Queste colline dietro a Byblos sono fittamente popolate ed ospitano anche molte piccole attività che stanno tra la formula dell'artigianalità tramandata nei secoli passati e la piccola attività industriale in cerca di un decollo economico modernamente inteso. Molto si basa ovviamente sulle produzioni di cui il paese è sempre stato culturalmente ricco. Così eccoci a poca distanza dalla cantina a Ghazir, da cui siamo appena usciti, coi piedi un po' più rotondi del solito in quanto, diversamente da quello che dovrebbe fare un professionale assaggiatore, abbiamo ingollato ingordamente tutto quanto ci è stato offerto da assaggiare, anziché sorbire solo sparuti sorsetti di vino, facendoceli roteare in bocca per assaporarne sia il bouquet che il retrogusto, con gli occhi girati verso l'alto e la bocca a cul di gallina, mostrando cenni di assenso e vuotando poi il superfluo nell'apposito contenitore, ma non certo villanamente ingurgitando tutto il contenuto del bicchiere, cosa che oltre a danneggiare la capacità di assaggio in generale, provoca anche una certa qual confusione nel giudizio finale. Comunque sia, nella piccola azienda dove stiamo andando non correremo questo rischio di ottenebrazione generalizzata delle capacità di ragionamento. Si tratta infatti di un piccolo produttore di Tahina, il prodotto base per il confezionamento dell'hummus e non solo, si usa infatti per preparare molti altri piatti tipici mediorientali, come condimento per carne e verdure e anche per i dolci.
All'assaggio
Si tratta in effetti di un vero e proprio burro vegetale, una specie di margarina ricavata dalla spremitura ed il successivo trattamento dei semi di sesamo, con un sapore simile a quello di arachide ma più intenso e allappante. Data la frequenza con cui troverete l'hummus sulle tavole di tutti i giorni, in pratica si tratta di un preantipasto sempre offerto a prescindere dal tipo di pasto che ordinerete, potrete ben capire che la tahina è un prodotto di base che non manca mai nelle cucine libanesi. Questa fabbrichetta, che poi tanto piccola non è, infatti occupa circa 25 persone, parte appunto dal sesamo, una pianta orientale della famiglia delle Pedaliaceae, dalla granella piccolissima erroneamente ritenuto un cereale, simile al miglio, molto coltivata in tutta l'Asia. Certamente ottima per il suo alto contenuto calorico e anche del tutto priva di glutine, quindi adattissima alle diete dei celiaci (tanto adesso tutti si sentono tali), in alcuni rari casi provoca allergie anche violente ed entrando nell'azienda, non riesco a dimenticare un mio caro amico che viaggiava sempre con l'iniezione pronta in tasca avendo avute esperienze terrificanti solo perché il sesamo era stato presente nella cucina, bastando una traccia per fargli partire gonfiori e tumefazioni terribili. Ma non è per fortuna il nostro caso, già noi non siamo allergici a niente, divoriamo tutto quello che si muove e anche quello che sta fermo, quasi come i cinesi.
La tahina
Comunque il responsabile ci porta in giro per l'azienda, orgogliosissimo che questa abbia destato la nostra attenzione e muniti dell'apposita cuffietta da ambienti alimentari, giroliamo qua e là tra macchine piuttosto moderne, tutto in acciaio inox e pulizia perfetta ovunque, non pensate a scuri antri nella roccia, dove si effettua via via la selezione dei semi, la loro spremitura, che tuttavia viene eseguita ancora con l'antica macina in pietra che ruota all'infinito, anche se la forza animale di un tempo è stata sostituita dall'elettricità e poi via con tutti i successivi passaggi che portano alla produzione della preziosa pasta. Ben muniti come d'uso in questi ambienti di apposita retina salvacapelli ed acconcia mascherina, eccoci al reparto confezionamento, dove è pieno di ragazze che a mano provvedono a fare le forme richieste o a mescolare il prodotto con quanto necessario per fare dolci al pistacchio, alle mandorle, al cioccolato e ad altri vari gusti, vanto del marchio. Ricordo che anche in Sicilia, con il sesamo di Ispica si prepara la giuggiulena, una sorta di torrone con aggiunta di miele, agrumi e mandorle. Il Mediterraneo, checché se ne dica è un mondo che ha più cose in comune che diversità. Comunque basta buttare un'occhio intorno nella sala e tra le ragazze, come viene evidenziato dalle loro acconciature, vedi subito la mescolanza delle diverse religioni che in questi paesi convivono a stretta distanza. Veli leggeri e colorati di un Islam moderato (che giustamente esimono dalla retina suddetta), si incrociano con atteggiamenti più disinibiti delle maronite che ostentano chiome rosso mogano, al fianco di druse più dimesse con lunghi veli bianchi che incorniciano visi bellissimi. Una porziona il panetto, l'altra gli lascia cadere sopra una manciatina di gocce di cioccolato amaro e lo impasta, la terza lo avvolge in carta velina.
