sabato 11 gennaio 2020

Cina 30 - Il monastero di Song Zan Lin


Il monastero


Gli incensieri
La scala di accesso
Nell'ampia valle di Shangri La, l'atmosfera è decisamente diversa dal resto dello Yunnan che abbiamo già visto. Sarà la quota e l'aria sottile che ti fa ansimare ad ogni passo in salita, sarà l'ampiezza degli spazi, la visibilità netta che ti lascia vedere le cime lontane, gli yak neri dai mantelli pelosi che pascolano nei prati, i chorten bianchi che segnano l'incrocio dei sentieri tra i campi e che nascondono al loro interno qualche reliquia sacra, ma questo è Tibet a tutti gli effetti ed anche la maggior parte della gente che  incontri è di origine tibetana. Il sole non appena salta fuori tra le nuvole basse e nere o altissime a ciuffi bianchi come un gregge di pecorelle, morde ferocemente e devi continuamente spalmarti la faccia di crema 50 per non ridurti la faccia a una grattugia spelacchiata. I cinesi che incontri poi ne sono ossessionati e li vedi continuamente col barattolo in mano intenti a darsi ditate di crema su fronte e guance. E' noto quanto le ragazze cinesi temano l'abbronzatura che dà alla loro epidermide una sfumatura grigiastra che loro non gradiscono affatto. Anche con quel che si mangia è meglio fare attenzione, specialmente alle verdure crude pur così invitanti. Certo è che noi siamo delle pellacce, forse un poco abituati e mitridatizzati a queste condizioni igieniche, o meglio lo sono i batteri del nostro intestino, che per il momento comunque reggono bene. Non così evidentemente quelli della nostra Apple che ha trascorso una nottata difficile tra vomito e scagozzo e però oggi sembra fuori combattimento.  

Le costruzioni del tempio
La lasciamo riposare tranquilla e vediamo di passare una mattinata completamente tibetana tra fumi di incenso e canti di monaci. Il monastero di Song Zan Lin (松赞林 -  La foresta dei lodevoli pini) è il più grande dello Yunnan ed era stato quasi completamente distrutto durante le rivoluzione culturale. Adesso che il governo ha ben compreso l'interesse turistico di questo tipo di cose e ne ha favorito la completa ricostruzione, proponendolo nei vari tour, ospita circa 700 monaci ed è meta di grandi pellegrinaggi. Ci si arriva risalendo la collina per una decina di chilometri dalla città ed è circondato da un grande parco con laghetti e giardini. Lo attraversiamo a piedi accompagnati da un amico tibetano dalla solida gamba abituato ai sentieri della sua terra. E' evidente che non ha grande simpatia per i cinesi e quando passiamo sotto il dispiegamento di bandiere rosse mescolate a quelle del buddismo tantrico a testimonianza della grande amicizia che c'è tra i due popoli, fa commenti piuttosto ironici anche se non del tutto espliciti. Poi dalla grande piazza davanti alle mura della fortezza, che qualcuno chiama il Potala dello Yunnan, vedi solo più la lunga scalinata diritta di 250 scalini di pietra che portano al cortile centrale da cui si accede al tempio. A 3500 metri non ti resta che sbuffare salendo il più lentamente possibile, sgranando a mezza voce gli opportuni mantra del caso e fermandoti ad ogni piazzola ad ansimare, misurando le forze per non schiattare. 

I simboli buddhisti
Noto che parecchi cinesi si sono dotati di apposita bomboletta spay che ti spara una zaffata di ossigeno direttamente in gola al bisogno. L'importante è organizzarsi. Sulla lunga terrazza lo spettacolo è notevole. Appena sotto le tante case ed i palazzetti dove alloggiano i monaci, le foresterie per i visitatori e i locali di servizio. Lontano la valle con il lago destinato col passar dei mesi ad inaridirsi, lasciando una zona umida e paludosa, paradiso di una ricca fauna acquatica, adesso, essendo da poco finito il tempo delle piogge, ancora abbastanza ricco di acqua. Nel cielo stormi di gru dal collo nero che volano verso i paesi caldi del sud, approfittando del degradare ad est della catena himalayana per poterla infine scavalcare. Agli angoli del terrazzo e nei vari punti topici grandi torri ricoperte di lamiere dorate raccontano storie tantriche, così come tutti i tetti alla vista. Quando il sole batte, tutta la superficie si trasforma in uno specchio dorato che riflette la gibigianna a chilometri di distanza. Alle nostre spalle le tre maestose costruzioni hanno la facciata ricoperta al solito dai grandi teli neri di pelo di yak per tutti e cinque piani completi. Quello più a sinistra è dedicato a Tsonkapa, il fondatore della setta dei berretti gialli, quella che attualmente ha prevalso sulle altre. Le statue dorate si susseguono le une alle altre, la serie dei Buddha, l'Avalokiteshvara, quello della compassione ed alla fine il sorridente Buddha del futuro, tutti circondati da una grande quantità di offerte, frutta, fiori, incensi e banconote, depositate davanti, tra le mani, nelle scanalature delle pareti. 

