lunedì 29 luglio 2019

Central India 32 - I palazzi di Orchha


I gath di Ochhra

Portale
Visitatrici
Ochhra di giorno è ancora maggiormente ammantata di quel fascino esotico da libro della jungla, che durante la notte, quando fantasie oniriche te la colorano di antichi bagliori di regge e di maharaja. In effetti la città è contraddistinta più dalle antiche ed imponenti costruzioni che giganteggiano, visibili dovunque, dominando gli spazi alti, piuttosto che dalle case basse e spesso misere che riempiono gli spazi intermedi, vivendo esclusivamente della personalità riflessa di un grande passato. Il presente è invece scarno e senza lode, un vivere in funzione di quello che c'è alle proprie spalle, campandoci e poco aggiungendo di proprio. Quasi tutti i palazzi ed i templi nella loro attuale struttura sono stati costruiti dalla dinastia Rajput dei Bundela tra il XVI e il XVII secolo e successivamente caduti in un progressivo abbandono durato quasi quattro secoli che li ha fatti arrivare fino a noi in uno stato di splendida decadenza, con le pareti annerite dalla muffa, con gli intonaci che gradualmente si sbriciolano alle intemperie con le sagome dei Chhattris, i piccoli padiglioni coperti, sorretti da eleganti colonnine, le cui sagome disegnano lo skyline della città, ricoperti dal guano dei piccioni o spesso dei giganteschi avvoltoi che li hanno scelti a luogo privilegiato di nidificazione. Una atmosfera da città morta dall'imponente splendore, abitata da una discendenza miserevole che ne occupa senza vergogna, spazi nascosti, anfratti cadenti, porticati che avevano visto splendide processioni e che ora ospitano gommisti e ciabattini affamati.  

Balconate
Soffitti
Conviene comunque partire dalla cittadella e dal suo insieme imponente di palazzi abbandonati che dominano tutto il resto della città da una posizione di vantaggio. Questo Jahangir Mahal era di certo una dimora elegantissima oltre che immensa e rappresenta di certo lo splendore del suo re, il già citato Raja Bir Singh Ju Deo, che la volle edificare a testimonianza della ricchezza del suo regno. E' mattino presto ed i pochi visitatori presenti a quest'ora sono costituiti da gruppetti di locali, famiglie con qualche bambino al seguito che si perdono subito nel susseguirsi di cortili e spazi interni che scandiscono le parti del palazzo e degli altri racchiusi nelle cerchia di mura. Devi camminare molto lungo corridoi infiniti che ti fanno sbucare in grandi stanze dai soffitti dove ancora indovini le tracce dei raffinatissimi affreschi che si stanno consumando sotto l'attacco dell'umidità. Ripide scalette ti portano a terrazze dalle quali vedi il fiume lontano e le case dei quartieri bassi sovrastate da una nebbiolina rosata, dalla quale sorgono le cupole ardite delle costruzioni più lontane. Poi scendi a quello che appare come un livello inferiore dove trovi vasche lobate dove bellissime concubine si bagnavano al suono dei cembali, spiate dal sovrano che passeggiava nelle logge superiori. Passi una porta e te le trovi davanti con i loro sari che frusciano sul terreno granuloso del cortile e invece sono solo un gruppo di studentesse che si spingono per varcare anch'esse quella soglia segreta che porta ad altri ambienti, ad altre bellezze. 

