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Bellezze locali |
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All'assalto |
Passeggiare su e giù nelle stradine del centro storico di Shangri La, detto anche Du Ke Zhong (独克宗), ti da la consueta sensazione bipolare. Da un lato la gradevolezza dello stile uniforme e tradizionale delle case, delle botteghe, dei tanti locali che vi si affacciano, dall'altra l'incontestabile senso di finzione di una cittadina completamente ricostruita, benissimo per carità, ma ormai ad esclusivo uso turistico. Il resto, la città vera è appena al di là del parcheggio di ingresso, con le casette basse ma nuove e la normale vita degli abitanti che scorre. I negozietti sono pieni della solita merce, souvenir e materiali tipici della zona, sale da thé e molti locali arredati in maniera elegante. Tutta la città è percorsa da frotte di turisti in caccia di occasioni e di angolini dove scattare selfie, ma tuttavia non riesco ad avere stimoli negativi. In fondo l'ambiente in generale ha aspetti piacevoli e così passi da una piazzetta all'altra, lastricate di pietra e popolate di statue di metallo a grandezza naturale che raccontano la storia della città. In quella principale, tra quelle di un gruppo di monaci che accolgono festosi un drappello di militari liberatori (da che?), ci sono i classici offerenti di servizi quali l'affitto di costumi, di fotografi professionistiche dispongono di apposito yak bianco bardato a festa da cavalcare o cani tibetani che sembrano vitelli pelosi. I clienti fanno la fila, incluso un anziano bardato da conquistatore mongolo che brandisce al cielo una lunga spada dal fiocco rosso. Due fanciulle vezzose invece si dispongono in pose ricercate e lanciano cuoricini davanti ad un ponticello in pietra.
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La collina del tempio |
Siamo proprio davanti alla collinetta che porta al tempio cittadino, il Da Gui Shang, una lunga scalinata porta fino alla cima. Teniamo conto che siamo a 3200 metri di quota ed ogni gradino da salire è una lama nel costato, per chi, povera anima, non è abituato a questi stravizi e la scalinata, vi assicuro è lunga, lunga assai. Vero è che di tanto in tanto ci sono piazzole di sosta dove prendere fiato ammirando i tetti della città che circondano l'altura, ma, anche con l'aiuto del mancorrente, mi trascino su con una certa fatica e arrivo davanti al portale di ingresso, completamente stremato. Noto con sollievo e soddisfazione che sono circondato da uno stuolo di cinesi boccheggianti come me o anche peggio. Una madamona bardata di tutto punto, ansima vistosamente abbandonata su una panca, un'altra anzianotta si fa rincuorare dal compagno che sembra più mal piazzato di lei. Soltanto qualche ragazzotto sgambetta veloce grazie alla forza dell'età. Ripreso fiato, faccio il giro del tempio in senso rigorosamente orario come si conviene. Tutta la balconata è ricoperta da fasci di bandiere di preghiera colorate e la vista tutto attorno è molto accattivante, mentre il sole sta tramontando attraverso gli alberi del giardino che occupa le balze della collina e tinge di rosso cupo la superficie piatta del lago di fronte alla città. Qui siamo ormai in un territorio completamente di cultura tibetana ed i templi sparsi sul territorio lo testimoniano appieno. Al fianco di questo, che è il tempio più importante della città, quelle che dal basso avevo interpretato come torri dorate sono in realtà giganteschi mulini di preghiera, sulle cui superfici ricurve sono sbalzati i mantra tradizionali.
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Il mulino di preghiera |
Il movimento rotatorio provocato dalla spinta dei fedeli, farà ascendere al cielo e varranno, naturalmente nel computo matematico dei milioni di orazioni che il credente deve pronunciare nel corso della vita per procurarsi una reincarnazione migliore nella vita successiva. Infatti attorno al mulino più vicino c'è una torma di giovani che appoggiati alle barre che spuntano alla base del cilindrone, spingono con forza. Il rullo ruota lentamente e le preghiere evidentemente salgono al cielo, nero come la pece ed evidentemente poco propenso ad accettarle. L'interno del tempio è il solito insieme di migliaia di piccole statue di Budda sulle pareti, di grandi dipinti alcuni coperti da sete damascate, altri aperti alla venerazione dei fedeli. Sull'altare davanti alle statue, complicate costruzioni colorate scolpite nel burro a forma di fiori fantastici. Davanti ad ognuna offerte di frutta, ghirlande di tageti, banconote di piccolo taglio, perché se è vero che i fiori profumano, pecunia non olet, direbbe Vespasiano che la sapeva lunga. Una serie di figure orrifiche rosse e blu, mulinano dalle pareti le centinaia di braccia brandendo spade e altre armi per tenere lontani gli spiriti maligni dalle sacre mura. Di monaci invece non c'è più traccia dato che siamo ormai nel tardo pomeriggio. Scendiamo lentamente la scala affacciata sulla città che si va illuminando a poco a poco di lucine fioche che sottolineano i bordi dei tetti delle case. Il sole è caduto dietro l'orizzonte ed il cielo adesso è davvero completamente nero.
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Shangri La |
Nel piccolo quartiere dietro alla collina del tempio, quello che comprende le poche case originali che si erano salvate dall'incendio, i passanti sono più radi e via via si rintanano nei loro alberghi o nei tanti ristorantini nascosti nelle corti a cui si accede attraverso porticine di legno antico. Facciamo un po' di fatica a ritrovare il parcheggio dove ci aspetta il nostro uomo che ci deve riportare a casa, questa non è la Dali squadrata alla perfezione dalle vie diritte come un accampamento romano, ma le stradine sono tutte contorte e stortagnole e più volte ti chiedi se di lì non sei già passato una volta come nel più classico dei labirinti. Alla fine, riconosci le piazze e le piazzette e ritrovi il punto di ritrovo. Scendiamo verso il lago, la strada diritta che conduce alle fattorie fuori città, passa nella piana, forse bonificata, dove è stata stesa una pista di atterraggio, in modo che il paradiso perduto o presunto tale, sia maggiormente accessibile a tutti, a tutto il popolo, purché pagante ben si intenda. Stasera si mangia in albergo. Siamo i soli ospiti e il gestore ci ricolma di gentilezze, attento che non ci manchi il thé nell'attesa che i vari piatti, uova e pomodoro (un classico di queste parti), carne di maiale stufata con patate, cavoli in umido e alghe nere, terminino la cottura. Fuori un silenzio assoluto nella notte scura e senza luna, neppure l'abbaiare lontano di un cane. Dalla grande vetrata della nostra camera immagini, più che vedere, il paesaggio che ti circonda, solo è chiara la linea illuminata che segnala a presenza della città al di là del lago con la cuspide del tempio al centro. Una calma totale avvolge la campagna prodromo di una notte tranquilla. E' l'ora di dormire. Intanto si è intasato il cesso ed è andata via la luce e non si può fare altro.
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Il tempio |
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Case di Shangri La |
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Bandiere di preghiera |
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