La ruota della vita
Davvero curiosa questa commistione di ritratti di Mao prosaicamente presenti su ogni yuan ed i benevoli sguardi degli dei che in fondo queste cose le sanno perdonare ai fedeli offerenti. Le pareti esterne dei pronai raccontano la storia e la cosmogonia buddhista che tra l'altro il nostro amico conosce alla perfezione. Faccio qualche foto illegale da sottomano senza sollevare la macchina, anche sotto lo sguardo feroce di un Mahakala rosso di rabbia e dalla lingua blu che mi minaccia con un gesto deciso della spada fiammeggiante. Speravo che mi sapesse perdonare, in fondo il suo compito di protezione non credo comprendesse i fotografi e le mie intenzioni non erano affatto malevole anzi assolutamente rispettose, ma guarda caso sono venute tutte mosse, vedete voi. Nella costruzione centrale, la grande sala ha colonne di legno massiccio. Tutto è ricoperto di sete damascate, alle pareti una serie di tankhe bellissime anche se nuove, mentre tutti gli spazi centrali sono occupati dai sedili di preghiera. Centinaia di monaci sono accoccolati e procedono nelle orazioni del servizio del mattino. L'atmosfera è davvero coinvolgente. Un canto ritmico, comandato da un monaco che siede al centro su una seggiola appena rilevata ricoperta di damaschi gialli, si leva forte tra le navate del tempio. La guida ha un tono in una chiave estremamente bassa, scivolando quasi nell'infrasuono; quando gorgoglia le note più basse senti solo la vibrazione del diaframma; tutti i monaci lo seguono declamando i versetti che si susseguono sulle paginette sciolte dei libri che tengono sulle ginocchia. 

Dal tetto
I monaci delle file più lontane e nascoste, specialmente i più giovani, seguono la cerimonia con un certo distratto distacco. Ne sorprendo uno che invece di cantare sbircia il telefonino acceso e nascosto tra le pieghe della tonaca. Se ne accorge anche un monaco anziano appollaiato sull'ultima panca in fondo, da cui scende trafelato per andare a mollare uno scappellotto piuttosto deciso al giovane reprobo che subito si ricompone e calza il pesante cappello giallo a mezzaluna. Un altro gruppo di monaci vestiti con tonache e cappellucci più variopinti occupano la parte più prossima all'altare dove si erge un grande baldacchino. Sono quelli incaricati di disegnare un complicato mandala di sabbia che sta prendendo forma sotto il baldacchino stesso. Ognuno di loro tiene in mano ciotole o contenitori con sabbie di diversi colori. Il lavoro è quasi completato; mancano le rifiniture sul lato sud. Tra pochi giorni quando sarà completato, dopo una apposita cerimonia, sarà distrutto in un attimo. Tutte le sabbie diverse, i colori e le complesse linee che per giorni tutti hanno contribuito a formare con precisione millimetrica, si rimescoleranno irrimediabilmente, il disegno scomparirà in pochi secondi alla vista dei fedeli. La perfezione del creato ritornerà al caos primigenio. E' l'alternarsi infinito delle nascite e delle morti, creazione e distruzione.  Ce la filiamo da una porta del retro che porta alle scale che conducono sul tetto. 

La disputa teologica
Sono cinque piani alcuni dei quali hanno balconate che permettono di vedere la navata dall'alto e le immense statue dai fianchi o all'altezza del viso. Il canto sale dal basso e sembra un suono di fondo continuo, quasi non umano che tutto avvolge con una vibrazione che senti risuonare anche dentro di te e che smuove le budella o forse non si tratta di questo. Fuori sul tetto è tutta una profusione di lamiere dorate, di animali fantastici, di fenici, di scimmie, di scudi sbalzati con draghi e tartarughe. Scendiamo con calma. In un cortile, sotto un portico, gruppi di monaci giovani, studenti che evidentemente stanno eseguendo la cosiddetta disputa teologica che aveva già visto a Lasha nel famosissimo monastero di Sera. Un monaco seduto risponde alle domande di uno o due altri colleghi che stando in piedi lo incalzano sbattendo i palmi delle mani l'uno sull'altro quando hanno completato la domanda e lo irridono se la risposta non sembra corretta, anche se spesso l'interrogato contesta aspramente il giudizio, così almeno mi sembra. Scansiamo un gruppo di ragazze che stanno ciucciando ossigeno dalle bombolette e scendiamo lungo la scala resa alquanto scivolosa da quattro gocce di pioggia che ne hanno inumidito la superficie che adesso, uscito un raggio di sole, risplende in maniera accecante. Ci segue il tintinnare delle campanelle i cui batacchi sono mossi dal vento. Riprendiamo il bus che ci riporta alla macchina facendoci largo tra una massa di pellegrini che sta arrivando. 

I tetti

SURVIVAL KIT

Bandiere di preghiera
Song Zan Lin - Forse il secondo monastero tibetano esistente, la cui ricostruzione è ormai completa, dopo la rinascita, situato su una collina a circa 3500 metri di quota ad una quindicina di chilometri da Shangrila. Ci si può andare anche con il bus dalla città. Si arriva ad una grande piazza parcheggio alla base (è molto frequentato) dove i turisti prendono il biglietto di ingresso (Over 65 gratis). Di qui si prende un bus (20 Y) che conduce fino alla scalinata da cui si sale al tempio. Il tragitto che attraversa un bel parco si può fare anche a piedi in una mezz'oretta. Cercate di andare al mattino presto per assistere alle preghiere e alla disputa degli studenti. Gli interni sono davvero belli, maestosi ed imponenti e sarebbe utile essere accompagnati da un tibetano che possa spiegare le tante storie affrescate sulle pareti. Calcolate almeno 2/3 h per fare una bella visita con calma. Nei negozietti alla base vendono anche le bombolette per l'ossigeno, casomai vi servano. Si dice che tra i monaci ci siano parecchi infiltrati della polizia segreta, per controllare eventuali fermenti separatisti, ma sono voci non documentate. Non dimenticate la crema 50 se c'è il sole. Fotografie all'interno vietate.

Il monastero



Angolari
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L'ingresso












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