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I templi di Bateshwar - Morena - India - Marzo 2024 |
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Carri agricoli sull'autostrada |
La giornata però non è ancora finita; siamo nel tardo pomeriggio e tra un po' scatterà quella che i fotografi chiamano l'ora magica. la golden hour, quella in cui i raggi del sole che comincia a declinare definitivamente, illuminano l'aria di un tono dorato, quella sfumatura che magnifica le ombre creando profondità e vivida bellezza. E ci hanno detto che a pochi chilometri di qua si trova una delle tante perle nascoste di questa terra antica, dalle cui viscere emergono continuamente meraviglie di un passato che ha vissuto così tanti passaggi, da aver lasciato dietro di sé testimonianze così numerose da venire facilmente dimenticate. Prendiamo una strada secondaria che lascia l'autostrada che si noltra nel Madya Pradesh, dato che qui siamo proprio all'incrocio dei tre grandi stati del nord. Siamo appena dopo Morena a nord di Gwalior, altra splendida città che già avevamo visto in passato con il suo grande forte ornato da maioliche azzurre e dalle decine di caverne che mantengono il pantheon jainista, e le strade rettilinee che si allungano nella campagna tra i campi sembrano tutte uguali, percorse solamente da carri agricoli, trattori e gruppi di donne che, finiti i lavori tra le spighe e negli orti, tornano verso casa, avendo ancora da compiere i lavori di giornata, come il rifornimento dell'acqua da qualche pozzo vicino al loro villaggio.
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La vasca sacra |
Poi nella piana senza confini, schivate mandrie di bufali e greggi di capre belanti, vedi un piccolo rilievo, una collina appena accennata, dove il terreno è coperto da arbusti selvatici bassi e spinosi, come è comune in questa terra rossa, secca ed avara che ritornerà alla vita tra qualche mese, solo grazie all'apporto violento del monsone estivo. Una deviazione sterrata risale tra la polvere il terreno pietroso e tra le piante compaiono rocce diverse, squadrate, disposte secondo un ordine che seppure cadente e vinto dalla natura che ha ripreso il suo sopravvento, appaiono come ordinate da una mano pensante. Sono muri sbrecciati che escono dalla terra, ammassi di pietre che tuttavia vedi scolpite e che recano su di sé tracce di antica bellezza. Siamo nel parco archeologico di Bateshwar, un complesso che comprende quasi 200 piccoli templi scoperti da Cunningham alla fine dell'800. Molti sono i siti di questo genere nel subcontinente, apparentemente minori e quindi in pratica, tagliati fuori dalle grandi correnti del turismo internazionale che ben altre cose brama vedere. Tuttavia qui ed in altri luoghi simili, sei percorso da emozioni così autentiche da renderti meravigliato e attonito, come un viaggiatore di altri tempi che arriva in luoghi ancora sconosciuti e non riesce a staccarsene, quasi fosse il primo a poterli far conoscere al resto del mondo.
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Scoiattolo |
Sei solo, che qui non arriva quasi nessuno e anche quando lo fa, ci passa senza lasciare tracce visibili a chi arriverà dopo, perduto in mezzo a montagne di pietre ammonticchiate da secoli, dai fantasmi di un passato lontano, circondato da una natura selvatica, anche se non paurosa o dirompente, ma che senti padrona, come nei racconti di chi, queste terre ha vissuto nel passato, al pari delle jungle ricche di animali selvatici o dei boschi abbandonati che i contadini dei villaggi pensavano abitate da dei silvani, da ninfe bellissime, da animali fatati. Attorno a te solo il respiro della foresta, mentre decine di scoiattoli grigi corrono sulle pietre che i raggi del sole morente colorano d'oro. Si fermano un attimo su uno stipite, per cercare di capire se chi sta disturbando il loro mondo è un pericolo o solo un intruso passeggero, si puliscono con le zampette ad arco, per un momento il musetto che guarda con aria interrogativa, poi fuggono via scomparendo alla vista in qualche anfratto tra le pietre, mentre l'ultima cosa che scorgi è la lunga coda striata, quasi fosse il sorriso di uno stregatto esotico. E' un momento assolutamente magico.
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Pavone |
Sullo stipite di un piccolo tempio dentro il quale la pietra nera e todeggiante di un lingam shivaitico, troneggia, unta del ghee che qualche fedele di tanto in tanto viene a spargere, compare un pavone, il sole filtra tra le piume della lunga coda, il suo stridio chiocciante si leva dal becco aperto. Solo poco più in là compare la femmina, che non avevi visto perché timida e dimessa, come una vergine dalle vesti modeste e risponde, poi si sposta lenta come per invitare il maschio a seguirla, ma senza la sguaiata sensualità che accompagna di solito le foie animalesche, quasi che portassero dentro di loro, l'aura di quegli dei ai quali le pietre sono dedicate e che hanno visto secoli di fedeli chini davanti ai loro gradini, adesso vissuti solamente dalle scimmie che si rincorrono sugli embrici sbeccati, sui massi di pietra ammonticchiata, che ancora non hanno ritrovato il loro luogo originario. Senti solo i rumori silenziosi della foresta tra la pietra muta e tra il gruppo dove i muri sono più vicini, stretti passaggi conducono all'interno di camere oscure, sancta sanctorum dove regna solo l'odore delle marcescenze delle corone di fiori che la devozione ha posto e lasciato alla consunzione naturale.
