venerdì 25 novembre 2022

São Tomé 23 - Ilhéu das Rolas

Sao Tomé - Ilheu das rolas - Praia Cafè


La mamma di Didi
Mamma mia, quanta acqua durante la notte! Ha cominciato verso le 11 e poi ha continuato a secchiellate in stile monsonico, tanto è vero che non si è fatto vivo nessuno per le tartarughe, o sarà che anche loro, quando piove non vanno al bar o i ragazzi se ne sono stati rintanati nella loro casetta. Comunque sbrigata la pratica colazione che tra frutta e uova e un thé a base di citronella del Gabon, è sempre una  bella cosa e poi sulla terrazza davanti alla spiaggia è assolutamente priceless, ci si guarda intorno per vedere come si sta mettendo il tempo questa mattina, mentre la sfilata delle palme appare come spettinata dal vento dell'alba, mentre ogni tanto senti il tonfo sordo di un cocco che casca da una ventina di metri di altezza, ricordandoti che bisogna sempre guardare per aria prima di trovare posizione sulla spiaggia. In effetti il cielo è ancora piuttosto imbronciato e sembra gocciolare ancora un po', ma uno squarcio tra le nuvole sembra propendere per il bello ed il ragazzo che arriva in moto conferma che si tratta di giornata ideale per trascorrere una giornata all'Ilheu das Rolas, l'isolotto che sta proprio di fronte al promontorio più a sud dell'isola. Seguo la motocicletta che mi fa strada fino a Porto Alegre, dove si trovano le barche. ma la pista, dopo la notte di pioggia torrenziale è una fangata tremenda, per cui procedo con molta calma per non finire in qualche buca profonda senza riuscire a tirarmi fuori. Il tizio mi aspetta, tanto non vorrà certo lasciarsi scappare il cliente. Lungo la stradina, di tanto in tanto incrociamo gruppetti di donne o di ragazzi che vanno verso il bosco coi machete il mano, evidentemente strumento base di ogni lavoratore che si rispetti. La sensazione comunque è che piova o no, la vita va avanti nello stesso modo, calma e tranquilla, leve leve, come si dice da queste parti. 
La sorella di Didi

Finalmente si arriva al porticciolo, dove parcheggio la macchina dietro ad una baracca che fa servizio bar, dove stazionano un gruppetto di ragazzi in attesa che la giornata passi in qualche modo. Mi dicono subito di star tranquillo che la macchina non la tocca nessuno e che comunque ci sono loro di guardia, ehehehe. Scendiamo sulla riva dove un barcaiolo è lì che aspetta con occhio poco vivace; sta svuotando il fondo dell'acqua che la pioggia della notte ha accumulato, con un ingegnoso attrezzo autocostruito tagliando la parte inferiore di un contenitore di plastica da candeggina, con tanto di tappo e manico che funge da comodo svuotatore e non appena ci vede comincia a spingere la barca in acqua, dove noi saliamo con la classica agilità dell'anziano saltafossi. Calzato un classico giubbotto salvagente rosso di fortuna, tipo barcone libico in avaria, il naviglio prende il largo non dopo aver preso a bordo anche Didi, un ragazzotto che si è autoproclamato guida dell'isola, ma che tuttavia era previsto. In realtà avrà almeno una ventina di anni, è nato sull'isolotto, dove vive la sua famiglia e al momento è in vacanza dato che studia in città all'università specializzandosi in Turismo. Intanto il barcone parte saltando sulle onde, il motore ruggisce quando l'elica non morde l'acqua e il nostro Caronte volge la prua a sud uscendo dalla baia verso la massa di alberi che si vede lontana sull'orizzonte. In effetti siamo in pieno Oceano e l'onda del mare seppure giudicato calmo, anzi calmissimo, non è così piatto come vogliono farci credere, anzi la chiglia si innalza parecchio scavalcando le creste e poi ripiomba giù con un tonfo sordo che solleva mille schizzi, oltre a offendere ritmicamente i miei poveri dischi intervertebrali, già duramente provati dall'età e dall'artrosi alessandrina, sindrome mandrogna tipica. Per un marinaio come me ce n'è già di troppo, mentre il nostro capitano, tiene la barra distrattamente con una gamba, dato che evidentemente la giornata è senza problemi, infatti quasi magicamente le nuvole si aprono ed il sole comincia a premere sul collo. 