Laxmi mandir
Non riesci a distinguere ormai tra palazzo e palazzo, quella di una regina o di altri re che si sono succeduti, ognuno volendo lasciare ai posteri la testimonianza del proprio amore del bello; ma che portali magnifici, che colonne sormontate da elefanti, balconi dai parapetti scolpiti, finestre disegnate in mille archi e volute, cupole ardite, spioventi ridondanti e barocchi, dipinti che appaiono all'occhio come miniature. Davvero qui c'è da vedere molto, ma forse più ancora fermarsi in qualche punto più topico, una balconata sulla valle, una finestra su un cortile interno e lasciarsi cullare dalla sensazione di un ritorno temporale che faccia rivivere quell'epoca lontana, coi suoi fasti, le sue cacce alla tigre, forse alle sue crudeltà. Questo è il fascino più profondo dell'India, a cui difficilmente si riesce a rimanere insensibili e che proprio Orchha, la "città nascosta", questo è il significato del suo nome, forse grazie anche a questo suo vantaggio di essere un po' tagliata fuori dalle principali direttrici turistiche, riesce a dare. Ma c'è ancora tanto da vedere. Un balzo e raggiungi, esattamente dall'altra parte della città un poco isolato e decisamente al di là degli ultimi quartieri, posto su una collinetta che lo rendeva visibile da lontano, ecco il tempio di Laxminarayan dalla struttura strana e inconfondibile, una quadrato esterno di porticati che racchiudono uno spazio interno in cui è costruito il rombo che racchiude la parte interna del tempio, quasi un labirinto in cui aggirarsi per raggiungere il sancta sanctorum, dalle forme ordinate tanto da apparire rinascimentali, non fosse per gli orchi e le volute orientali che ne definiscono i  margini.

Soffitti
Il suo strano schema costruttivo, con le sue mura esterne protette da torri angolari che simulano bastioni, potrebbe rimandare all'idea di una fortezza pronta a proteggersi da assalti nemici e forse a quell'epoca gli attriti tra gli invasori islamici e la religione Hindu erano realtà consuete, ma poi ti perdi ad ammirare gli affreschi che ricoprono pareti e soffitti, le storie ed i tanti temi mitologici dell'induismo militante e dell'epopea guerresca dei guerrieri Rajput. La cella interna del tempio, al contrario contrasta decisamente con la ricchezza progettuale esterna; una camera sacra molto semplice dalle pareti scabre e bianche con un altare rozzo e quasi primitivo, su cui vedi qualche offerta, fiori e lampade votive, veli colorati e trasparenti con figure danzanti. Un solo sacerdote riposa in un angolo senza darsi troppa cura dei rari visitatori. Un luogo che appare comunque come misterioso, forse per le sue forme inusuali a quelle dei templi a cui questa religione ci ha abituato. Ma nella zona più centrale della città troneggia il tempio forse più spettacolare per dimensioni e maestosità, il Chaturbhuj, a cui si accede tramite una maestosa scalinata. Il tempio si eleva soprattutto in altezza dato che la parte centrale è costituita da una colossale sala alta diverse decine di metri attorno alla quale partono ripide scalette che portano al terrazzo superiore su cui si elevano ancor più maestose le cupole e i vimana. L'aspetto di tutto questo è davvero maestoso, pare di essere in una delle grandi basiliche cristiane, guarnite con quella atmosfera di decadente rovina che ti fa temere crolli rovinosi ad ogni passo. 

Scale interne
Seguiamo Ranjiv, finto studente che per la modica mancia di 200 Rp ci mostra i meandri segreti, le scale nascoste, i passaggi più esclusivi che consentono di vedere dall'alto la bellezza di questo edificio dedicato a Lord Rama, il personaggio dio protagonista del Ramajana il più famoso poema religioso indiano. Le scalette interne, scavate nel cuore vivo delle pareti sono faticose a salire, attenti alla testa è il ritornello continuo. Negli anfratti più nascosti ogni sventagliata della torcia mette in movimento frusciante centinaia di minuscoli pipistrelli appesi nella parte più alta delle volte. Qualche squittio, qualche frullo d'ala e poi appena torna il buio, di nuovo il silenzio in attesa della notte. Poi la spettacolare vista dall'alto delle terrazze, tenendoti stretto alle pareti che la mancanza di parapetti mette timore anche a buttar giù l'occhio. Ranjiv non smette di raccontare di morti raccapriccianti di turisti sconsiderati che non volevano ascoltare le sue raccomandazioni, precipitati dall'alto e spiccicati decine dimetri più sotto, un americano l'anno scorso, due inglesi due anni fa.  Comunque c'è poco da dire questo è un posto davvero imperdibile e da qui, dall'alto, puoi vedere in tutto il loro splendore i quattordici Chhattris, mausolei monumentali, ognuno dei quali di per se stesso un palazzo completo, allineati ordinatamente vicino ai gath sul fiume Betwa e circondati da giardini verdi all'italiana, le cui aiuole sono circondate con precisione, da siepi rettilinee che ne scandiscono le quadrature. 

