venerdì 26 aprile 2024

India 16 - Keoladeo National park

Airone rosato - Keoladeo National Park - Bharatpur - India - marzo 2024

 

Oche mongole
Un centinaio di chilometri di autostrada più a nord, siamo quasi a mezzavia per Delhi, dove arriveremo stasera, il traffico è davvero intenso e si procede a scatti evitando con cura i creativi che vengono in senso inverso e le lunghe file di camion colorati e sbilenchi che occupano quasi interamente le corsie di marcia. Abbiamo schivato da qualche chilometro la famosa Fatepur Sikhri, la città morta dagli splendidi palazzi abbandonati e siamo proprio sul confine con il Rajastan e siamo proprio alla periferia di Bharatpur, un'altra di quelle piccole città, così almeno la si considera in India, dove varrebbe pure la pena di fermarsi a dare un'occhiata al suo forte, ai suoi palazzi dal moresco stile moghul, ai suoi templi sul fiume, ma non abbiamo il tempo di soffermarci così a lungo e quindi ci ritagliamo un piccolo spazio, due o tre ore, per gustare la riserva naturalistica del Keoladeo National Park, una zona umida che si estende ad ovest della città e che viene data come una delle più ricche di avifauna del nord dell'India, nonché patrimonio Unesco, cosa che è sempre una patente di garanzia. C'è parecchia gente, tutti turisti indiani e vedi subito che il sito è frequentatissimo, segno che anche qui è diventato di moda andare ad osservare la natura, cosa caratteristica delle società opulente o che comunque lo stanno diventando. 

L'organizzazione dispiegata all'interno del parco segnala che in ogni caso ci si aspettano grandi numeri di visitatori. Noi veniamo affidati alle mani o meglio alle attenzioni di Prakash, quello che possiamo definire un ranger di lungo corso, che vanta subito esperienze di accompagnatore per la BBC ed il National Geografic, non so se mi spiego. Scegliamo il giro di due ore, che consente di penetrare la riserva nella sua parte centrale e di vedere il maggior numero degli animali presenti. In effetti la strada percorre  un terrapieno che si inoltra tra le paludi che si estendono a perdita d'occhio in tutte le direzioni e dopo un poco ci si perde rispetto agli altri visitatori. Rimani quindi quasi subito in una gustosa solitudine silenziosa, tra gli acquitrini che pullulano di vita. Le specie presenti sono centinaia, sia stanziali che migratorie, che in questo periodo si stanno preparando per il lungo viaggio verso nord dove trascorreranno la pausa estiva, che qui è caldissima, dopo aver sorpassato le vette himalayane. Noti subito infatti gruppi di oche mongole che sono raggruppate dove le erbe sono meno fitte e, pur pascolando tranquille, sembrano prese da una certa eccitazione, si muovono in tondo, richiamandosi l'un l'altra. Anche le cicogne con i lunghi becchi colorati hanno lasciato i grandi nidi sui rami neri e rinsecchiti più alti e becchettano lungo gli argini. 

Daino

Non hanno più piccoli da addestrare al volo evidentemente dato che ormai tutti dovrebbero essere in grado di compiere il grande balzo quando arriverà il momento. Gli aironi invece rimangono immobili in mezzo alla palude, i lnghi colli raccorciati in esse sinuose. Ne vedi di ogni colore, grigi, grandi e magrissimi, rossi e rosati, i più grandi con un ciuffo di penne sul capo, che li fa semmbrare pernnemente spettinati, fino alle piccole egrette bianche che paiono faticare a rimanere in equilibrio sulle secche zampe nere. C'è poi una fittissima quantità di anatre di ogni tipo, germani, moriglioni e molti altri di cui dimentichiamo immediatamente il nome non appena Prakash finisce di elencarceli. Gruppi di spatole rovistano nel fango vicino alle rive in cerca di cibo, compiendo un'opera di ricerca programmata ed attenta, senza lasciare spazi inesplorati. Altri uccellini di piccola taglia, ma coloratissimi, popolano gli alberi vicini rendendoli vivi con cinquettii di ogni genere. Ci spostiamo di pozza in pozza, questa più popolata di pellicani bianchi e grassi che si muovono, litigiosi, brandendo i grandi becchi gialli come armi e gonfiando la piega sottostante, forse per affermare la propria predominanza sul tratto di terreno emerso, dove stano i loro nidi. Riusciamo a vedere anche le evanescenti e rare gru siberiane che migrano solo qui ed in una altro punto a sud della catena himalayana. 

Gru dalla testa rossa

In un'altra zona, più spettrale, pare una palude delle serie di Hanry Potter, una lunga fila di alberi neri senza foglie, segna il confine tra le acque ed è popolata da un gran numero di cormorani anch'essi così neri da confondersi con i rami stessi. Il nostro accompagnatore è attrezzatissimo e piazza di quando in quando un grande monocolo a 45 ingrandimenti su di un robusto treppiede, lo punta con cura e ci mostra qualche esemplare raro più lontano. Così ecco due gru dalla testa rossa, altri strani uccelli dai lunghi becchi che sembrano non combaciare tra di loro, ma che la natura ha selezionato in questo modo proprio perché riescano meglio a scovare il cibo adatto alla loro specie. Ma non di soli uccelli stiamo parlando, in quanto tra gli argini delle paludi non pascolano solamente mandrie di bovini, capre e bufali immersi fino al collo nelle acque stagnati, dove emergono solamente le corna arcuate e le narici, ma anche un gran numero di grandi antilopi, i sambar così comuni in gran parte del subcontinente, i timidi nilgai ed i più piccoli daini picchiettati di bianco. Insomma una bella serie di animali da osservare con calma e piacere. Certo è praticamente impossibile vedere il leopardo, che pure si dice sia presente in qualche esemplare che che si muove soprattutto di notte. 

