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sabato 8 aprile 2023

Lebanon 21 - Il tempio di Bacco


Baalbek - Tempio di Bacco - marzo 2023


I fregi dei leoni

 Bisogna prendere atto che l''uomo ha al suo interno meccanismi perversi che devastano dal di dentro la sua vita sulla terra; di norma però non li riconosce e se lo fa li ignora, anzi con pervicacia maligna li sfrutta al peggio, senza minimamente imparare da quanto precedentemente hanno fatto altri suoi sconsiderati simili. La storia non riesce mai ad insegnare nulla anche se il suo libro è lì aperto a disposizione di tutti coloro che avessero la volontà di leggerlo. Cos', le notizie che arrivano in questi giorni dal sud del Libano e da quella parte di Medio Oriente perennemente, ed io temo imprescindibilmente, dedita allo scannamento reciproco, sono pessime. Anche lì, il meccanismo dell'escalation lavora con costante efficienza e le cose, già di per sé economicamente difficili, non fanno che peggiorare. Tutto questo, per me che ho lasciato quella terra solo da un mese, infonde molta tristezza ed a poco valgono le rassicurazioni delle persone che lì ho conosciuto, che al momento non ci sono pericoli gravi. Non so cosa dire, sono intristito da questi fatti e non posso far altro che tornare a rivedermi ancora seduto sulla grande piattaforma di Baalbek a guardare la meraviglia del tempio di Bacco che si innalza proprio davanti con  la sua monumentale possenza, se lo consideri da solo, eppur piccolo se lo paragono alla maestosità del tempio di Giove. Così rimani preso tra le domande che naturalmente continuano a sorgere e di cui vi ho già parlato nel post precedente, di come sia potuto avvenire il trasporto ed il posizionamento di simili megaliti, cosa ancora inspiegata anche con i mezzi oggi a nostra disposizione e invece, lasciare a lato la razionalità e dare spazio solamente all'ammirazione della bellezza. 

I due templi a confronto

Il "piccolo" tempio  di Bacco, che però in realtà è addirittura più grande del Partenone, sta lì quasi completamente elevato, mostrando una forza strutturale incredibile che i terremoti violenti che si sono succeduti implacabilmente, per quasi duemila anni, non hanno saputo scalfire, se non in piccole parti. Costruito nell'epoca di Antonino Pio, secondo lo schema octastilo periptero, è attualmente il più grande tempio della romanità meglio conservato, presentando la sua selva di altissime colonne corinzie, ben 19 sulle 42 esistenti che circondano ancora la struttura interna che si leva a formare la cella che conserva magnifiche sculture ed i bassorilievi che raccontano la vita di Bacco. Questo, è inutile ricordarlo, è sempre stato il paese del vino ed i riti che ruotavano attorno a questo dio, miscela archetipa tra misteri tesi a governare il desiderio umano di evasione e di eccessi e controllo sulla popolazione irreggimentando gli spazi ed i tempi in cui queste stesse evasioni erano concesse, con il resto della vita nella quale bisognava comunque avere regole. Quindi l'attenzione e le molte festività dedicate a questa divinità nel mondo grecoromano, propria tuttavia con altri nomi in tutte le altre culture antiche e poi medioevali, è decisamente comprensibile. Tuttavia al di là dei riti e della rilevanza filosofica racchiusi in questo spazio, non puoi fare a meno di rimanere stupito di fronte alla bellezza di questo manufatto progettato da un architetto sconosciuto, che racconta certamente di quanto i Romani furono grandi costruttori. 

Un  altare

Già il corridoio esterno ti fa rimanere costantemente col naso all'insu, per ammirare gli altorilievi complessi e barocchi che ne costituiscono la volta. Nel punto dove una parte consistente della trabeazione si è staccata ed è crollata al suolo, non riesci che a stupirti della dimensione delle statue che sembrano uscire dalla pietra, dalle volute complesse degli acanti che le circondano, dai pampini ricchi e rigogliosi che corrono lungo tutti i fregi, dall'affollamento delle figure che popolano i blocchi, con quel senso di horror vacui tipico dell'epoca. All'interno sali gli alti gradini fino ad arrivare a quella che era la cella interna del sancta sanctorum per ammirare ancora la sfilata delle esedre, immaginandone la dimensione delle statue, le lunghe teorie dei fregi e le teste di leone ruggenti che escono dalla pietra dorata illuminata dal sole della sera. Arrivi fino alla zona degli altari e da qui immagini, la folla degli officianti e delle baccanti che di certo qui scatenavano i loro istinti segreti, forse ricoperte di vesti leggere, di pepli trasparenti e coperte di grappoli d'uva, uguali a quelli che pendono dalla pietra viva delle pareti e dei soffitti che hanno resistito agli insulti del tempo. Pochi luoghi mi hanno dato una ridda di sensazioni, così intense e coinvolgenti, un teatro con sfondi e quinte tali da riportarti ad un passato lontano dal quale è difficile rimanere distaccati. Forse è proprio questo il punto topico del sito. Il tempio di Venere, più piccolo, di certo se paragonato ai primi due, rilascia meno sensazioni, o forse le hai già completamente esaurite precedentemente, cosicché non riesci nemmeno ad  immaginare la intensa attività postribolare che certamente lo vivificava. 