Avvoltoio
Aggirarsi tra queste costruzioni, in molte delle quali è addirittura vietato entrare, men che mai salire le scalette interne, chiaramente pericolanti, scavalcando pezzi di intonaco caduti dai soffitti ed evitando le tante vacche che vengono a trovare riparo qui dentro, è un'altra esperienza che trasla nel tempo più che nello spazio. I Chhattris riflettono le loro sagome imponenti nelle acque del fiume, scimmie dispettose ti guardano dai muretti che circondano la piazza; dalle cime delle cupole giganteschi avvoltoi, ruotano attorno i loro colli rognosi, guardando in basso dal bordo dei loro grandi nidi, forse aspettando prede appetibili o carogne abbandonate o forse solo immondizie marcescenti. Vicino alle scalinate che scendono al fiume, quasi deserte di fedeli, altri due magnifici templi dalla struttura complicate e fascinosa, fortezze squadrate dalle mille finestre e dalle cento aperture nelle quali è vietato entrare. Dalla quantità dei calcinacci sparsi all'interno capisci subito il perché. Sul gath sul quale si affacciano, un gruppo di uomini e donne sta togliendosi i sari ed i kurta bianchi per potersi bagnare nel fiume. Le donne si coprono alla meglio e gli uomini si stringono nei corti dothi intorno alla vita.  Il consueto spettacolo di quasi tutti i corsi d'acqua indiani, dove questo liquido che scorre è sempre una epifania della pulizia, del lavacro mistico che santifica i corpi e certamente ancor di più le anime. Gli avvoltoi si lanciano nel vuoto senza neppure un battito d'ala, veleggiando nell'aria senza rumore, quasi la preda, sebbene morta si possa spaventare.  Orchha, la città nascosta ha lasciato il segno. 

Tempio 
SURVIVAL KIT

Cose da vedere a Orchha:

Il Chaturbhuj
Cittadella con i suoi palazzi (ing. 300 Rp.) - Jahangir Mahal, il più importante, Rai Praveem Mahal, costruito per una poetessa amante del re, molto elegante, Raj Mahal coi due cortili rettangolari e il Diwan-i-Kaas,magnifica sala delle udienze all'aperto in marmi bianchi e Rani Mahal con le sue magnifiche pitture. Calcolate che in generale le stanze più belle vengono tenute chiuse e che nelle vicinanze c'è sempre qualcuno che dietro mancia (20/50 Rp.) ve le aprirà. Nella città altri palazzi e Haveli, residenze dei ricchi commercianti.

Tempio Ram Raja, moderna costruzione ricavata da un palazzo nella zona del mercato,generalmente molto affollato dal quale attraverso una scalinata si accede al Tempio Chaturbhuj, il più imponente della città, ingresso gratuito, ma calcolate una mancia per farvi accompagnare su per le scale interne. Attenzione a non cascare giù dal tetto.

Tempio Laxmi Narayan, Ben visibile sulla collina di fronte raggiungibile anche attraverso una via sacra lastricata di circa un chilometro che lo collega al precedente. Architettura molto particolare, ingresso libero.

Chhattris
I 14 Chhattris - Imponenti mausolei in un grande giardino sulla riva del fiume nella zona dei Gath. La maggior parte non è agibile ed è pericolante.Negli altri non è possibile accedere alle parti superiori, ma si tratta comunque di un colpo d'occhio notevole. Sulla riva del fiume cisono ancora un paio di templi squadrati assolutamente notevoli.

Per il resto potete passeggiare per la città ed il suo mercato, la parte più viva ed interessante. In generale (specialmente al mattino ed alla sera, ore in cui le atmosfere e le luci sono straordinarie soprattutto per i fotografi) incontrerete pochissimi turisti. Datemi retta, la città deve essere tassativamente inserita in ogni itinerario, tra Varanasi, Kajuraho e Agra.


Jahangir Mahal

Cortile
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