mercoledì 16 novembre 2022

São Tomé 17 - Santa Catarina

Santa Catarina


Il cippo del primo approdo

 Dopo Monte Forte la strada corre lungo la riva del mare, mostrando ancora sabbia nera con l'onda lunga dell'Oceano che la percuote. A sinistra la scarpata della montagna, che sale subito verso i contrafforti del Pico che, in linea d'aria, con i suoi 2000 metri di altezza, non dista più di cinque chilometri, ma rimane nascosto tra le nuvole basse che si avvolgono alla cima come per proteggerne le balze selvatiche. Di tanto in tanto la vegetazione, che nella sua ansia di prevalere sull'uomo che cerca di combatterla a sua volta, lascia spazio alla nuda pietra, che qui si rivela come nero basalto, spesso in verticali formazioni a canne d'organo che discendono ordinatamente verso il basso come fossero opera volontaria di un mirabile scultore e non il prodotto della furia casuale degli elementi che hanno costretto la potenza del vulcano, prima affogate nelle profondità della terra, lasciandole riemergere poi, quando la loro smania effusiva si fosse calmata. Poi la strada curva attorno ad una specie di ansa che delimita una zona piatta e riparata che poteva costituire in passato una sorta di approdo. Tra  un bosco di grandi alberi ci si muove fino alla riva dove sorge un cippo, una colonna sormontata da una piccola croce azzurra, forse un tempo simbolo orgoglioso di conquista, oggi semplice ricordo storico. Qui al Padrão dos descobrimentos, come ricorda uno sbiadito cartello, il 21 dicembre 1570 i navigatori portoghesi Pêro Escobar e João de Santarém posero piede sull'isola per la prima volta decretandola portoghese a tutti gli effetti per i successivi 400 anni e cominciandone la storia. 

Il tunnel
Non c'è nessuno in giro, ma Jimby assicura che nei giorni di festa qualcuno viene fin qui a fare picnic sulla riva, infatti la zona è attrezzata con qualche tavolo un po' malandato, ma qui bisogna essere cauti con i giudizi perché all'Equatore gli elementi atmosferici hanno la sgradevole tendenza a consumare tutto con straordinaria rapidità. Subito dopo comincia la Roça Diogo Vaz, il recente insediamento che ha ottenuto dal governo una concessione di circa 3000 ha per produrre direttamente sull'isola cacao e di conseguenza cioccolato di altissima qualità, ultrabiokmzeroorganico, che meglio non si può, in linea con le richieste del tempo e, come già detto, a prezzi stellari. Non so quanto paghi i suoi lavoratori, fatto sta che le abitazioni sembrano né più né meno quelle tradizionali delle altre roças, solo la casa padronale, dove sembra stia il responsabile dell'impianto, è stata adeguatamente restaurata e l'ex ospedale, un edificio con una sua valenza architettonica particolare in cui si notano interessanti caratteristiche costruttive coloniali, come la serie di archi alla base che sfruttavano la corrente d'aria per rinfrescare, attualmente è la scuola del paese. Sulla scalinata di accesso, stazionano, tra allusivi murales, molti ragazzi delle superiori. E' probabilmente il cambio con il turno pomeridiano e altri gruppi arrivano dall'erta sassosa che sale dal basso dove ci sono i magazzini e le serre di essiccazione, mentre altri vanno via probabilmente alla ricerca di qualche mezzo di trasporto per avere un passaggio fino a casa. Diversamente si sobbarcheranno qualche chilometro che nel chiacchiericcio degli adolescenti non peserà più di tanto. 


Tra le case

Quali saranno i sogni di questi giovani che indossano zainetti sdruciti sulle magliette colorate, di queste ragazze dalle acconciature curatissime ed elaborate in architettoniche volute di treccine arricchite da extension dorate o d'argento? Difficile a dirsi. Sicuramente l'attrazione verso il mondo esterno sarà forte, le icone che appaiono nei programmi televisivi, sono piene di vestiti traslucidi, ville hollywoodiane e macchine potenti, seppure conditi da una musica trap afro, che probabilmente domina dalla vicina area guineonigeriana. Le opportunità al momento fornite dall'isola sono veramente poche per far sognare a ragazzi che si impegnano a studiare di rimanere qui a costruire qualche cosa di nuovo. Di certo appare distante l'immagine di questi giovani, dalle donne che gli stessi incrociano lungo la pista e che la risalgono con il sacco di fave di cacao sulle spalle ed il machete in mano. Sarà una transizione non facile, credo. Poco dopo, un piccolo promontorio roccioso presenta un'altra curiosità, che non sarebbe tale in un altro luogo che non fosse questo. La strada infatti, invece di compiere un'ampia curva per superarlo, penetra la pietra nera con un brevissimo tunnel di qualche decina di metri per proseguire diritto verso Santa Catarina. In effetti corto o lungo che sia, questo è l'unica galleria presente nello stato di São Tomé e rappresenta pertanto una innegabile curiosità rimarcata da tutti e pertanto segnalata in tutte le guide. La lunghissima fila di palme che, subito dopo, formano un viale ininterrotto, producono montagne di cocchi che qualcuno ordinatamente ha ammonticchiato sulla riva del mare e offre ai rari passanti mostrando, con rapidi colpi di machete, come aprirli e potersene servire per calmare la sete. 