Impacchettamento
Comunque anche qui non ci facciamo pregare per fare qualche assaggio, ragazzi ogni morso saranno 200 calorie, peggio della pasta di mandorle siciliana, ma che bontà come si fa a resistere e al diavolo la glicemia, fatti non fummo a viver come bruti, non c'entra nulla ma illustra il senso della cosa e alla fine, che ci vuoi fare, qualche pacchettino si finisce sempre per portarlo a casa, d'altra parte siamo venuti qui apposta. Quello che piace molto è l'atteggiamento di incaricati e addetti, che mostrano davvero una grande soddisfazione per la visita e si profondono in spiegazioni. Joelle ci tiene molto, oltre alla parte monumentale e architettonica a far conoscere a chi accompagna in giro per il paese, anche tutte queste realtà di vita reale che raccontano anche tutta la storia gastronomica ed artigianale del suo mondo, che anche questa in fondo è cultura. Intanto si ride e si scherza ma è arrivata l'ora di mettere le gambe sotto al tavolo. Purtroppo la famiglia presso la quale era previsto un pranzo in casa ci ha dato buca per qualche motivo non noto e quindi eccoci qui a Dlebta, un altro paesino in cui le case antiche si alternano a quelle di costruzione recente, ma che mostrano una certa disponibilità finanziaria. Molte di queste, sia quelle vecchie del XVII e XVIII secolo, che quelle di nuova costruzione ma erette con lo stile del passato, mostrano sulla facciata un grande bovindo al piano nobile con una grande trifora protetta da una vetrata. Questo è davvero il tipico stile libanese ottomano.
Verdure fritte
Così intanto eccoci arrivati in questo bel ristorante su una grande terrazza da cui si domina la valle per assaporare nuovamente altre squisitezze regionali. Joelle e la sua collega che ci accompagna, lanciano larghi sbuffi bianchi dal sentore di rosa. Il narghilè è una delle delizie sibaritiche del Medio Oriente ed è un peccato che la nostra disabitudine al fumo ci impedisca di godere di questo piccolo ma evidentemente delizioso piacere. In fondo il fumo filtrato attraverso l'acqua non dovrebbe neppure fare così male. Ma poi perché tutto quello che è piacevole o è disonorevole o fa male? E' proprio una maledizione umana. Comunque sgranocchiare spiedini di agnello sotto gli alberi con una brezza delicata che ti sfiora non è poi così sgradevole, anzi direi che si sta veramente bene a chiacchierare sotto i grandi alberi verdi dal profumo di resina. Siamo quasi soli nel grande giardino, la stagione in pratica non è ancora iniziata e sarebbe bello immaginarsi qui in un gran bel matrimonio, anche piccolo, non più di cinquecento invitati tanto per intenderci, con la sposa in bianco e gli amici dello sposo che fanno festa. E' ancora presto, sembra che anche qui sia maggio il mese delle spose e, come ci racconta Joelle, moltissimi residenti all'estero della immensa diaspora libanese, che conta almeno il triplo degli abitanti del paese, amano venire a sposarsi nella madrepatria per vedere tutti assieme i parenti e gli amici. Matrimoni colossali insomma che rappresentano ormai un vero e proprio canale di business turistico. Ma il pomeriggio è ancora lungo e continuiamo dunque a risalire la montagna per vedere cosa ci aspetta.
Confezionamento
SURVIVAL KIT
La carne cruda
Ristorante Kaser el Sanawbar - Dlebta - Aafs - Grande ristorante specializzato in matrimoni, date un'occhiata al sito per vedere la tipologia dei matrimoni che si festeggiano da queste parti. Si mangia quasi sempre all'aperto e d'estate è un luogo frequentatissimo per le gite fuoriporta. Potrete mangiare nel bel giardino con una cucina tipica libanese, ricca e gustosa. Servizio come sempre gentilissimo. Sempre a disposizione per chi lo gradisce il narghilè. Noi abbiamo avuto la sempre ottima carne cruda con salsa di aglio, tipo aiolì francese, con diversi antipasti e varie carni alla griglia. In sei abbiamo speso 55 $. Molto consigliato.
