venerdì 6 novembre 2020

Luoghi del cuore 83: I mercati del Karnataka


Tempio a forma di carro - Karnataka - India - agosto 2004

Una spiaggia a Goa

Perché l'India è così affascinante, esotica, curiosa e al contempo godibile? Intanto perché è un enorme continente attraverso il quale puoi progettare cento itinerari e mille avventure, più o meno come se dicessi voglio vedere l'Europa, percorrendo strade che ti portino ad aggirarti tra le tende dei Sami in Lapponia o i templi della Grecia, le scogliere irlandesi protese nell'Atlantico o le note del fado cantate in un localino dell'Alfama di Lisbona. Insomma un insieme di differenze da farvi rimanere avvinti per anni. In India, oltre allo splendore dei monumenti e di una natura che ti porta dalle spiagge dei mari del sud del Kerala o delle Andamane, fino ai picchi Himalayani, hai anche il caleidoscopio delle mille cucine regionali, le culture tribali e gli aspetti spesso misterici ma sempre spettacolari delle tante religioni praticate. La babele delle 700 lingue dai 14 alfabeti diversi, poi, aumenta la confusione ed il piacere del confronto. Il bello infine è che tutta questa infinita varietà di stimoli, la ritrovi tutta insieme anche nei singoli stati dove questi aspetti si moltiplicano ancora in mille rivoli locali. Più o meno queste sono le sensazioni provate quando vagavo per il Karnataka, nel centro-sud del paese, uno dei punti più meridionali dove è arrivato lo splendore dell’impero Moghul. Ci sono andato almeno tre volte, anche per motivi strettamente personali e che a questa terra mi hanno legato a doppio nodo, ma sempre ho avuto stimoli forti, spesso curiosi e differenziati. Tralasciamo gli splendidi palazzi, su cui torneremo magari un’altra volta e ritroviamo il nostro consueto terzetto che, lasciato il tempio di Sravanabelagola dove giganteggia la statua nuda alta 18 metri del guru dei jainisti, il saggio Gomateswara, i cui adepti maestri si aggirano nudi applicando il concetto dell'omnia munda mundis, si aggira per un altro mercato, molto più vociante ed odoroso. 

Il Gomateswara di Sravanabelagola

Il mercato è uno di quei topoi assoluti nelle città dell'oriente, una categoria dell'esistente dalle caratteristiche comuni e condizionate, con regole previste e prevedibili instauratesi da millenni tra venditore e cliente e che prevedono il corretto tentativo del primo a ricavare, anche esagerando se il cliente non è molto sveglio, il massimo dalla vendita e da parte del secondo, quella di pagare il meno possibile, attraverso una dura e spietata trattativa commerciale. Il venditore ha il vantaggio di conoscere il costo della sua merce, ma il compratore ha quello di potersi informare dei prezzi dei suoi concorrenti e soprattutto di avere il giudizio finale di scelta o di rinuncia all'acquisto. E' una vera guerra psicologica, grande o piccola in cui valgono tutte le astuzie e le malizie, un gioco di scacchi in cui prevale il più accorto. Quella volta, Rajiv, il nostro autista, ci accompagnava passo passo, come se ci ritenesse bisognosi di tutela continua, mentre ci aggiravamo tra le bancarelle cariche all’inverosimile. Qui i venditori invitavano la folla dei passanti a comperare, esponendo la merce secondo le consumate leggi del marketing locale e soprattutto rivolgendo pressanti inviti all’acquisto, magnificando evidentemente la qualità e la convenienza dei prodotti offerti. Era un continuo susseguirsi di voci, di gesti che invitavano ad avvicinarsi, a scegliere, di sorrisi usati in modo sornione per coinvolgere i probabili clienti. Naturalmente, il kannada o l’hindi, sono lingue di difficile comprensione per noi, anche se la gestualità è più facilmente interpretabile, anche se Rajiv era molto disponibile a chiarirci le situazioni meno evidenti. Una immagine tipica dei mercati dell’oriente è la disposizione della merce sul banco. La frutta in particolare sembra necessitare, per essere più attrattiva, di una perfetta geometria di esposizione, un look che dimostri assieme l’armonia della forma che filosoficamente non può essere disgiunta, laggiù, dalla bellezza formale e solo in ultima analisi dalla qualità intrinseca. 

Un gopuram nella campagna

Quindi una perfetta piramide di arance, testimonierà anche della dolcezza e del gusto dei frutti offerti. Tanta perfezione e accostamento di colori, riesce a far passare in secondo piano gli odori decisi e certamente poco gradevoli che aleggiano nell’aria e anche quello che si calpesta mentre si procede tra la gente. Eravamo quasi al margine del mercato della frutta quando ci si presentò una situazione curiosa che vi propongo, a testimonianza del fatto che un bravo venditore deve conosce a fondo l’arte del commercio anche nelle sue sfaccettature mercantili più sofisticate. Passavamo infatti di fianco ad un banco completamente coperto da piramidi perfette e di diverse altezze digradanti, di mandarini enormi che avevano un aspetto assolutamente invitante. Il venditore rivolgeva a destra ed a sinistra il suo invito, ripetendo un mantra costante, ma quando vide il mio sguardo vagare come interessato al suo richiamo e la mia mano scattare una foto, anche se distratta, pur non rivolto direttamente verso di noi, ma mantenendo lo stesso tono di voce, esplicitò la sua offerta in un comprensibile inglese invece che nella lingua locale, ritmata e ipnotica: - Four, one rupee; Four, one rupee; Four, one rupee.- L’offerta era allettante, data anche la bellezza golosa dei frutti, ma subito Rajiv mi informò: - Attenzione Sir (quando si gira in India, si ha sempre la sensazione di essere ricchissimi inglesi che visitano i loro lontani ed esotici domini) prima, in Hindi, diceva “16 per 1 rupia”. Diciamo che potremmo definirlo marketing personalizzato e commisurato ad una specifica fascia premium di clientela. Comprammo comunque i 16 mandarini suddetti che si rivelarono buonissimi, prima di prendere la strada che ci avrebbe condotti fino alle meraviglie dei templi di Belur e Halebib.

Una riserva d'acqua

La più grande cascata del Karnataka
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