sabato 26 settembre 2020

Luoghi del cuore 60: La sabbia di Urumqi


Panetteria - Urumqi - Cina - luglio 1995


Shanghai dalla torre TV di Pudong

Con la Cina ho ed ho sempre avuto un rapporto speciale, un po' perché grazie al mio lavoro l'ho girata in lungo ed in largo, proprio nei momenti del grande cambiamento, alla fine del secolo scorso (detto così pare una vita fa), e un paio di volte anche come turista, anche di recente, sfiorando l'epidemia nel novembre scorso. Quindi, dire luogo del cuore è riduttivo, rispetto alle tante emozioni ed agli infiniti spunti di riflessione che mi ha dato a cominciare dai tentativi di approcciarmi alla lingua, una delle più interessanti del mondo per le sue implicazioni filosofiche. Quindi, mi rendo conto di come sia difficile scegliere qualche luogo particolare in un paese dove tutto merita di essere visto, anche se l'interesse maggiore, a mio parere, è dato proprio dal cambiamento che vedi in atto, ad ogni visita, con una rapidità che ti fa apparire tutto come una visione di un film, accelerato al massimo, come il grattacielo che sorge, un piano al giorno, accanto al tuo albergo o come l'isola di Pu Dong a Shang Hai che, quando ci arrivai la prima volta appariva come un pianoro di sabbia con tante gru e qualche accenno di fondamenta e tre anni dopo, dallo stesso punto di vista, ti appariva una nuova Manhattan con decine di grattacieli di cento piani. Oppure quando confronti i viali di Pechino alla fine dei '90, con le fiumane di biciclette ed una corsia laterale per le macchine, con una foto di dieci anni dopo dove vedi solamente una muraglia di auto in una unica coda intasata. Ma già incalza, la visione dell'anno scorso in città decisamente periferiche dove sono completamente scomparsi gli scooter con motore a scoppio, sostituiti al 100% da mezzi elettrici. 

Venditore Uiguro

Nelle mie prime visite trovavi ancora la moneta per turisti spendibile nei Negozi dell'amicizia, in contrapposizione ai soldi per cinesi e oggi paghi solo più col telefonino anche le rape delle bancarelle o l'ombrello che le vecchiette vendono alla fermata del tram. E anche questo sta per essere sorpassato, perché tra poco la metro si pagherà col riconoscimento facciale. Invece trenta anni fa a Urumqi, che i cinesi nella loro ansia omologatrice vogliono sia chiamata Wu Lu Mu Chi, la popolazione Uigura campava ancora senza troppe vessazioni, Non era ancora il tempo della furia islamica nel resto del mondo ed evidentemente in questa parte periferica del paese, nello Xin Jiang, il tutto arrivava ancora affievolito e non considerato pericoloso dal governo centrale. Certo era strano trovarsi così ad ovest con l'ora ufficiale di Pekino che all'incirca sarebbe a tre fusi orari di distanza. Gli uffici e le fabbriche aprivano a quelle che ufficialmente erano le 10 del mattino anche se era chiaro da poco. Per il resto, al di là delle costruzioni in stile rivoluzione culturale, misere e squadrate delle ultime ondate architettoniche, non appena lasciavi il "nuovo" per andare nella parte vecchia della città, il centro, il suk e tutto quanto era rimasto del passato recente, capivi decisamente l'appartenenza di questo territorio al clima ed alla cultura dell'Asia centrale. Le facce tra cui ti trovavi, con le grandi barbe, la carnagione decisamente più scura, i nasi pronunciati anche se il taglio degli occhi rimaneva orientale, i cappelli di pelliccia ed i pastrani pesanti mostravano una popolazione che con con i pallidi Han avevano poco a che fare. 

Street food

Mi piaceva girare nel mercato tra negozietti più simili agli antri di Asghabad ed i corridoi stretti dei bazar di Bukhara e Samarcanda. Rimasi quasi un'ora nello strambugio di un vecchietto intabarrato in un pelliccione di capra, con in testa un cappellone di astrakan nero, per comprargli un lungo coltello arcuato a cui aveva appena finito di montare una lunga lama affilatissima. Affascinato dal mio interesse, me lo diede per poco ed alla fine della trattativa non finiva di sorridermi, tenendomi a lungo la mano tra le sue per salutarmi. Dalla moschea vicina la voce flebile ma penetrante del muezzin storpiava l'arabo con cadenze cinesi. Le facce bianche erano pochissime da quelle parti, allora; chissà se l'amico coltellaio sarà finito in qualche Lao gai di rieducazione. Per le strade respiravi l'aria sonnolenta dell'Asia, la polvere che ti impasta la bocca mentre cammini, quel ritmo ben diverso dalla frenesia cinese del far soldi a tutti i costi. L'atmosfera era ingombra della polvere del deserto e della secchezza dei climi continentali che non hanno mai immaginato il mare. Un uomo camminava lento lungo la strada davanti ad un cammello peloso, carico di balle di fieno. La lunga veste bianco sporco strisciava la polvere della strada. Chissà come se lo immaginava, se pur mai ci aveva pensato, l'oceano, con la sua furia violenta, che forse lui assimilava a quella cristallizzazione delle dune dei suoi deserti, anch'essi infiniti e senza confini, anche loro in perenne movimento, ma con quale differenza di velocità. Usciva dalla città, diretto verso il nulla forse verso una di quelle vicine oasi a sud, nel Turfan. Il mio amico Ping non era molto eccitato da quella popolazione di barbari da educare, come ebbi modo di constatare nei contatti che avemmo in diverse fabbiche. Infatti non riuscimmo a firmare neppure un contratto. Forse già allora la gente che arrivava da Pekino gli andava su per il naso.

Biciclette

Mercato cose vecchie
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