All'impasto
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Comunque le passeggiate nei suq sono sempre piacevolissime, non fosse per le facce che vedi, le persone che incontri, le foto che riesci a rubare di straforo, insomma uno dei luoghi di affezione se ti piace osservare la vita reale di un paese e questo, con tutte le sue differenze non fa di certo eccezione. Inoltre dietro i mille angoli nascosti di questi agglomerati di negozi, bancarelle, monumenti antichi nascosti tra le case, trovi spesso qualche chicca inaspettata. Questa volta capita di passare, proprio appena lasciata l'ormai dimenticata signoria genovese, in un piccolo museo, che potresti scambiare per un comune negozio e che invece riesce a mostrare una ricchezza inattesa e veramente interessante. Il signor Pierre Abi Saad, un noto paleontologo figlio di agricoltori della zona, ha, con grande perspicacia, acquistato una trentina di anni fa un vasto terreno sulle colline circostanti, tra i paesi di Haqel, Hjura e Ennamoura. Un'area che cento milioni di anni fa era sommersa sotto un grande lago e lui che aveva individuato come un ricco giacimento di fossili ittici e dove, da allora, continua a scavare portando alla luce pezzi di straordinario valore e perfetta conservazione. Noto in tutto il mondo, ha contribuito alla scoperta di moltissime specie completamente sconosciute e ha costituito questo piccolo museo nel quale espone moltissimi dei suoi ritrovamenti oltre alla sua ricchissima collezione privata, mentre pezzi da lui ritrovati sono visibili nei musei naturali di tutto il mondo.
Iconografia al museo dei fossili
Qui ti perderai ad osservare i pezzi di arenaria appesi alle pareti e ti sembrerà di essere in un acquario circondato da squali, gamberi, anguille, salmoni, razze ed una infinita serie di pesci mai visti che espongono i loro scheletri fantasiosi, le pinne che paiono guizzanti, i denti pronti a fare il loro dovere nella posizione corretta della catena alimentare. Pierre è simpaticissimo, così come la figlia e se solo mostri un poco di interesse non si fanno pregare per mostrarti i loro pezzi più belli, a raccontarti come la sua passione lo porti a continuare a calcare i sentieri della montagna per portarsi a casa pezzi di arenaria in cui l'occhio addestrato ha scorto la possibilità che dopo un piccolo, attento e deciso colpo di martello nella fessura individuata dall'esperienza, la lastra si apra e come fosse un miracolo, sveli la sagoma nera di un pesce, magari ancora sconosciuto. I decenni sono passati ma lui, tra guerre, rivoluzioni e tutte le grane accadute in questa terra, ha continuato a scavare e continuerà di certo a farlo ancora a lungo per trovare i suoi adorati pesci. Non perdo tempo e visto che è anche un interessante diversivo, gli racconto del mio blog, in cui la sua storia troverà sicuramente posto e allora, subito mi porta nel laboratorio per farmi assistere ad un ritrovamento in diretta. Mi pare di essere in una puntata di Freedom con Giacobbo, a cui il benevolente e furbacchione Zahi Hawass, apre appositamente una tomba appena scoperta. Manca solamente il cappellaccio alla Indiana Jones, ma qui si fa sul serio.
A Chateau Musar
Pierre prende una grande pietra già sbozzata, la pone sul tavolo di lavoro, poi la saggia con attenzione nelle sue varie parti, tastando con un martelletto apposito, in cerca della giusta fessura, del punto in cui bisogna colpire per far aprire la roccia come fosse un libro in attesa di mostrare la sua pagina meglio illustrata. Dopo varie prove di assaggio, assesta un colpo deciso sulla costa più stretta della pietra e la magia si mostra come per miracolo. Le due falde si aprono ed ecco apparire come dipinte miracolosamente all'interno della roccia da un pittore di milioni di anni fa, le due sagome gemelle di un pesce ancora leggermente contorto nell'agonia finale che lo ha imprigionato per l'eternità. E' un salmonide perfettamente conservato ed oggi venuto alla luce per il mio personale piacere. Davvero vale la pena dare un occhiata in questo luogo e riempirsi gli occhi di immagini magnifiche. Come vi ho detto basta passeggiare nel suq per fare questi incontri. Intanto noi lasciamo Byblos per risalire lungo le colline retrostanti costellate di paesini. In pochi minuti arriviamo a Ghazir. In linea d'aria non saremo neppure che a un paio di chilometri dal mare, ma la collina verde che ti circonda, i terrazzamenti dal sapore antico che ti parlano di una agricoltura millenaria scavata a forza di braccia nelle coste ripide delle montagne, mostra vigneti e ulivi, con un sapore che non saprei definire in altro modo che non biblico.
