sabato 20 aprile 2024

India 12 - L'holi di Vrindavan

Holi a Vrindavan - India - Marzo 2024



Quando arriviamo a Vrindavan, colorati come coriandoli, seguiamo la folla festante ancora ebbra della giornata. A terra ci sono i residui che raccontano anche senza parole quanto è avvenuto nel corso delle ultime ore. Tutta la strada è cosparsa di colore come una enorme tela di Pollock, il risultato di una azione generalizzata di drip painting, dove gli schizzi di un grande ed unico artista creato dall'insieme delle volontà di una folla di milioni di persone, sono sgocciolati sulla folla stessa e poi di conseguenza sulla terra che li ha accolti e fatti propri. Camminiamo lungo il corso principale della città, mentre tutti si salutano, apparentemente ancora non stanchi abbastanza. Non si lanciano più polveri. Forse tutti le hanno finite. La sera è illuminata dalle luci dei negozi e delle bancarelle. Arriviamo all'area del Prem Mandir, un grande tempio di marmo bianco dedicato a Lord Radha Khrishna e Sita Ram e mantenuto da una associazione di fedeli internazionale. L'area è gigantesca e occupa oltre venti ettari. Al centro la grande sagoma bianca, che adesso nel buio della notte è particolarmente spettacolare, essendo continuamente illuminata da un caleidoscopio di colori che cambiano a rotazione, dal rosso, al verde, al blu. Il problema come al solito è entrare. Per fortuna c'è un baraccotto dove lasciare le scarpe e poi cerchiamo di inserirci nella coda che spinge da tutte le parti per passare dalla stretta apertura. 

Prem Mandir

Ci sono ingressi separati per le donne, dato che questa ressa viene sfruttata spesso per i palpeggiamenti più audaci ed apparentemente inevitabili. C'è anche una specie di controllo attraverso metal detector, che non si sa mai, ma non capisco se si tratta di una cosa più nominale che altro. Comunque spingi di qua, spingi di là, riusciamo a oltrepassare l'arco dell'ingresso. A entrare all'interno del tempio, neanche a pensarci, la coda già incanalata in robuste transenne promette una attesa di ore e poi non so se ne valga la pena, se non sei un credente vero con la tua brava offerta in mano, di fiori, frutta e incenso, oltre che di qualche soldino, da depositare tra le mani di uno delle decine di sacerdoti che salmodiano all'interno. In effetti si sentono arrivare canti e musiche, mentre l'alto vimana centrale, la pagoda che i sacri scritti dei Veda, assimilano per la forma alle navi spaziali che hanno visitato il pianeta migliaia di anni fa, e tutta la serie degli archi marmorei si colorano di arancio vivo. La gente che ha rinunciato ad entrare, gira attorno alla costruzione in senso orario, per lo meno si crea un grande fiume che scorre senza troppi gorghi, disperdendosi per l'enorme giardino che ricopre il resto dell'area. Si tratta di un terreno curatissimo, dove tra siepi e prati all'inglese sorgono un gran numero di costruzioni e templi secondari, popolati da un moltissime di statue a grandezza naturale, di certo molte centinaia, anch'esse coloratissime come si conviene all'iconografia moderna dell'hinduismo, che raccontano storie della vita degli dei a cui il tempio è dedicato. 

Il giardino

Il tutto può apparire a noi occidentali come molto naif, ma bisogna ricordare che lo stesso tipo di aspetto avevano da noi la statuaria e l'architettura  greca e romana, che solamente oggi ci appare spoglia e severa e forse per questo più affascinante. La gente si ferma, ammmira e commenta e forse ricorda ai più piccoli le storie e le leggende che circondano l'aura sognante dei personaggi raffigurati. Bambini che sgranano gli occhi davanti agli esseri mostruosi o bellissimi, come noi quando le nonne ci raccontavano i prodigi di orchi, fate e principesse. Alla fine del giro, compiuta la richiesta rotazione e fermatici ad ogni stazione prevista, usciamo senza danni, mentre all'ingresso la fiumana continua ad accedere. Per tornare in albergo non si trova neppure un tuktuk e siamo costrtti a ricorrere a due trasportatori muniti di risciò a pedali. Fa un po' impressione vedere lo sforzo dei due ciclotassisti, assai minuti per la verità, che nei tratti in leggera salita devono scendere e spingere il mezzo, carico dei nostri grassi e pesanti corpacci, con la forza delle braccia. Non è una bella sensazione, ma d'altra parte bisogna considerare che se non li utilizzassimo e rimanessero senza clienti, non guadagnerebbero nulla e anche questo non sarebbe una cosa bella. Alla fine raggiungiamo l'hotel per avvicinarci alla nostra parca cena, anche perché quello solo c'è da mangiare. 

L'aggiustiamo col solito dahl e una sorta di pasta in salsa bianca, fusilli e penne, che qui in terra vegetariana sembra andare molto di moda, visto che tutti la propongono e che per lo meno, ha la virtù di essere libera da spezie di ogni tipo. Va bene che non si spende mai più di tre o quattro euro, ma il risultato in termini di calorie ingerite è piuttosto deficitario. Colpa mia che non sono più adattabile come un tempo, altro difetto della vecchiaia incipiente, l'intolleranza. Anche questa è stata una giornata impegnativa direi e ci vuole ancora un po' di tempo prima di andare a letto, visto che dobbiamo liberarci definitivamente degli abiti da battaglia, direttamente nella doccia, perché perdono polveri e colori da ogni parte e non vogliamo insozzare anche tutta la camera, viste le penalità minacciate.  Alla fine riusciamo a raccoglierle in un piccolo pacco per abbandonarle definitivamente nel cestino dei rifiuti. Poi bisogna ancora tentare di ripulire, almeno sommariamente le epidermidi e l'apparato tricologico, dove comunque la ferocia dei coloranti è arrivata a lordare, forse irrimediabilmente, ogni cosa. Forse resteremo per sempre marchiati da questi tatuaggi multicolori, frutto di un lavoro di action painting di tanti artisti diversi, che però, in questo caso si potrebbe definire decisamente come un valido esempio di body painting. 

