lunedì 10 aprile 2023

Lebanon 22 - Anjar e gli Armeni

L'antica Anjar Omayyade


La chiesa armena

Con gli occhi di certo non ancora stanchi della grandiosità appena lasciata dietro di noi, ci dirigiamo verso sud percorrendo ancora quel tratto della strada che scende lungo la valle della Bekaa fino a ritornare su quella che ormai è battezzata la via di Damasco e che in effetti rappresenta il collegamento principale con la Siria che mantiene la sua incombente presenza appena la di là della catena dell'Antilibano a pochissimi chilometri, a volte meno di dieci. Eccoci così ad Anjar, una minuscola cittadina appena fuori dalla highway, con una storia estremamente interessante. Questa è la caratteristica di quasi tutte le cose da vedere in questa terra, dalla storia così densa di avvenimenti da rendere impossibile la scissione tra il racconto dei suoi eventi e la vista dei luoghi specifici. Questa città ne è una ulteriore testimonianza. La storia recente del Libano, ma probabilmente anche quella del passato è caratterizzata soprattutto da un intenso movimento di profughi che arrivando da molte delle aree circostanti in momenti diversi, anche in numeri consistenti rispetto alla popolazione locale, che comunque ha saputo sempre assorbire in qualche modo. Tutto questo di certo, non è stata cosa semplice e l'impatto dell'arrivo di queste culture diverse e soprattutto la gestione dei loro bisogni e le necessità comunque di gestire numeri importanti di persone che hanno perso tutto e abbisognano di assistenza ed aiuto, ha creato diverse problematiche, anche perché di solito la migrazione di gruppi etnici diversi porta con sé anche problemi e contrasti politico-religiosi che possono creare contrasti pericolosi. 

Al ristorante al- Shams

Qui ad Anjar possiamo leggere uno di questi accadimenti, forse il primo della storia recente. Infatti dopo il genocidio armeno dell'inizio del secolo, una importante comunità di Armeni si era rifugiata nella regione di Musa Dagh, nel Sangiaccato di Alessandretta, ma quando nel 1936 questa area fu ceduta alla nuova repubblica Turca dalle autorità francesi che ne avevano avuto fino a quel momento il controllo, questo gruppo di sopravvissuti che aveva resistito accanitamente, temendo di essere definitivamente sterminato, fuggì verso sud e trovò scampo in questa zona allora quasi deserta della valle della Bekaa. Qui fu dato loro il permesso di gestire il nuovo spazio come un vero e proprio campo profughi con la costruzione di piccole casette in muratura di un solo ambiente dette francesine. Ancora oggi puoi riconoscere bene la struttura del campo nella topografia della cittadina, con i suoi tre settori posti attorno al punto centrale, le fontane che garantivano accesso all'acqua, che conta ancora oggi poche migliaia di abitanti e forma la più importante comunità armena del Libano. Proprio in questo baricentro sorge la nuova chiesa armeno-apostolica di San Paolo. L'edificio, pur di recente costruzione, mantiene lo stile classico delle forme architettoniche armene, con la classica cupola ottagonale che si innalza sulla crociera centrale con la sua cuspide a cono sormontato dalla croce armena che presenta il bordo dei bracci divisi in duplici punte. 

Le sfiha

 L'interno dalle linee pulite e bianche accoglie sempre qualche fedele raccolto in preghiera e la luce colorata che soffondono le moderne vetrate cala nell'ambiente un velo di pace, come se questa fosse stata finalmente raggiunta al termine di una vicenda di sofferenze finalmente sopita. Appena fuori della chiesa un piccolo parco commemorativo con il memoriale dei 18 martiri della difesa appunto di Musa Dagh. Qui ogni anno si celebra una grande cerimonia, con distribuzione di cibo tradizionale a tutti gli intervenuti per ricordare appunto questo tragico evento che ha condotto alla fuga questo popolo. Una delle case della città ospita un piccolo museo che racconta la storia dell'esodo e di tutta la causa del popolo armeno, che teme che soprattutto venga dimenticato il suo sacrificio che ne provocò la diaspora all'inizio del secolo scorso. La signora che ne è custode ti accompagna nelle diverse camere illustrando le ricca documentazione iconografica dell'epoca che racconta questo, che rimane uno degli episodi più neri della storia del secolo scorso. Scorrendo tra i tanti oggetti che caratterizzano la cultura di questo popolo, senti attraverso la sua voce, soprattutto il desiderio che tutto questo rimanga e che non venga dimenticato. Fuori, nel piccolo giardino di quella che è una delle tante villette di questo che è ormai un paese ordinato e completamente integrato nella realtà libanese, diciotto calderoni neri, nei quali nasceranno piantine di fiori  di primavera, ricordano il sacrificio dei martiri. Sembrerà una piccola siepe fiorita, un ricordare gentile, scarico di odi lontani, una sorta di speranza di un mondo che non voglia ripetere sempre gli stessi errori. 

