giovedì 18 aprile 2024

India 10 - Al tempio

Fiorai nel tempio - Vrindavan - India - marzo 2024



Pronte una tantum a bastonare gli uomini
Sono le sei, tra poco scenderà il sole. Seduti sui gradini, respiriamo a fatica, esausti, provati da una esperienza decisamente forte. Ho male alle gambe, le ginocchia che scricchiolano, le bolle nei piedi, sono anziano, non posso èpiù permettermi queste corvé, questi fachinagi, direbbe la mia povera mamma se mi vedesse. Siamo imbrattati di ogni tipo di colore dalla testa ai piedi, però la testa è leggera, ancora inebriata dalla situazione appena vissuta, la situazione di pericolo già dimenticata, mentre il sottofondo di grida e la nebbia delle polveri colorate sfumano in lontananza e a poco a poco andrà scemando nella notte. Tutto, attorno a noi, porta le tracce della giornata di follia, di spruzzi colorati, di scie di rosso, giallo, blu. Un segno che durerà per giorni a ricordo di un momento di pazzia collettiva, che ti ricordi per un anno che la vita è anche fatta di allegria e gioia. Chi passa ci rivolge sguardi di simpatia e ci saluta con gli ultimi radhé radhé, non più gridati, ma quasi pronunciati a mezza voce, come un saluto tra reduci e senza più mani nascoste e pronte a lanciarti il loro messaggio colorato. Ragazze felici, strette alle amiche o quelli che forse sono i loro fidanzati, mi sembra che le maglie della pruderie indiana si siano un poco allentati negli anni, gruppi di ragazzi ancora esagitati che si liberano dei sacchetti di polvere oormai vuoti, per terra intorno è un cimitero di residui di ogni tipo, plastica a mucchi che andrà ad arricchire la polluzione che ha ormai avvolto il mondo ed i depositi di microplastiche provocati non certo dalla materia, ma dal suo uso maleducato.

Sfiniti

E' ora di tornare in città. Il tuktuk percorre lo sterrato tra i campi, costeggiando canali di acqua ferma, tra buche e sobbalzi. La macchina poi ripercorre adagio la via del ritorno, sfiorando un'ala di folla stanca che ha ancora voglia però di gridare e festeggiare. La voglia di divertimento non è ancora svanita. Per fortuna non circola alcool, nè altro, bastano le endorfine naturali, mi sembra, a tenere alta l'asticella. In albergo si tenta di ripulire il corpo dagli strati di colore che si sono depositati sulla pelle e che hanno superato senza difficoltà le vesti predisposte a protezione, colorando definitivamente e senza possibilità di essere un giorno mondate, mutande, canottiere e dando ai capelli tutta una serie di sfumature punk, che sembrano fatte apposta e studiate con cura dal nostro personal hair stylist. Un ricordo materialmente indelebile, almeno per le prossime settmane si direbbe. Una testimonianza partecipativa inoppugnabile. Una parca cena ci conduce a stramazzare nel letto cercando di fare attenzione. Appositi cartelli nella hall avvisano i gentili ospiti a non lordare con i colori dell'holi, la camera e soprattutto asciugamani e lenzuola, salvo rimborsare, al momento del checkout, i costi della lavanderia. Minaccia che poi si rivelerà solo preventiva e senza effetti pratici. Morfeo arriva misericordioso ad attutire l'azione dell'acido lattico, considerando il fatto che domani si ricomincia. 

Il tempio ISKCON di Vrindavan

Ci svegliamo infatti un po' intorpiditi e le nostre facce viste nello specchio, non rispondono molto alle immagini a cui siamo abituati. Diciamo avatar iconici di un momento di partecipazione attiva. La sala colazione è già piena di gente che si affolla attorno alle decine di vassoi fumanti del buffet, mentre l'aria è già pregna del sentore di spezia, di curry masala, di coriandolo che su tutto sembra prevalere. Basterebbe mettere in bocca qualche pezzo di papad o una paratha, quei piccoli pani indiani piatti e rotondi, secchi o morbidi e gonfi, che tutto sarebbe risolto; l'intero cavo orale mi rimarrebbe anestetizzato per tutto il resto della giornata, annullandomi ogni sensazione di fame, ma p un tragico destino che rifiuto e mi rifugio invece sulle solite banane ed un toast imburrato, offertomi complimentary dal cameriere che si prende pietà dopo aver notato gli sguardi sconsolati che aggiravo sulle brode ed i pastoni del buffet. Non c'è niente da fare. Amo l'India come nessun altro paese, tutto di questa terra mi affascina e ci ritornerei continuamente, ma non mi abituerò mai al suo cibo e soprattutto all'intensità delle spezie che ne fanno la sua caratteristica essenziale. Luisa dice che è una cosa genetica, non so, il fatto è che riesco a sentire il coriandolo anche se immesso in dosi omeopatiche ed il suo gusto malevolo mi rovina lo stomaco per tutta la giornata. 