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Naga |
Sono luoghi segreti dove forse ancora Naga il dio serpente, compagno di Shiva il distruttore, trova riparo, rimane in agguato perenne contro chi voglia disturbare la sua pace e magari vorrebbe ergere il suo capo allargato, saettando la lingua verso l'intruso, minacciandolo, mentre il corpo rimane immobile nella tensione. Percorro passerelle, fatte di lasfre grige, in equilibrio sulle macerie, tra le pietre a terra spuntano blocchi magnificamente scolpiti, capitelli fioriti, eleganti processioni di baiadere che danzano, teorie di elefanti con le proboscidi alzate, coppie allacciate in sinuosi amplessi, dove la pietra grigia si fa carne dorata, fascinosa ed ammiccante. Su una lunga piattaforma, una serie di costruzioni uguali si allineano a formare una linea che scandisce ordinatamente lo spazio. Una decina di vimana quasi perfettamente uguali si ergono verso il cielo, differenziati solo da qualche fregio che a prima vista ti sfugge. Tra di loro spunta un turbante rosa confetto. E' il nostro Gurgeet, anche lui stupito da tanta bellezza che non aveva mai visto, nonostante abbia accompagnato tanti da queste parti, che si guarda attorno e capisce, lui per primo e apprezza la bellezza che riesce ad offrire la sua terra, nei suoi temi più nascosti e segreti.
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Il tempio grande |
Quasi non riesco più a staccarmi da questo luogo magico, poi mi avvio finalmente con lentezza lungo il viale che lo divide in due, circondato da oleandri e macerie e arrivo all'uscita dove una grande scalinata conduce fino in cima dove si erge la costruzione più grande, decisamente separata dal resto, un grande vestibolo colonnato, molto ben restaurato, seguito dal tempietto vero e proprio, che presenta magnifiche sculture, capitelli e volute di grande rafffinatezza e soprattutto posto in una straordinaria posizione che consente di dominare tutto il sito sottostante, mentre lontano, sulla piana, il sole tramonta, inviando gli ultimi raggi proprio fin nel profondo, a colpire l'interno della costruzione fino alla camera più segreta per un attimo illuminata nella sua viscera sacra, a rischiararne la statua del dio. Rimaniamo seduti sul limitare della scalinata a guardare questo spettacolo, quasi senza respirare. E' uno di quei momenti che si possono provare in molte parti del mondo, con le stesse pulsioni, le medesime emozioni, è vero. Emergono ricordi, in cima alle piramidi di Tikal di fronte alla foresta o sulle guglie di Bagan mentre le èagode dei mille templi lontani emergono degli alberi, colorati di arancio.
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La volta scolpita |
Quasi disturbano in questo momento, anche se li accomuna il senso della bellezza che riunisce l'opera cosciente dell'uomo e quella inconsapevole della natura. Scendiamo con una punta di rammarico. A poco distanza però, le mura di una fortezza si ergono cupe mentre le ombre si allungano preannunciando la notte che arriva. Un vecchio ci apre un cancelletto, altri gradini, altre scale irregolari a penetrare la costruzione di guerra che circonda quello che era nato come luogo di pace; del tempio antico rimane solamente il grande vestibolo con la cupola maestosa, le sue sculture che la bordano, le colonne eleganti che la sorreggono, facendo apparire la dura pietra, leggera e lieve. Il vecchio racconta di storie passate, di eserciti e di principi guerrieri, di pricipesse bellissime, di cavalli che nitriscono colpiti a morte e di battaglie, mentre attorno cala la sera. Ce ne andiamo in silenzio mentre lui chiude lento, con gesti antichi, la porta che un poco cigola al nostro passare e fa ritornare il luogo alla sua pace perduta. Torniamo in albergo che è già buio. Il bel giardino che lo circonda ha acceso fioche luci qua e là; gli archi ed i rilievi di marmo lo fanno quasi apparire come una piccola reggia moghul.Noi, gli ospiti della maharani. I rumori dell'autostrada siono lontani ed attutiti. Dalla sala interna arrriva il profumo del pollo al limone che ci aspetta.
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Gurgeet |
SURVIVAL KIT
Bateshwar temple complex - Gruppo templare di oltre 200 piccoli templi di arenaria che occupano un'area di oltre 25 acri, a circa 30 km a nord di Gwalior e 25 km ad est di Morena, in Madya Pradesh. Fanno parte delle costruzioni templari che seguono il corso del fiume Chambal e sono stati costruiti tra il VI ed il X secolo d.C e distrutti nel XIII, non è chiaro se da terremoti o dalla furia iconoclasta degli invasori Moghul. Riscoperti nel 1882, rimasero abbandonati per decenni, benché considerati sito archeologico dal 1920, fino a che, dopo il 2005, l'area fu riscoperta e vi fu condotta un'ampia opera di studio e di ripristino dei templi stessi, con una scelta ricostruttiva che ne ha rimontato molte decine, come in un puzzle paziente ed attento, che adesso emergono tra la montagna di pietre abbandonate, creando un insieme di grandissimo impatto. I templi sono in massima parte dedicati a Shiva, Visnù e a Shakti. Su una piattaforma innalzata all'esterno del complesso sorge poi il tempio più grande. Tutte le costruzione sono ricchissime di sculture di grande raffinatezza, presumibilmente del periodo Gurjara, nelle quali indovini i precursori delle successive meraviglie di Khajurao. La grande varietà di temi che i rilievi raccontano, lasciano presupporre che per secoli questo fosse un punto di riferimento o una scuola per una vera a propria fucina di artisti che poi ha percorso ed arricchito con i suoi lavori tutto il nord dell'India. Poco lontano un piccolo forte costruito attorno al vestibolo rimasto di un altro più grande tempio, completa il gruppo, davvero imperdibile. Visita gratuita. Al forte c'è una specie di guardiano che vi racconta un po' della storia del tempio a cui sarebbe opportuno lasciare una piccola mancia.
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La stele di Hanuman |
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