Il sentiero nella foresta

Dopo una mezzoretta di culate sul duro asse traverso su cui ci siamo accomodati, arriviamo al piccolo molo dell'isolotto di circa un chilometro di diametro, dove vive un centinaio di persone con un piccolo albergo aperto solo in stagione, ma che ha la caratteristica fondamentale di essere attraversato dalla linea dell'equatore. L'isola delle tortore è davvero uno di quei luoghi dove il mondo sembra essersi fermato. Il paesetto è fatto di una cinquantina di baracche di legno dei pescatori che campano dei pesci della baia e dei proventi che l'ancora scarso turismo porta fino a lì, oltre al lavoro dato dall'albergo Pestana aperto solo in stagione. In questo periodo sembra riposare in una letargica sonnolenza che si risveglia solo di tanto in tanto con l'arrivo di qualche barca da terra. Un gruppo di bambini accorre in cerca di spillare qualche caramella, ma senza troppa insistenza se ne va subito a giocare nell'acqua calma della spiaggia che circonda il porticciolo, Noi risaliamo la stradina che taglia al centro le case, passiamo davanti all'abitazione di Didi, con la madre che salta fuori ed alla quale ordiniamo il pranzo, una routine, anche questa decisamente prevista. Il sentiero esce appena dietro le case in un bosco fatto prevalentemente di banani e sale verso il centro dell'isola, una specie di monticello alto un centinaio di metri o poco più sul mare. Ma non si tratta di una foresta troppo fitta e ci si può passeggiare tranquillamente guardandosi intorno mentre si sbuffa quando il sentiero sale più ripido. Ogni tanto incontri una capanna, qualcuno che tenta di proporre semplici souvenir di un artigianato casalingo e naif, oppure offre un cocco da aprire a colpi di machete. Didi ne raccoglie un paio, la foresta ne offre ad ogni angolo, poi con qualche colpo ben assestato li libera della scorza, li buca sulla cima ed ecco lì la dolce acqua che disseta e nutre al tempo stesso e chissene importa se la glicemia salirà, semel in anno... 

La linea dell'Equatore 

Poi finito il succo, con un colpo si spezza il duro involucro ed utilizzando una scaglia resa affilata della scorza, si raspa la polpa bianca ancora morbida e grassa. Che buona! Capisco bene che il piacere va bene al di là del gusto reale, della qualità intrinseca di ciò che stai ingoiando, ma è l'insieme esotico del gustare quella polpa dolce e saporosa, raccolta nel folto del bosco, tra palme di cui scorgi appena la cima, goduta con la delizia che accompagna il raccoglitore nel suo personale chilometro zero, che è pure così apprezzato nel moderno mood del salvataggio del mondo. Dunque lasciatemi gioire serenamente. Saliamo ancora fino ad una terrazza belvedere il cui bordo privo di alberi consente un magnifico panorama sullo stretto che divide questa, piccina, dalla sua isola maggiore. Qui mani astute hanno spianato la radura ricoprendola di piastrellato tipicamente lusitano con un cippo, al centro di un grande planisfero traversato da quella che è la specialità dell'isola, la linea dell'equatore, cosa che ti permette di fare tutte le foto di rito del turista in vacanza, con un piede di qua e uno di là e le altre facezie che rallegrano i viandanti in questi casi. Poi te ne puoi stare ad ammirare il mare lontano, circondato solamente dai ciguettii della foresta e dai voli leggeri delle tortore che danno il nome all'isola. Sono uccellini minuscoli e aggraziatissimi, dal colore nocciola chiaro con sfumature azzurre che quando prendono il volo allargano le piume della coda, mostrando una sorta di strascico bianco ai lati e se ne vanno via leggere, con il loro grugare un pochino lugubre per andarsi a posare sui rami vicini. C'è un grande senso di pace quassù, il mare lontano è un acquarello di un blu intenso, la foresta respira secondo un ritmo in cui l'uomo è estraneo, almeno quello europeo, non ne fa parte anche se lo può apprezzare e sentirlo spiritualmente vicino. 