Khrishna e Radha

Che ci vogliamo fare, ad ognuno la sua pena. Intanto il capogruppo di un drappello di turisti che schiamazzano vicino a noi, mi dice, con occhi sognanti, che, per tanto che cerchi, non riesce a scovare un piatto che non gli piaccia, uno più buono dell'altro, va matto per la cucina indiana, mi conferma tornando al tavolo per la terza volta col piatto pieno, beato lui e poi se ne ritorna al bancone col piatto nuovamente vuoto e gli occhi famelici in cerca di un dalh un po' più forte. Un'altra, grassoccia e con la chioma che ancora riporta orgogliosa gli spruzzi di verde del giorno prima, se lo è riempita di un pastone bianco di yogourt e verdure rosso fuoco ricoperte di chilly. Auguri, spero abbiano robuste scorte di fermenti lattici, che a lungo illuda la lor sete in via, il loro viaggio di sicuro è ancora lungo come il nostro del resto e le sorprese che riserba il perfido Monrezuma, sono sempre in agguato per il turista disattento. Intanto è ancora presto per andare a Nandgaon, il villaggio dove era nato il dio Khrisna, in cui oggi si scateneranno i festeggiamenti specificamente dedicati. Usciamo per andare fino al vicino tempio del dio, qui vicino all'albergo dove già alla mattina una gran massa di fedeli passa per un preghiera e per prepararsi alla giornata. 

Pubblicità non chiara

Percorrendo la via principale si nota tutta una grande esibizione di cartellonistica pubblicitaria, ma invece di pubblicizzare, auto o altri beni di consumo, la maggior parte degli advertising riguardano l'opera di miracolosi santoni che invitano gli adepti a sessioni di preghiera per conquistare la pace e la serenità. Promettono futuri felici, purché ci si liberi dei pesi che ci legano alle quotidianità della terra, passioni, desideri, sirene di ricchezze e poteri, che ci allontanano irrimediabilmente dalla liberazione e dai quali bisogna sciogliere le catene che ci cingono, magari lasciandone a loro la fastidiosa incombenza, ma non statemi a sentire io sono un occidentale dalle idee maligne e perverse, che non raggiungerà mai in questo modo il nirvana, questo è certo. Oltretutto che reclame sono alternate ad altre che raffigurano apparati renali, non è chiarissimo a quali fini, ma ai quali non voglio pensare. Il tempio a cui arriviamo in pochi minuti, non molto grande e piuttosto recente, direi di fine '800, è già strapieno di fedeli, si fa fatica ad entrare. Lasciamo le scarpe all'esterno, come si deve, ma vedendoci un po' titubanti dul da farsi, visto che nove anni fa me le avevano rubate in Gujarat, Roshan si offre di rimanere a darci un'occhio. Entriamo seguendo la fiumana che si introduce nel tempio, circondati da gruppi vestiti di arancione che cantano le lodi al Dio. 