L'interno del tempio di Bacco

E' difficile uscire da questo luogo, staccarsene definitivamente; c'è qualcosa in questa tenera pietra color dell'oro, dove indovini il tempo dai segni che la forza dell'erosione dei venti ha lasciato ben visibile, che ti trattiene, come se non volesse farti riattraversare quella barriera dell'ingresso che potrebbe apparire come una porta del tempo, attraversata la quale lascerai dietro di te un passato difficile anche da immaginare. Tuttavia prima di lasciare l'area archeologica di Baalbek è necessaria un'ultima sosta, poco lontano, perché se non hai posto sufficiente attenzione alla cosiddetta piattaforma di oltre quattro ettari che sostiene la città templare o ne hai trascurato le dimensioni, questa cava abbandonata a circa un chilometro di distanza di certo ti farà pensare. Il luogo recintato all'aperto racchiude quella che era la cava da cui arrivavano le pietre di arenaria usate per la costruzione della piattaforma e poi per erigere i templi e tutte le costruzioni. Si tratta di una pietra tenera e molto facile da lavorare che ne facilitava lo scavo e la preparazione dei blocchi che poi venivano trasportati sul posto. Ora, se non ci sono problemi per il materiale usato per i templi stessi, che secondo la tradizione e capacità di trasporto di epoca romana, era formata da blocchi piccoli e ragionevolmente maneggiabili, rimane il mistero di cui vi ho già accennato e che riguarda i monoliti con i quali è costruita la piattaforma nella sua interezza. 

Volte scolpite

Infatti al di là del cosiddetto trilithon composto dai tre giganti, tutte le altre pietre che lo contornano e quelle sottostanti sono grandi più o meno la metà, più di dieci metri di lunghezza e dal peso stimato di oltre trecento tonnellate, al limite per le più potenti gru che oggi possediamo. Sono inoltre avvicinate con una precisione assolutamente inspiegabile. Questo tipo di materiale da costruzione non usato certamente dai romani, appartiene quindi ad una cultura precedente, ma tutto rimane inspiegato ed avvolto nel mistero. Quello che appare ben visibile nella cava è una quarta pietra che era in fase di scavo tanto che ha la parte inferiore ancora attaccata alla roccia sottostante. Si stima che pesi oltre 1200 tonnellate che ne fanno dunque il più grande monolite conosciuto che sia stato prodotto e sbozzato dall'uomo. E' chiamata Hajjar el-Houble, la pietra della partoriente, in quanto la tradizione vuole che le donne in difficoltà procreativa vadano a toccarla convinte di facilitare in questo modo la loro fertilità. Sta lì nel bel mezzo della cava abbandonata, mostro in attesa perpetua di essere definitivamente staccato per andare ad essere posizionato vicino alle sue compagne e rimane a dimostrare come ci siano cosa che tutt'oggi non riescono ad essere spiegate. E ripeto ancora che non esiste nessun metodo conosciuto nell'antichità, ad esempio quelli riportati nei papiri egizi per il trasporto delle grandi pietre, comunque molto più piccole di queste, in quanto in questo luogo, non ci sono neppure gli spazi necessari a posizionare le centinaia di argani e carrucole ipotizzabili, a disporre le migliaia di uomini, anche a causa della conformazione accidentata del luogo e della disposizione del percorso in salita. Insomma di cose da pensare ce ne sono molte e quando lascerai la zona, ti rimarranno per sempre senza risposta.  