Le nicchie
Qui abbiamo l'opportunità di visitare una importante cantina, famosa anche internazionalmente: il Domaine Chateau Musar, creata negli anni '30 dall'intuizione di Gaston Hochar, la cui famiglia di origine francese è giunta qui nel XII secolo con i crociati, tanto per dire. Dopo un lungo viaggio nella regione di Bordeaux, si convinse della possibilità di creare grandi vini in quella che era stata in fondo la culla della vinificazione fin dalla preistoria, pensate che la prima documentazione di una transazione di vini, parla appunto di un carico partito da Byblos. Nacque così questa azienda che, da decenni, produce vini di alta qualità. La signora che ci riceve è una dei proprietari dell'azienda e ci conduce subito nelle cantine sotterranee, un dedalo di spazi scavati nella roccia dove sono ordinatamente ammonticchiate centinaia di migliaia di bottiglie che dormono il sonno del giusto per anni. Molte accatastate regolarmente in appositi spazi, altre, le più pregiate in apposite nicchie ricoperte da spesse coltri di ragnatele che raccontano il passare del tempo. Naturalmente poi tocca la parte dell'assaggio, lavoro duro di cui pure qualcuno dovrà farsi carico. Eccoci quindi a provare una selezione di otto vini tra bianchi, rosati e rossi che interpretano un po' tutta la gamma prodotta dalla casa. Non starò a darvi tutti i particolari, ma devo dire che il materiale è valido ed interessante e non ha niente da invidiare a titolate provenienze francesi.
Assaggi
I vitigni oltre agli autoctoni Obeideh e Merwah, sono i classici Carbernet sauvignon, Carignan e Grenache e le uve in massima parte vengono prodotte nell'alta valle della Bekàa. Abbiamo assaggiato anche un bianco con dieci anni di invecchiamento che presentava buone note agrumate. I rossi poi specialmente quelli invecchiati hanno un'ottima tannicità e gusti speziati intensi. Tutto il prodotto passa in barrique dai 6 ai 18 mesi, ma mentre un tempo la produzione era caratterizzata da un costante invecchiamento successivo in bottiglia, ci sono in cantina bianchi del '54, da un po', credo per venire incontro ad un gusto più internazionale, c'è una linea di vini cosiddetti giovani (Jeune range). Pretendo, dati i miei trascorsi lavorativi che mi consentono di spacciarmi per "esperto", di fare un giro nella zona di imbottigliamento che presenta macchine naturalmente italiane, ad occhio con una produzione di 3/4000 btg/h e l'azienda si vanta di processare circa 800.000 pezzi all'anno. Naturalmente anche loro, certamente in omaggio alla moda che ormai ha infestato il mondo, non resistono all'invito a premere sul pedale del biologico o organico che dir si voglia. Sapete come la penso in merito e comunque glielo perdono, visto che per il marketing bisogna piegare una spalla e strizzare l'occhio comunque, anche alla fuffa, il mercato è il padrone e non serve andare contro corrente. Comunque contenti dell'esperienza, anche se vi confesso mi ha emozionato di più la degustazione di Chateau St. Thomas, salutiamo la signora e via, presto che è tardi e le cose da vedere sono ancora molte.
Invecchiamento in bottiglia
SURVIVAL KIT
Assaggiatori
Chateau Musar - Nota storica casa vinicola, che offre una bella gamma di vini, Interessante la visita delle immense cantine nella roccia. Date un'occhiata al sito che ho trovato molto bello e racconta molto della storia della casa e dei vini prodotti. Certamente la produzione si riferisce molto ai vini del bordolese con materiale che ricorda molto i vini della Greve e dintorni, specialmente i bianchi. L'azienda produce anche un famoso Arrak. Un bottiglietta piccola costa 9 $. La visita con degustazione su prenotazione costa 10 $ a persona. Non ho chiesto i prezzi delle bottiglie in cantina, ma ho visto materiale di questa cantina offerte in internet a prezzi stellari.
Museo Memoire du temps- (Museo dei fossili) Suq di Byblos - Gestito dalla famiglia Saad, rappresenta un interessante intermezzo che vi riporta indietro nel tempo tra le meraviglie delle scienze naturali, per uscire un poco da quelle archeologiche. Naturalmente dopo esservi gustata la visita, potrete acquistare un reperto a prezzi che vanno dai pochi dollari a qualche centinaio per i pezzi più pregiati. Guardate il filmato qui sotto per avere un'idea. Da non perdere.
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