Pico Cao Grande di Sao Tomé |
La piantagione Agripalma |
Satolli e soddisfatti si riprende la strada verso il sud selvatico e misterioso, senza esagerare dato che la strada continua buona e senza problemi almeno fino a Ribeira Peixe, a questo punto manca solo una trentina di chilometri alla nostra meta finale, quindi che vuoi che sia. Comunque il paesaggio si fa via via più bello e selvaggio, quando la strada piega verso l'interno abbandonando la costa con la sua tranquillizzante visione dell'oceano che ti accompagnava garantendoti la certezza di essere sulla giusta via. Anche le case sparse diminuiscono e proprio quando pensi di vagare verso l'interno di una foresta inestricabile, ecco che la strada comincia a presentare buche sempre più profonde fino ad abbandonarti del tutto, lasciandoti solo una traccia di pietre a fangosità varia. Eccola qui finalmente l'attesa fine della civiltà, sempre minacciata e ancora non vista davvero. Tuttavia proprio quando senti in pieno l'afflato dell'Africa madre, dal grembo misterioso e caldo che sembra volerti abbracciare nel suo spirito vitale e primigenio, ecco ancora una sorpresa, un cambiamento di fronte. Mentre il cielo a poco a poco si allarga e le pioggia cessa lasciando penetrare una luce vivida che lucida il verde circostante e lo fa brillare come di luce propria, di colpo la foresta primaria scompare per lasciare completamente lo spazio ad un altro verde, diverso e per alcuni inquietante, dove scorgi e ben evidente questa volta, la mano dell'uomo, che è di certo ritornato qui per riprendere la strada e le abitudini del passato. Terminata l'epoca coloniale classica che considerava questi luoghi solo dal punto di vista della economia di piantagione, con uno sfruttamento predatorio che ufficialmente critichiamo proprio dal punto di vista concettuale, ecco qui che ci si ritrova punto e a capo a riprenderne le fila, anche se da un punto di vista differente ma parallelo.
La selva |
La pista continua infatti in quella che è, in tutta la sua evidenza, una sterminata piantagione di palma da olio, certo anch'essa una foresta verde, ma ordinatissima e cadenzata che allunga a perdita d'occhio il suo schema a quinconce che non vede confini. Si tratta di una operazione di oltre 1000 ettari, fortemente osteggiata dalla popolazione locale, che produce anche biocarburante della società Agripalma, di cui si vedono i cartelli lungo la strada. Basta davvero pochissimo, in fondo è solamente uno schema concettuale, sempre di alberi si tratta, ma mentre fino ad un attimo prima ti sembrava di penetrare un mondo inesplorato e misterioso, in cui ti aspettavi di veder comparire tra le liane, animali selvatici e feroci, eccoti invece percorrere una sorta di viale alberato, non dico nella pianura padana, ma in un ambiente ben controllato dall'uomo. E infatti ecco gruppi di uomini che vanno al lavoro, imbracciando le lunghe aste con cui tagliare i caschi di frutti, ecco ai bordi del cammino, i mucchi già staccati in attesa di essere caricati e portati alla trasformazione, insomma l'attività umana in piena regola che usa la terra per trarne frutto, come ha imparato dall'invenzione della pratica più contronatura che sia mai stata studiata, l'agricoltura e che comunque la si voglia vedere, depaupera l'ambiente per la necessità che ha l'uomo di nutrirsi e sopravvivere e che il pianeta può sopportare solo se la sua popolazione non supera una ben determinata soglia, invece di moltiplicarsi senza fine. Altre soluzioni se non transitorie e che pospongono nel tempo il problema, non ce ne sono. In effetti una fetta consistente della zona sud dell'isola, quella che si estende tra il parco nazionale che ne occupa la parte centrale ed ovest, è stata concessa ad una società per farne questa immensa piantagione per l'estrazione dell'olio di palma. Il lato positivo è che questo ha creato lavoro per un congruo numero di persone e rappresenta una delle pochissime attività produttive dello stato.
Alla fontana |
Meditando su questa dicotomia, sviluppo contro naturalità, la strada continua in curve e controcurve, quando d'improvviso, mutatasi in un lungo rettilineo in leggera salita, ecco che tra uno squarcio di nuvole, compare una visione onirica che ti fa sembrare di essere arrivato in una terra primordiale appartenente ad ere trapassate o ad un regno fantasy popolato di draghi e paesaggi immaginifici. Dritto, come una punta slanciata verso il cielo, compare l'emblema dell'isola, l'icona stessa che rappresenta São Tomé in tutti i racconti e le immagini identificative. Solo, nero e inusuale il Pico Cão Grande si erge sul verde scuro delle palme che ricoprono il terreno circostante come un tappeto dalla trama regolare tessuta con cura. Si tratta di un camino vulcanico di pura roccia basaltica solidificatasi all'interno della bocca, che si erge solitario per quasi 400 metri sul territorio circostante. L'erosione continua del cono di terreno più friabile che lo circondava, ha asportato completamente il vulcano che lo ha generato, lasciando in vista solamente questa colonna di roccia pura che domina il territorio circostante come una vedetta identitaria e riconoscibile da ogni punto di vista. Tutte le colline che lo circondano si stendono senza ondulazioni forti, facendo sì che continuamente dalla strada si abbiamo vedute sempre diverse e magnifiche di questo paesaggio assolutamente spettacolare. Non so se in giro per il mondo ci siano molti altri monumenti naturalistici come questo, che altrimenti non saprei come definire, ma il Pico ti appare in fondo alla valle come una visone onirica che ti condiziona ipnoticamente.
