le foreste dall'invadenza della palma da olio e chissenefrega se è l'unico modo per certi paesi di uscire dalla miseria; noi se potessimo guidiamo due auto contemporaneamente ma ci innervosisce che qualcuno dall'altra parte del mondo aspiri ad avere almeno un motorino o possa bere un bicchiere di acqua fresca di frigo, anche lui. Comunque, per carità, ognuno faccia le battaglie che crede, come vedete sono estremamente democratico. Noi intanto andiamo avanti, che c'è da partecipare il mercato del bestiame del venerdì a Nizwa che ci aspetta. Arriviamo sulla grande piazza davanti alle mura della città e la troviamo già quasi completamente piena di macchine e di ogni altro tipo di mezzi che hanno durante la notte trasportato merci e bestie per arrivare tra i primi questa mattina, quando alle prime luci dell'alba si sono aperte le danze. Il luogo dove avvengono gli scambi è di fianco ad una delle torri, sotto una grande tettoia circolare, bordata da una larga striscia di terra dove faranno la loro passerella gli animali messi in vendita. I compratori ed i curiosi, si dispongono all'interno del cerchio o tutto intorno all'esterno, formando così una sorta di passaggio circondato da due cerchi concentrici di folla, seduti sui muriccioli o all'impiedi che si sporgono accalcati per vedere meglio.
Gli uomini sono tutti elegantissimi con le dishdasha candide. Molti gli anziani con turbanti colorati, che rappresentano una passerella unica di volti interessantissimi e scavati dal tempo. Ci sono anche parecchie donne, alcune stanno in disparte a gruppetti, forse in attesa che i loro uomini facciano il loro affare, altre, partecipanti esse stesse alle trattative. A tutte, sotto le abaya nere, traspaiono coloratissimi vestiti, ma tutte sono completamente coperte dal niqab con la lunga pezzuola nera penzolante, che mostra solamente gli occhi, in alcuni casi addirittura seminascosti dalla mascherina, nera o vezzosamente imbrillantata, cosa che segnala la provenienza delle stesse dalle tende del deserto. Intano all'interno del recinto, sfilano gli animali, in generale capre di ogni genere, col vello ben pettinato, alcune enormi, altre da sole, in coppia o in piccoli gruppi, che i proprietari conducono in tondo per mostrarne agli astanti le caratteristiche più notevoli e soprattutto la bellezza. Le capre belano e sfilano, i padroni si guardano intorno gridando il prezzo preteso ai quattro venti. Qualcuno li ferma, per guardare meglio gli animali, come ogni allevatore che si rispetti alla fiera d'Muncalé, li tocca, con fare esperto palpeggia il tasto della grassella tra coscia e ventre o quello del sottocoda.
Ahi, ecco che tornano improvvidi, dal mio lontano passato i ricordi dell'esame di zoognostica, dove per altro avevo preso un misero 18, e poi tratta il prezzo con discrezione oppure lascia andare padrone e bestie con un gesto di noncurante diniego con la mano in attesa di capi migliori. La giostra continua ininterrotta, sollevando polvere e grida, tra uno sventolio di falde bianche e di strisce di turbanti colorati. I giovani ridacchiano, chiacchierando tra di loro, i vecchi sono più silenziosi ed interessati al mercato ed agli affari. Tu puoi sederti in mezzo a loro e rimanere ad osservare, senza essere oggetto di osservazione insistente, ma come se fossi uno di loro, eventualmente commentando la bellezza degli animali, cosa assai apprezzata dagli astanti. E' un rito antico e molto accattivante, da assaporare seduti e con i suoi ritmi. Rimane il fatto che per gli amici fotografi, qui si possono fotografare i visi più interessanti del paese. Si va via con dispiacere, ma il vicino negozio dove si assaggiano i datteri, nonostante il saccheggio della sera precedente è una delle giuste ragioni per lasciare lo spiazzo e fare ulteriori danni. La giornata è ancora molto lunga ed il passato dell'Oman, quello che è ancora visibile per lo meno, è quasi tutto da queste parti e aspetta di essere esplorato.
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Trattative |
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