Il gelato

Forse sono pensieri velleitari, tuttavia fa bene vederli sorgere proprio nelle terre che più di altre hanno avuto la disgrazia di vederne di tutti i colori. Infatti bisogna anche ricordare che proprio più si è insediata il luogo di comando e la famigerata polizia dei servizi segreti siriani, durante l'invasione di pochi anni fa. Ma questa città ha anche altro da mostrare, infatti proprio alla metà del secolo scorso, probabilmente in concomitanza con lo sviluppo dell'insediamento, alcuni scavi accidentali hanno portato alla luce un antico complesso architettonico di epoca omayyade a testimonianza che questa è una terra dove basta scavare per trovare cose di epoche passate. Quella che possiamo definire come una città sorta sullo schema di un precedente insediamento romano, è stata edificata nell'VIII secolo dal califfo Walid I e presenta lo schema di un quadrato perfetto, difeso da mura, con la sua croce di cardo e decumano che lo divide in quattro settori identici e mostra molto bene la struttura dell'abitato con case e botteghe e con i resti ben conservati di un paio di palazzi con eleganti arcate e colonne in pietra. Il punto centrale è segnato dal tetrapilo di colonne che si innalzavano sui quattro angoli, che ricordano l'ascendenza bizantina che ha arricchito il sito con la sua precedente  presenza. Da qui hai la vista sulla fuga delle costruzioni che costeggiavano le vie principali. Le ombre della sera colorano di oro gli spezzoni di colonne che ancora si levano al cielo e le mura delle case smozzicate dal tempo. Non c'è quasi nessuno in giro, i pochissimi visitatori locali abbandonano il sito e lo lasciano alla solitudine della notte illuminata dalla luna piena, rendendone le vie deserte popolate di fantasmi di secoli lontani, che si aggirano per le botteghe abbandonate in cerca di ricordi perduti nel gorgo del passato. I custodi hanno chiuso le porte del tempo e se ne sono ormai andati. Al di là dei cancelli solo le ombre della notte in arrivo. 

Sontuosa carne cruda alla libanese

SURVIVAL KIT

Basturma

Ristorante Al Shams - Main road - Anjar - Megaristorante molto noto e frequentatissimo capace di ospitare anche 5 o 6 matrimoni contemporaneamente di centinaia di ospiti ciascuno. In pratica un villaggio dove passare la giornata con giardini e parco giochi per i bambini, struttura per il boowling (4 $ a testa, la partita). Molto frequentato anche da siriani che vengono da Damasco che è ad un ora di strada, la frontiera è a sette minuti. Cucina gigantesca a vista con decine di addetti. Pulitissimo e moderno con schiere di camerieri gentilissimi. Cucina libanese e mediterranea ma anche internazionale, disponibile anche pizza e sushi e soprattutto sontuose grigliate. Noi abbiamo avuto una cena imperiale con una ricca serie di antipasti, tra cui una straordinaria carne cruda macinata finissima, il classico tabulé e vari tipi di hummus, il famoso basturma, (o pastirma, fatto di carne secca salata di manzo e spezie forti, ognuno ha la sua ricetta familiare, tradizione della cucina turca e armena) rosso e dal sapore forte e particolarissimo che si serve freddo in fette sottilissime. Poi insalate, fritti di verdure, sfiha deliziose e calde, delle specie di gnocchi fritti ripieni, salsine varie e molto altro, seguiti da una straordinaria grigliata di spiedini. Poi il gelato, per il quale il ristorante è famoso, ricoperto da una specie di zucchero filato e frutta a volontà, con datteri e canditi vari. Infine un piatto di cioccolatini ripieni di una spuma credo di albume, che mi ricordavano moltissimo dei similari gustati nel nord del Caucaso e che avevano il curioso nome di Ptiza malakò (Latte di uccello). Una cena davvero magnifica per quasi 6.700.000 Lire Libanesi, fa spavento a dirlo ma corrispondono a 82 $ in 5 persone! Tutto davvero buonissimo anche se in quantità esagerata, da non perdere che consiglio assolutamente.

Il conto


Tabulé
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1 commento:

Slovakia ha detto...

Thanks for teaching us so much with your blog

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