La cava del monolite più grande del mondo


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venerdì 7 aprile 2023

Lebanon 20 - Il sito archeologico di Baalbek

Baalbek - Il grande cortile - marzo 2023


I propilei dell'ingresso

Ed eccoci finalmente a Baalbek, il sito archeologico tra i più importanti del Medio Oriente, di certo, tra i molti, il più imperdibile dell'intero Libano, a tal punto che fino ad un decennio fa, quando erano la Siria o la Giordania, le mete turistiche di elezione dell'area, proprio Baalbek veniva aggiunto come escursione accessoria ai tour principali. La storia del sito è di per se stessa molto interessante. Come per tutti i luoghi sacri libanesi, cosa che ho già avuto modo più volte di sottolineare, i suoi inizi affondano nella notte dei tempi e esaminando i vari strati, se ne possono rintracciare bene i vari passaggi di tutte le civilizzazioni che qui si sono succedute. Già quattromila anni fa questa area era considerata sacra e qui sorgevano luoghi di culto fenici dedicati a Baal, il dio del sole, da cui con ogni probabilità deriva il nome odierno, e alla sua sorella e consorte Anat (Astarte) dea della guerra. Naturalmente la tradizione parla di una religione estremamente violenta e pretenziosa (quale non lo è stata in qualche momento della sua storia) che richiedeva sacrifici anche umani, ma questa potrebbe essere una semplice e malevole leggenda, creata a bella posta da posteri interessati a demonizzare gli sconfitti come è costume nella storia. D'altra parte non c'è nessuna prova, come resti o simili ritrovati sul posto, che lo possano confermare. Il sito si sviluppò successivamente come grande centro religioso già in epoca ellenistica, quando i nomi degli dei furono sostituiti con i loro omologhi greci e la città venne ribattezzata Heliopolis e finalmente conosciuta con grande rilevanza in tutto il mondo antico. 

Il cortile esagonale

Ma certamente il suo punto di massimo splendore, quello romano che cominciò, subito dopo la conquista ad opera di Pompeo, arrivò con gli ampliamenti e la costruzione del gigantesco tempio di Giove, che a tutt'oggi è il più grande tempio romano conosciuto al mondo. Nei due secoli successivi durante la massima espansione dell'impero, sorsero nel loro massimo sviluppo gli altri due templi, quello di Bacco e di Venere, che conferirono al luogo, oltre ad una fama universale, anche una certa aura di licenziosa zona franca di eccessi sacri e misterici, tra i quali è quasi certa la funzione postribolare il tempio dedicato alla dea dell'amore, cosa non infrequente all'epoca, vi ricordo soltanto per citazione, il tempio siciliano dedicato a Venus Fellatrix, visitato da folle di pellegrini, interessatissimi evidentemente ad usufruire dei servizi apprezzati delle sacerdotesse, appositamente istruite alla bisogna, che portavano a questi luoghi ad accumulare importanti ricchezze. Non bisogna certo stupirsi di questo libero modo di intendere la sessualità, molto comune nel mondo antico e in specie in quello romano, che ne aveva un concetto del tutto lontano dalla riprovazione morale odierna, anzi la sessualità romana esaltava ed approvava tutto l'aspetto penetrativo e dominatorio del sesso, etero od omodiretto che fosse, pedofilia inclusa, purché forse roba sua, suoi schiavi, suoi amici o sue donne, ben s'intenda, inteso come virtù per il Vir romanus, proprio a potenziare ed affermare le sue caratteristiche di dominatore del mondo, mentre al contrario ne vedeva come mollezza inaccettabile e riprovevole, la parte passiva. 

Il porticato

Il Romano non doveva mai subire ma dominare, salvo poi accettare ed includere tutte le culture conquistate facendole proprie assieme ai popoli interessati, purché dessero a Cesare quel che era di Cesare e probabilmente questo è stato il segreto della durata di questo impero.  Successivamente al suo disfacimento, i poteri successivi, operarono a Baalbek le consuete modifiche, predazioni e cambiamenti d'uso che mutarono però assai poco la fotografia della città sacra, riscoperta poi con i gran tour del XVIII secolo. Ma qual è l'immagine che il sito ci presenta oggi? Beh, arrivarci come noi in una bella giornata di sole che illumina le ciclopiche rovine, non può che destare un ammirato stupore. Subito vieni accolto, appena passati le scalinate dei Propilei, da un grande spazio cosparso di pietre. Le rovine sono sparse dappertutto, formate, non come altrove dai minuscoli frammenti di antiche costruzioni che gli insulti del tempo ed i terremoti, hanno ridotto ai minimi termini, ma da reperti di dimensioni colossali. Ed è questa l'impressione che ti accompagnerò per tutto il tempo che trascorrerai tra queste rovine, il senso di gigantismo inusitato, mai visto in nessun altro luogo. Già il cortile esagonale ti mostra le proporzioni del posto e le successive utilizzazioni post romane, con i residui delle chiese bizantine qui erette e del successivo bastione difensivo della cittadella araba eretta qui a scopo difensivo con l'innalzamento del porticato a esedre che di certo ospitavano statue grandiose. 