Martina

Scendiamo dopo un po' per un altro sentiero che porta alla costa, passando per un'altra radura dove qualcuno ha preparato una specie di giardino botanico con le piante endemiche dell'isola ed i loro frutti, non c'è nessuno a guardia, forse i turisti che arrivano fin qui sono così scarsi che non vale la pena di presidiarlo. Ci dice Didi che se vogliamo vederlo e approfittare dell'assaggio dei diversi tipi di banane e altri frutti che sono stati messi in bella vista su piccoli piedistalli occorre fare un'offerta, che poi qualcuno passerà a ritirare (6 Euro, capirà...). Scendiamo calpestando un tappeto infinito di grandi foglie cadute, gialle come grandi mani in decomposizione che raggrinziscono mano a mano che passano i giorni, scricchiolando al tuo passare, fino a che i giganteschi alberi di oka, quelli da cui vengono ricavate le piroghe, diventano solo più un'ultima quinta trasparente ed al di là indovini la mezzaluna dorata di una lunga spiaggia solitaria, cosparsa di rocce nere, di frammenti di lava porosa e bagnata dagli schiaffi delle onde, quella che immagini quando sogni i mari del sud. Un luogo dove restare a lungo fuori e dentro l'acqua calda dell'oceano, un brodo primordiale dove ritrovare la comunanza con quella terra madre offesa in apparenza dal tuo passare, che in realtà se ne strafotte della tua presenza insignificante, pronta a dimenticarti non appena l'onda successiva avrà cancellato la tua debole traccia nella sabbia. Mentre siamo immersi in queste elucubrazioni di filosofia spicciola di pessimismo leopardiano, seduti ad un rozzo tavolo preparato alla meglio tra le frasche, ecco arrivare la madre di Didi, con qualche altra parente, con un secchiello di pesci alla griglia, riso bollito e banane fritte, tanto per cambiare e per non stare digiuni che è cosa che non fa mai bene.


Ilheu das Rolas - da Google map

SURVIVAL KIT

Ilheu das Rolas . L'isola delle tortore a circa mezz'ora di barca a motore da Porto Alegre, unico modo per raggiungerla. Il costo della giornata piena, per due persone è di 20 € per la barca che verrà a riprendervi a sera, di 20 € per l'accompagnatore in pratica obbligatorio, mentre il pranzo optional è costato 25 €. Certo calcolando il costo della vista saotomense, vi sentirete vacche da mungere, tuttavia il posto è talmente particolare che ne vale comunque la pena. Essendo quaggiù nella parte più selvatica e meno popolata, è una meta che non si può mancare. Le due spiagge più semplici e belle da raggiungere sono Praia Cafè, vicino al paese, che potrete raggiungere nel pomeriggio con una ventina di minuti lungo il mare e Praia Bateria, una spettacolare insenatura strettissima dove la spiaggia si raggiunge scendendo da una malferma scala di legno a circa una mezz'oretta attraverso il bosco all'estremità ovest dell'isola. Sabbia dorata e luoghi assolutamente solitari dove fare il bagno che avete sempre sognato. Punto obbligato al centro la terrazza dove è segnata la linea dell'equatore. E' possibile anche seguendo il sentiero, fare il periplo completo dell'isola in due o tre ore con calma incontrando sulla costa sud Praia Juana.

Una spiaggia

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