martedì 23 luglio 2019

Central India 29 - Il forte di Gwalior


Chit Mahal
 
Interni del forte
Il vantaggio di passare la notte in treno è che il tuo arrivo alla meta ovviamente di prima mattina, ti permette, essendo come ovvio ben fresco e riposato (ahhahahahah), di avere tutta la giornata a tua disposizione per goderti appieno, dopo aver caricato i bagagli sulla macchina, la città in cui sei appena arrivato e poi proseguire senza affanno alla meta successiva, guadagnando quasi un un giorno e mezzo. Tutto il contrario insomma della strategia low travel, quella del vero viaggiatore che non misura il tempo, ma viaggia adattandosi all'itinerario e non affannandosi per riuscire a vedere il massimo nei pochi giorni che ha ha disposizione. scegliete voi insomma, io faccio quello che posso. Gwalior, l'ennesima grande città trovata (o meglio cercata) sul nostro itinerario, è una città piuttosto negletta e trascurata dai girovaghi che pure da queste parti transitano per vedere le altre conurbazioni importanti che stanno da queste parti, di certo non si trascura Agra con la sua perla di marmo bianco, oppure l'aria intrisa di morte di Varanasi o anche la serie dei famosi templi erotici di Kajurao, eppure pochi dedicano almeno una mezza giornata per godersi uno dei più bei complessi artistici indiani, tanto che l'area del forte di Gwalior viene definita anche "la perla tra i forti dell'India". Come gli altri si erge anch'esso su una grandissima collina calcarea che domina la città sottostante. Una cinta di mura ne circonda la sommità, una acropoli che contiene molte costruzioni di epoche diverse che raccontano la storia di quanto è avvenuto quaggiù.

Maioliche
Le pareti strapiombanti sulla valle della costruzione principale, sono scandite da torri eleganti che ne identificano subito la sua unicità e le conferiscono la sua bellezza inconsueta. Risalendo la strada a zig zag che porta alla principale porta d'accesso sei letteralmente sovrastato da una facciata senza fine che incornicia completamente la cresta della collina. La pietra dorata con cui è costruita, è completamente ricoperta da un fitto e complesso schema decorativo fatto di archi e rientranze, di vuoti e di pieni in cui giocano le ombre, cosa di per se stessa immaginata con mirabile ingegno decorativo, ma quello che le conferisce l'impronta assolutamente unica è la serie di mosaici in ceramica blu che evidenzia in positivo serie infinite di figure di animali immaginari, di corone di fiori, di disegni dall'astrazione elegante. In questo palazzo, nelle sue torri arzigogolate, nei suoi cortili ricchi di colonnati e finestre, si è davvero scatenata la fantasia di architetti di gran valore, che hanno saputo alternare in modo perfetto la decorazione alla scultura, alla progettazione degli ambienti. Ti affacci alle finestre e butti l'occhio sulla città sottostante. Che sensazione di dominio, di potere assoluto. I re che vivevano questo palazzo dovevano avere ben chiaro il significato del regnare. E' ancora presto, in pratica siamo forse i primi visitatori, complice il treno. Il botteghino dei biglietti è ancora chiuso come anche il bar all'ingresso, in cui tentiamo disperatamente di fare colazione. Esce un guardiano assonnato, fa segno che tornare come minimo tra un'oretta e comincia a spazzare il cortile con una scopetta dal manico corto che lo obbliga ad una posizione china assolutamente innaturale.

Il forte
C'è da pensare di mettere su un'aziendina che fabbrichi manici lunghi, roba da far soldi a palate. Poi emerge anche il tizio dei biglietti e possiamo cominciare a camminare all'interno dei tanti palazzi che epoche e civiltà successive hanno costruito sulla collina in quasi mille anni consecutivi di rimaneggiamenti ed elevazioni, pronte a sopraffare quelle precedenti, per dimostrare la propria superiorità, in realtà rimanendo inevitabilmente contaminate dalla loro bellezza. Così i turcomanni hanno sopraffatto i Rajput, che sono poi ricomparsi per essere sconfitti nuovamente e trucidati dai Moghul, con inevitabile sati collettivo di tutte le mogli, pronte al suicidio rituale pur di non cadere nelle grinfie del nemico, che le ha comunque celebrate in una delle tante steli davanti alle grandi piscine serbatoio che costellano gli spazi aperti tra i palazzi. In qualcuno puoi osservare pareti coperte di iscrizioni, addirittura è segnalato che qui figura in una scritta risalente al IX secolo, il primo zero, della storia della matematica, un cerchietto da nulla che racchiude però un concetto astratto talmente straordinario ed importante da sconvolgere tutta la storia della matematica, partito dunque da qui e traslato poi alla cultura araba e giunto infine a noi nel tardo medioevo. Stai seduto su queste antiche pietre a guardare la perfezione di questi muri, di queste statue imponenti, di queste linee che si estendono in curve eleganti che hanno visto nei secoli l'alternarsi di forze opposte di distruttori e di costruttori, di volta in volta a scambiarsi e sostituirsi. 