Strato fenicio

Tutto qui respira l'aura del colossale, dello smisurato, dell'enorme e quando ti trovi al centro del grande cortile centrale non riesci a fare a meno di respirarlo, alla vista dei monconi delle 128 spettacolari colonne di granito rosa e delle poche rimaste in piedi a sostegno dei porticati che lo circondavano, dei loro imponenti basamenti di granito di Assuan (anche se per queste è assolutamente inspiegato il modo in cui siano state trasportate fin qui) e delle esedre che riportano ancora iscrizioni ed incisioni. Al centro l'altare neroniano si innalza al fianco delle evidenti vestigia rimaste del livello più basso fenicio, visibili grazie a più recenti scavi, in piena vista della successiva scalinata che porta al basamento del tempio di Giove. E qui, anche ad un osservatore disattento, non può sfuggire uno dei tanti enigmi che il sito presenta. Tutto il basamento dell'area templare è costruito infatti tramite l'avvicinamento di una serie di pietre talmente grandi da essere classificate senza tema di smentita come le più grandi in assoluto sbozzate dall'uomo per elevare i suoi edifici. Tre di queste, il cosiddetto trilithon, sono parallelepipedi tagliati dalla roccia della vicina cava che dista meno di un chilometro, lunghe quasi venti metri e con lati di quattro con un peso di circa 800 tonnellate e obiettivamente il modo in cui queste pietre, che non hanno uguali nell'antico Egitto o nelle civiltà mesoamericane, abbiano potuto essere trasportate in loco, cosa che rappresenterebbe un problema quasi insolubile con i mezzi attuali. Secondo alcuni questa piattaforma è stata edificata in epoca preromana, visto  il suo orientamento in direzione delle  Pleiadi, cosa importante per la cultura greca e quella orientale, ma assente in quella romana, mentre ci sono molte simiglianze con la struttura del secondo tempio di Gerusalemme eretto sotto Erode il grande. 

Il tempio di Giove

D'altra parte i Romani erano molto pragmatici in tutto e di certo avrebbero preferito usare pietre molto più piccole e facilmente trasportabili. Tuttavia, non si riescono a fare ipotesi sulla tecnologia che ne ha permesso lo spostamento. Ed eccoci qua sotto le sei colonne di questo tempio, alte venti metri, con un diametro di oltre due metri, le più grandi conosciute al mondo, realizzate in tre rocchi sovrapposte, otto delle quali furono portate via da Giustiniano ed usate per la costruzione di Santa Sofia a Costantinopoli. Pensate che le sole trabeazioni che sormontano il colonnato sono alte cinque metri. Tutto questo portava alla visione complessiva di un tempio unico al mondo, periptero, decastilo per complessive 59 colonne. Bisogna sedersi su queste pietre per aspirare la possenza del gigantismo che emanano, assorbirne la forza, senza stare a cercare spiegazioni di come questa gente abbia potuto costruire un simile complesso o elaborarne soluzioni fantasiose. Qui devi solo sentire la forza immensa del genere umano e inorgoglirsi di farne parte. Il sole è ancora alto nel cielo e illumina i cilindri che puntano verso l'azzurro, basta spostarsi un poco di fianco e la loro dimensione te lo eclissa dalla vista, dio archetipo che battezza questo sito magico da millenni ammantandolo di una forza interiore che rende possibile l'impossibile a spiegarsi. Bisogna rimanere qui a lungo e l'emozione non cala anche per la visione forse ancora più spettacolare del tempio di Bacco che si erge a lato, ma di cui vi parlerò la prossima volta.

Le colonne del grande cortile

SURVIVAL KIT

Alla base del tempio

Baalbek - Città a circa 90 km da Beirut nel nord della valle della Bekaa che ospita il più importante sito archeologico libanese, costituito dalle rovine prevalentemente romane di un complesso templare famosissimo che comprendeva i tre templi di Giove Hieropolitano, di Bacco e di Venere, oggi sito Unesco. La vista deve preveder almeno 2/3 ore o anche mezza giornata per gustarsi il gigantismo inspiegabile del luogo. Se volete leggetevi in questo sito molto esaustivo, tutti i particolari importanti e descrittivi. C'è anche un piccolo museo archeologico. Il biglietto costa attualmente circa 4 $ per gli stranieri (300.000 LL). Non dimenticate di dare un'occhiata anche la vicina cava da cui venivano estratte le pietre per il famoso basamento, in cui è ancora visibile quella che è conosciuta come il più grande monolite prodotto dall'uomo. Se deciderete di visitare un solo luogo in Libano, è questo. 

Le colonne e il tempio di Bacco

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