Cavaliere

Ci sono anche pitoni di grosse dimensioni, così almeno si evince dalle foto che ti accolgono allì'ingresso, ma noi non ne abbiamo visti. Un luogo comunque interessante, nel quale potresti trascorrere ore, acquattato tra gli alberi, semplicemente a guardarti attorno. Noi intanto ci mangianmo un paio di banane, stando attenti ad evitare gli scimmiotti sempre in agguato, che hanno la turpe abitudine di saltarti vicino e se distratto, rubarti occhiali, cappelli e macchine fotografiche, rifugiandosi poi sugli alberi vicini e strepitando fino a che non si effettui lo scambio tra oggetti rubati contro viveri di conforto, banane, altra frutta o biscotti. Sembra che questa abitudine sia ormai inveterata e dato che ormai tutti fanno una certa attenzione, i perfidi animaletti stanno diventando sempre più abili ed aggrssivi. Così ce ne andiamo perché se è vero che mancano meno di 200 chilometri per arrivare a Delhi, non abbiamo ancora coscienza del traffico che troverermo nei pressi della capitale. Infatti anche calcolando una mezz'oretta di fermata idraiulica e ristoratrice a mezza strada, ormai le zone di sosta autostradali sono diventate di livello europeo, con bei locali e fast food di ogni tipo e marchio internazionale, per arrivare ci mettiamo più di quattro ore. 

Gru siberiana

Man mano ci si avvicina al centro di Delhi, veniamo presi da un vortice di traffico talmente vorticoso e fitto da costringerti a procedere a passo d'uomo per lunghi tratti, quando non rimani fermo ad aspettare che ingorghi spettacolari negli incroci principali non si sblocchino, tra il trillare dei fischietti di decine di agenti che mulinando i manganelli cercanoinutilmente di sbloccare i blocchi. Comunque a poco a poco e con gran fatica, arriviamo fino a Connaught place, il vero ombelico della città vecchia, che riconosco con piacere appena percorriamo il tratto finale di Jampath road, una delle radiali che la raggiungono. E' un poco un tuffo al cuore ritrovare la prima città indiana della mia vita, quando proprio qui arrivai per la prima volta nel 1974, esattamente 50 anni fa. Mi guardo intorno e di questa enorme massa di persone che mi circonda e affolla i marciapiedi, le strade, i parchi, la maggior parte non era ancora nata. Sfiliamo quello che era allora il Jampath Hotel, già allora caro e superiore al mo budget, tanto che lo abbandonammo dopo la prima notte per un più modesto alberghetto subito dietro al colonnato della piazza. Adesso ha cambiato nome ed è stato ristrutturato in un ancor più lussuoso albergo a cinque stelle. Noi ci infiliamo nel dedalo delle viuzze dietro alla piazza, in cerca del nostro; il signor Mamlesh che ci attendeva in motorino, ci guida in vicoli tra i quali la nostra auto passa a fatica, tra tuktuk, risciò a pedali, carrettini di frutta e altre cianfrusaglie che ingombrano anche il poco passaggio disponibile, Il tempo passa ma l'India alla fine non cambia mai.

Martin pescatore


SURVIVAL KIT

Parco nazionale Keoladeo - Importante zona umida a pochi chilometri da Bharatpur; nasce da una riserva di caccia presente nell'800 e appannaggio del maharaja locale e dei suoi ospiti inglesi. Si dice che fosse così ricca che pare che appena prima della guerra in una partita di caccia il Vicerè abbia abbattuto oltre mille anantre in una sola battuta! Attualmente ospita oltre 370 specie di uccelli tra i quali anche la rara gru siberiana e una popolazione di cicogne dipinte, oltre a moltissime antilopi di diverse specie. In una visita di due o tre ore, è garantito che ne potrete avvistare non meno di 50 o 100 diverse. Il parco è sito Unesco dal 1985 ed è meta di moltissimi visitatori. Il parco può essere vistato a piedi, in bicicletta o con appositi risciò elettrici con l'accompagnamento di guide autorizzate. Ingresso 285 Rupie. Il tuktuk con la guida 1600 per due ore + mancia. Ci si può arrivare anche in treno dato che la stazione è una importante Junction tra le più grandi città della zona (Delhi, Agra, Jipur, ecc.). 

Nella vicina città potrete visitare il forte Lohargarh, il palazzo moghul con annesso museo e diversi templi tra i quali il Bankenbihari, sul fiume, che contiene la magnifica statua in marmo bianco della dea Ganga. 



Cormorani
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