Interno del Sas Mandir
C'è davanti a me un gruppo di anziani in visita, sono sigh dai gonfi turbanti, vesti blu ed imponenti barbe bianche, anche loro certamente a guardarsi intorno meravigliati da tanta imponente bellezza, ma a te che vieni da un altro mondo, sembrano soltanto gli abitanti naturali di questo posto, che ne completano l'essenza iconografica, devono solo levare al cielo lunghe scimitarre che di certo avranno nascoste al loro fianco e lanciare alto il loro grido di battaglia di guerrieri Rajput pronti a sacrificarsi pur di non lasciare il loro regno al nemico. Ecco ora levano la mano dalle pieghe del mantello, ma non è una lucida spada quella che si alza nell'aria. Il luccichio del metallo sul quale il sole rimbalza è però quello di un iPhone, seguito dalla richiesta imperiosa di un selfie al nostro fianco, che qui siamo noi il quadro esotico. Ci aggiriamo ancora a lungo tra i palazzi all'intorno, mirabilmente conservati per la verità e nel piccolo museo contenete la statuaria induista non abbandonata alla furia del monsone, poi su un'altra balconata lontana bisogna fermarsi ancora. Qui sorgono due splendide gemme, i due piccoli templi di Sas Bahu, erroneamente indicati  come suocera (Sas) e nuora (Bahu), mentre in realtà si tratta di una semplice assonanza con uno dei tanti nomi di Shiva. Queste due piccole costruzioni sono davvero due splendori architettonici, dalla struttura complessa ma elegante e sia all'esterno che all'interno completamente ricoperti di magnifiche sculture, grandi bassorilievi, rosoni ricavati in positivo dai soffitti di pietra e capitelli di complessa fattura. Davvero difficile staccarsi dall'osservare fin nei più minuti particolari il lavoro di queste schiere di artigiani, scalpellini, scultori che hanno lavorato qui per anni e anni. 

Sikh
Un thirthankara
Puoi lasciarli solo per buttare l'occhio per un'ultima volta al di là delle mura, nella valle, per abbracciare il panorama completo della città ai tuoi piedi. Poi puoi prendere la strada che scende la collina dalla parte opposta fino alla porta Urwahi e qui realizzerai l'ennesima stupefacente visione. Lungo la stretta scarpata che raggiunge la valle tra rocce a picco, per centinaia di metri si mostra una serie che ti apparirà infinita, di grotte e rientranze nella roccia nella quale sono scolpiti decine e decine di templi giainisti. Cerchi di lasciare la macchina in qualche slargo nel quale sia visibile ed eviti di essere centrata da qualche altro mezzo di trasporto che, disinteressato a tanta bellezza percorre la discesa con una certa baldanza e poi ti infili, un po' faticosamente a piedi nel fossato che porta alle grotte dove ti sentirai immediatamente sovrastato dalle statue colossali, anche una quindicina di metri di altezza, dei 24 Thirthankara, i santi del giainismo, monoliti scavati a tutto tondo nella roccia tenera, in molti punti ricoperti dal muschio che la forte umidità della zona fa crescere a dismisura sulle statue. All'interno delle grotte ancora altre statue, sedute, coricate, colonne e capitelli di animali, processioni di offerenti e danzatrici ricoperte da veli. Gli occhi senza luce dei santi guardano l'infinito perduti in un vuoto dato dalla mancanza di sensazione, niente sofferenza, nessun doloroso piacere, solo il nulla pneumatico dello stato di rinuncia ottenuto con l'ascesi, la meditazione, la mortificazione del corpo, la nonviolenza, per oltrepassare con l'esempio dei siddha (i perfetti) lo stato di Samsara, la ruota della reincarnazione. Meditate gente, meditate. Noi intanto andiamo, che è tardi.

Le grotte giainiste

SURVIVAL KIT

Il forte
Gwalior - Città del nord del Madya Pradesha a circa 100 km a sud di Agra e 300 km ad est di Jaipur che conserva eccellenti vestigia storiche ed architettoniche. Nella cittadella sulla cima della collina si possono visitare: il famoso forte ricoperto di maioliche blu (Chit Mandir), e i molti palazzi che sorgono intorno, il ManSingh Palace, il Gujari Mahal e molti altri con larghi occupati da piscine e serbatoi per l'acqua. In un altro palazzo, all'ingresso, piccolo museo di statuaria. Da vedere i templi di Sas Bahu perfettamente conservati del X sec. e il Chaturbhuj temple del IX sec. che contiene in una iscrizione il primo zero scritto della storia. Uscendo dalla Porta di Urwahi troverete una serie di giganteschi monoliti scavati nella roccia ed una serie di caverne scolpite di religione giainista. Ingresso 250 Rp + 25 per macchina fotografica.

Il Sas Mandir

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