Santa Catarina

Ancora un paio di chilometri ed eccoci tra le case di Santa Catarina che si allineano lungo la strada. E' un villaggio di pescatori di origine angolana, insediatosi qui da tempo, sulla marina della Roça omonima ormai in disuso. Gli Angolani non hanno mai amato il lavoro di piantagione e quando hanno potuto, o per la dismissione delle stesse o attraverso sanguinose ribellioni, vi si sono sempre sottratti, preferendo il pescosissimo mare che percorrono con le loro piccole piroghe. Sulla lunga spiaggia sassosa ce ne sono a centinaia, tirate a riva per sottrarle alla forza della marea che risale fino al muracciolo che la separa dalla strada. Quasi tutte esibiscono anche una piccola vela fatta di tele di recupero. Tutto attorno schiere di bambini e di maialini grufolanti in cerca di cibo. Al centro del paese, dove la strada si allarga in una specie di piazzetta, c'è una piccola folla che circonda i pescatori da poco approdati che esibiscono ceste piene di cefali, tonnetti e aguglie, alcune lunghe oltre un metro. La maggioranza delle magliette indossate dagli astanti porta scritte elettorali, segno che la recente campagna, si è votato da poco più di un mese, non è ancora stata dimenticata del tutto, come recitano ancora gli striscioni che invitano a recarsi alle urne. Le magliette formano un vero e proprio caleidoscopio di colori a rappresentare i vari partiti, pare undici, ma solo un paio si disputavano realmente il potere, e portano bene in vista il nome del partito o del candidato che evidentemente ha sponsorizzato l'operazione, evidentemente utilissima visto che ha fornito un capo di vestiario nuovo di zecca. Che poi i beneficiari abbiano votato effettivamente il candidato a cui ufficialmente fanno pubblicità, è tutto da vedere. 

Acconciature

Ricordo una analoga situazione in Mozambico, in cui gli abitanti di un villaggio correvano a togliersi la maglietta di un candidato non appena vedevano arrivare da lontano la scia polverosa delle macchine del candidato avversario, portatori evidentemente di altri graditissimi capi di vestiario! Anche sulle baracche si vedono ancora manifesti e faccioni sorridenti, sottolineati dagli slogan della campagna appena finita. Mi sembra che anche qui tutto il mondo sia paese e che la distanza della gente dalla politica sia decisamente comune a quella di moltissimi altri ambiti, in sostanza il mood che circola è: cerchiamo di approfittare perché appena finito le elezioni, spariranno tutti e non li vedremo più per cinque anni. Intanto alle fontane pubbliche le donne con le taniche gialle fanno gruppetto, qualcuna, le più belle come è naturale, ansiose di farsi fotografare, le altre, infastidite, che si negano all'obiettivo. Qui si parla il dialetto angolano e quindi anche la comunicazione è più ridotta del solito, ma basta mostrare la macchina fotografica con allegato un ammiccamento per capire se la cosa è gradita o meno. Sarebbe sciocco insistere quando in ogni caso ci sono un sacco di occasioni a disposizione. Subito dopo il paese, la strada dovrebbe superare il rio Formica per terminare definitivamente dopo un altro paio di chilometri perdendosi nella foresta primaria di quella parte dell'isola che ha resistito all'avanzata presuntuosa dell'uomo. Un vero muro verde che scende dal monte fin sulla riva del mare che lo lambisce in un abbraccio morboso e inseparabile. 

Il rio Formica

Oltre ci sono solamente le spiagge dorate e completamente deserte del sud, irraggiungibili da questa direzione, per godere delle quali occorrerà compiere il periplo completo dell'isola.. Ma appena arrivati al fiumiciattolo senza pretese che appare solo come un rigagnolo che emerge dalla foresta, ecco un'altra sgradita sorpresa. Lo scorso anno, dopo un periodo di intense piogge, dalla montagna è arrivata una fiumara di fango e pietrisco che ha spazzato via tutto, compreso il ponte stradale e le poche case all'intorno portandosi via anche diverse vite umane. Il manto d'asfalto che pure era un teorico susseguirsi di buche fangose, è rimasto lì, abbattuto il pilone centrale, abbandonato sul greto, tre metri più sotto; come dopo un bombardamento, l'acqua a poco a poco, ha portato via il fango e per grazia forse non dovuta, è stato messo un cippo in mezzo alla strada che impedisca ai mezzi che inconsapevolmente arrivino fino a lì di proseguire oltre e inconsapevolmente di cascare di sotto. Naturalmente non c'è nessuna previsione di ripristino e quelli che abitano al di là, di certo ci sono molte capanne sparse nel bosco, devono calarsi giù dalle macerie, con le masserizie sulla testa o legate a corde di fortuna, guadare il torrente se c'è poca acqua e risalire infine dall'altra parte, tanto ormai le elezioni sono finite e rimangono solamente le promesse da mantenere. Per i ragazzini lì attorno è un gioco, mentre poco più in là sul greto, le donne lavano panni che poi stendono sugli arbusti vicini sperando che esca il sole, mentre la vita continua come è sempre stato in Africa. Non sarà il ponte a mancare. Per noi è ora di girare l'auto e ritornare verso Neves.

Campagna elettorale

SURVIVAL KIT

Sulla riva

La costa nord.ovest - Questo tratto di costa fa parte del cosiddetto giro del nord, in quanto non è possibile da questa direzione raggiungere le più belle spiagge situate nella zona sud dell'isola. In effetti anche senza l'interruzione causata dal crollo del ponte, la strada finisce subito dopo Santa Catarina. Il paese è grazioso e merita una sosta. Lungo questa strada panoramica a sud di Neves di meno di 20 km, potrete vedere lunghe spiagge deserte di sassi e sabbia nera, rocce basaltiche e faraglioni che delimitano insenature idilliache, mentre è possibile visitare verso monte alcune delle Roças più note, altre al monumento che ricorda appunto il primo approdo dei portoghesi sull'isola. 


Alla fontana


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