Il kirtam

Questa è la terra dove è nato il movimento visnuita degli Hare Khrishna, ben conosciuto anche in occidente e che probabilmente è quello che più ha contribuito all'immagine dell'India spiritualistica che ha condotto carovane di figli dei fiori da queste bande, alla ricerca vana di se stessi, facendoli perdere poi in mille rivoli di sostanze varie e vie traverse, nel tentativo di raggiungere quel miraggio imprescindibile che sta nel più profondo dell'anima. Questo, che è uno dei principali templi ISKCON ( il movimento internazionale per la coscienza di Khrishna), è tra i più frequentati dagli adepti di tutto il mondo ed è davvero splendido per il suo decoro architettonico. Completamente rivestito di marmo, tutta la parte esterna è arricchita da intarsi in pietre dure colorate che disegnano le storie della vita del dio. opere d'arte assolute di artisti sconosciuti, artigiani della pietra straordinari, come quelli che arricchivano le pareti delle nostre chiese medioevali.  All'interno invece, si svolgono di continuo le cerimonie richieste dai fedeli, dall'adorazione della divinità, alla partecipazione al Prasadam, pratica yoga in cui il cibo, ovviamente vegetariano, diventa Cibo e nutre anche l'anima. Una zona particolare viene dedicata alla cura del goshala, il luogo dove hanno riparo le vacche sacre, E' questo un aspetto dell'induismo ancora molto importante anche se nelle grandi megalopoli, la presenza di questo animale è diventato meno comune

Torte davanti alle case popolari "quasi" nuove

Qui nei piccoli paesi invece i gruppi di bovini stazionano, come sempre da millenni, per le strade, come sempre, sdraiate nei punti più impensate o alla ricerca di qualche rifiuto da ripulire, apparentemente ignorate dai passanti e dal traffico che scorre ai loro fianchi evitandole con cura e senza malanimo e devo dire, non ho notato quella magrezza scheletrica comune in altri tempi. Nei paesi di campagna poi, in ogni angolo si innalzano i cumuli ordinati, di "torte" che ogni mattina le ragazze vanno in giro a raccogliere con grandi gerle, per poi impastarle con le mani ancora fresche di giornata e metterle a seccare al sole, vero e proprio dono della vacca, anche per questo sacra, che costituirà il combustibile assolutamente gratuito per tutto l'anno, per riscaldare le freddi notti d'inverno e per cucinare davanti alla capanna. Intanto in un angolo appartato, vicino agli altari principali, gruppi di fedeli raccolti attorno a suonatori di armonium e tabla, partecipano al kirtam, il canto continuo di inni dedicati alla divinità. Il movimento frenetico delle dita sul tamburo teso accompagnano il ritmo dei mantra ripetuti per ore e probabilmente contribuiscono all'effetto ipnotico che la cerimonia ha su tutti gli astanti, L'atmosfera è in ogni caso coinvolgente, cosa che del resto abbastanza comune in tutti i luoghi di devozione, di qualunque religione si tratti. 

Intarsi nel marmo

Percorriamo a piedi nudi il lungo corridoio della sala degli altari, ricoperto di piastrelle bianche e nere che curiosamente mi ricordano la galleria di Diana della reggia di Venaria. Ma cosa vai a pensare, forse è frutto dello stordimento dei fumi di incensi e della massa di fiori delle collane che vengono messe attorno alle statue di marmo che occhieggiano da ogni nicchia, quasi a chiede fiducia e preghiera. Profumi dolci a pochi passi dal leggero sentore di marcescenza, che ricorda al fine la caducità della sostanza organica a fronte della fredda, eterna ed immobile, perfezione del marmo. La fede è tutto, crea questi luoghi come un costruttore infaticabile, li fa grandi e potenti, così che tu non distingua più se il dominio sulla mente delle folle, sia frutto del sentimento interno della necessità di trascendente o dalla capacità perversa di convinzione dei predicatori. Un bell'interrogativo. Fatto sta che la visita di questi luoghi nel pieno fulgore della loro attività, rappresenta sempre un momento  imprescindibile per capire un paese. Usciamo anche stavolta, ebbri di odori forti, con le orecchie ancora piene di suoni modulati per abituare lo spirito alle fasi meditative e percorrendo un altra folla già eccitata per la giornata appena cominciata, ritorniamo in albergo per prepararci alla nuova battaglia che ci aspetta nel villaggio del Dio Khrishna. Ci ribardiamo con le vesti di ieri che tuttavia non sono più l'immacolato camice che mi faceva apparire come una mosca bianca, anzi bianchissima in cerca di pazienti da curare, ma oramai come uno dei tanti matti sfuggiti dalle sbarre, colorato e sporco, in cerca di altre follie, di feste e di grida gioiose. Andiamo, radhé radhé!



Tanto per avere un'idea (da You tube)




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