Vedremo nei prossimi giorni, se qualcosa andrà via, dato che specialmente il rosso e l'arancio sembrano duri a morire. E in un attimo è mattina e il nuovo giorno ripropone la stessa colazione, dove ritroviamo il gruppetto di italiani che ieri, come noi si era smarrito tra la folla e riporta chiaramente visibili su epidermidi e capigliature i segni della battaglia, d'altra parte non credo che sia possibile arrivare fin qui e restarne fuori.  Il problema è che non è ancora finita e l'holi oggi si sposta qui in città e la massa dei giovani festanti è sparsa per tutto il centro per fare festa e continuare ballare fino a sera, anche se mi sembra che il parossismo sia decisamente inferiore ai giorni scorsi, quando la parte teligiosa e quindi come sempre più partecipata, aveva decisamente il sopravvento, specialmente all'interno dei templi. Qui intanto parliamo solo di polvere colorata e non più di meno simpatici gavettoni idrici e anche la folla, essendo la città molto più grande mi pare decisamente più diluita. Comunque sia vista la mala parata, andiamo a ripescare i vestiti già dati per morti e ribardati alla meglio ci gettiamo in strada, camminando per il centro per gustarci l'ultima giornata di festa. Ci sono ancora molti gruppi specialmente di ragazzi giovani che ballano in strada, in sostanza però mi sembra si tratti di una riedizione di quanto abbiamo già visto nei giorni scorsi. 

Banchetti

C'è tutto il tempo di fermarsi ai tanti banchetti colorati di venditori, dai tessili, sempre piacevoli da vedere che espongono bei sari, camicie e kurta, punjabi interi e salwar kamiz, dai colori bellissimi e dalle infinite fantasie con le relative dupatte, le lunghe sciarpe vaporose che cadono poi sui fianchi con effetto elegante, abbinate. Ce ne sono a migliaia e non ne trovi mai uno uguale. Certo sui banchetti i materiali sono di bassa qualità, ma i prezzi sono davvero molto popolari e la gente si affolla intorno a comprare; l'holi è anche occcasione per avere qualche capo nuovo e ogni famiglia cerca secondo le possibilità, di rispettare la tradizione. Poi c'è tutta la parte dei cibi di strada, che in questa occsione è ricca soprattutto di dolciumi e vedi dispiegarsi la fila di banchi dei friggitori, davanti a grandi pentoloni neri pieni di olio che ribolle, che buttano a cascata frammenti di pastelle varie; le piramidi di laddù di pasta dolce e farine di arachidi amatissimi dai bambini, padellate di gulab jamun, le frittelle todeggianti immerse in uno sciroppo dolcissimo e i barfi bianchi al cocco ricoperti di granella di pistacchi. Insomma il tipico armamentario delle fiere di paese di tutto il mondo. Ci sono anche i venditori di colori, ma questo aspetto oggi è un po' meno calcato e nei ragazzi che si aggirano in strada, sento meno aggressissività, che forse si è già quasi completamente sfogata nei giorni precedenti. Comunque oggi mi sembra che non si corrano rischi particolari se non te li vai espressamente a cercare. 

Ci fermiamo ad un grande incrocio dove si vede un po' più di gente che va avanti ed indietro facendo la spola tra i tanti templi della città. Qui c'è un presidio di polizia piuttosto numeroso, che sembra si dia un gran da fare per fare passare alternativamente le due folle che a piedi si incrociano, come se si fosse davanti ad un effettivo crocicchio semaforico. E' tutto in trillare di fischietti e mulinare di bastoni, che uomini e anche donne con occhi severissimi, utilizzano a dismisura, imponendosi alla gente, anche con metodi decisamente bruschi, strattonamenti vari e toni da polizia adusa ad un potere piuttosto determinato. Questo deve anche essere il punto dove convergono quelli che si cercano, deve essere infatti facilissimo perdersi tra la folla. Ecco infatti seduta su una panchetta, una bimba bellissima, che piange disperatamente guardandosi intorto evidentemente in cerca della mamma. Cerca di dare qualche indicazione alla poliziotta che tenta di consolarla, ma evidentemente è troppo piccola per fornire informazioni utili. Così dopo poco, riprende il fiume disperato di lacrime e la donna non sa più cosa fare per tranquillizzarla. Dopo un po' che la bimba continua a guardarsi attorno disperata sperando di vedere un volto noto, la portano via, al posto di polizia dove sta evidentemente il luogo più naturale per ritrovarla. Mi vengono subito in mente storie indiane di bambini perduti tra la folla e di conseguenza delle peripezie che hanno dovuto subire e mi intristisco subito, ma di certo non sarà questo il caso. Alla fine stiamo in giro quasi tutto il giorno senza una meta precisa, solo perdendoci tra i rumori ed i colori di questa festa che sembra non finire mai.    

Sui ciclorisciò


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