Francisco |
Non riesci a distaccarne lo sguardo e quando la cima rimane per un poco nascosta da un nero cappello di nubi, ti aspetti che da un momento all'altro compaia da dietro un volo di Archeopteryx in cerca di cibo o che tra la selva di palme di affaccino triceratopi e tirannosauri inferociti. L'ambiente circostante appare insomma un poco come un set per una nuova edizione di Jurassic park. Dalla pista si distacca una strada secondaria tagliata diritta nel bosco. E' quella che conduce al centro di spremitura e al paese nel mezzo della piantagione, che ospita molti dei lavoratori. Per la verità l'accesso sarebbe vietato, ma il guardiano sonnolento che sta all'ingresso, ci fa cenno di passare senza problemi. Così ci inoltriamo per qualche chilometro tra le file regolari di palme. Passiamo l'oleificio in piena attività e raggiungiamo infine l'insediamento. Di certo non si differenzia molto dalle roças del tempo antico, anzi sospetto che sia sorto proprio sulle rovine di una di esse in abbandono, ma le baracche sono le stesse, fatte di assi di legno con l'aspetto cadente e malandato, circondate da torme di maiali grufolanti, la stessa è la fontana in mezzo al piazzale dove si affollano le ragazze a prendere l'acqua e a lavare i panni. Ci sono un sacco di bambini che giocano e che immediatamente ci circondano curiosi di novità, sperando in una cessione di caramelle, una mala abitudine invalsa dal lascito maligno del turista classico, E' quello infatti che ci si aspetta di solito dagli stranieri di passaggio. Dietro a non più di un chilometro il Pico si innalza in tutto il suo pauroso splendore. Sembra che sia stato scalato da un gruppo di ragazzi italiani, solo nel 2001, ma non ho dati certi. Sicuramente a vederlo da lontano appare come una bella palestra di roccia che invita all'impresa.
Dal benzinaio |
Le nubi grigie in questo momento lo soffocano quasi completamente, poi tra le grida dei ragazzini che lo indicano, quasi che noi lo avessimo perso di vista, si ripresenta a tratti caratterizzando questo luogo con una unicità che lo rende sempre riconoscibile. Ce ne andiamo inseguiti dal codazzo dei bimbi, facendo ancora un buon tratto nella foresta per cogliere ancora qualche scorcio, tuttavia senza addentrarci a piedi nel folto delle palme, perché ci è stato detto che è proprio qui, dove l'uomo controlla la natura e non nel mezzo del selvatico che alligna l'unico animale pericoloso di São Tomé, una specie di mamba nero di grosse dimensioni, del genere Naja, detto anche Forest cobra o Cobra di São Tomé, che può arrivare fino ai tre metri di lunghezza, dal morso mortale. Stranamente si dice che sia molto più facile incontrarlo qui nella piantagione alla base delle palme, piuttosto che nel cuore della foresta dove dovrebbe nutrirsi anche di piante di pepe selvatico. Comunque, tanto per tranquillizzarvi non ne vedremo nessuno, durante il nostro soggiorno. Qualche ragazza, con l'ultimo nato legato alla schiena sorride, mostrando orgogliosa il dolce fardello, poi riprendiamo la pista superando qualche mezzo carico di caschi di frutti della palma, rosso fuoco che sembrano stillare olio solo a guardarli. Ritornati sulla via principale, diventata adesso sassosa ed impervia, si procede a passo d'uomo senza quasi incrociare più mezzi a motore. Sul fondo di una valletta, uno slargo deciso tra le colline, offre la vista più bella del cono tra le palme, con i suoi fianchi ripidissimi che conducono alla cima piccola e tronca appoggiata al cielo come un trono di qualche divinità tribale. Alla nostra sinistra, a tratti, è ricomparsa la costa con la linea blu dell'oceano. Costeggiamo dunque Praia Grande che si estende lineare per oltre un chilometro, completamente deserta, per fare l'ultimo tratto che ci condurrà alla meta di giornata.
Leandra |
SURVIVAL KIT
Pico Cão Grande - E' forse l'attrazione principale dell'isola, posto al sud all'estremità interna della piantagione di palma da olio e svetta ben visibile praticamente da ogni scorcio della parte sud dell'isola e anche dal mare. E' possibile dai vari alberghi e alberghetti, organizzare trekking fino alla sua base, mentre per scalarlo, credo che occorra un permesso particolare considerando anche le difficoltà tecniche. Se disponete di una auto vostra potrete cercare i punti di vista migliori dalla pista principale che corre lungo la costa o tentare di entrare nella piantagione attraverso l'accesso principale ben segnalato, a circa 13 km da Sao João dos Angulares. Dite al guardiano che sta alla garitta all'ingresso che volete andare a fare una foto al Pico più da vicino e dovrebbe farvi passare senza difficoltà. Comunque attraversando a piedi la foresta e la piantagione (sempre che visa consentito) fate attenzione ai cobra. In ogni caso il Pico è molto fotogenico anche da lontano, dovete solamente dotarvi di pazienza per aspettare che non sia avvolto dalle nubi o dalla nebbia durante il periodo delle piogge.
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