sabato 22 agosto 2020

Luoghi del cuore 50: Inverno sul lago Bajkal

Il porto di Irkutsk - Bajkal - URSS - gennaio 1993



A pesca sul Bajkal
Risale al gennaio del 1993 il mio primo contatto reale con l'URSS, se si esclude quella piccola toccata e fuga in camper a S. Peterburg che allora era semplicemente Leningrado. Avevo cambiato lavoro, dando una svolta completa alla mia vita e passando da una dimensione provinciale a quella di occuparmi del resto del pianeta. Così cominciai buttandomi nella mischia e invece di andare in trasferta a Pontecurone come facevo al giovedì mattina, feci un giro di 42 giorni in quella che era l'immensità del pianeta Russia a cominciare dalla realtà senza confini, chiamiamola pure della mia futura educazione siberiana. Mi piace soltanto sottolineare la sensazione di perdita di contatto con il resto del mondo, dell'essere in un luogo così lontano dalle mete usuali. In una terra, tutto sommato povera di presenza umana, questa si concentra tutta in pochi luoghi, quasi a creare un fortilizio dove proteggersi da una natura incombente, totalizzante, non tanto amica per la verità. Le temperature sconvolgenti per buona parte dell'anno, l'immensità sconfinata delle foreste che ti circondano fino a perderti nell'assenza di segni di riconoscimento, il terreno, un cemento di ghiaccio che per pochi giorni all'anno si trasforma in una fanghiglia collosa ricoperta da nuvole di feroci e piccolissime zanzare, rendono questi spazi difficili da vivere per chi ha avuto la ventura di esserci capitato, per caso o per forza. Il lago, immenso, è circondato da territori che, al di fuori dei locali, conoscono solo i giocatori di Risiko, la Yakuzja, Chita, la Buriazija, sono nomi remoti che richiamano solitari cacciatori di pellicce del grande nord. Avventure alla Jack London alla ricerca di scheletri di mammuth sepolti nel permafrost. La realtà è come sempre più prosaica, meno poetica. 

Sul lago
Sulla lastra di ghiaccio che ricopre il lago, spessa quasi quattro metri, passavano i camion lungo una pista lunga una ottantina di kilometri che attraversavano da una riva all'altra. Dall'alto della collina la fila del convoglio di mezzi che andava verso est pareva una coorte di formiche nere che si allontanavano lentamente. Il grande bacino, riserva d'acqua dell'umanità, è in realtà devastato da enormi complessi per la produzione di alluminio e da colossali cartiere che sfruttano le foreste del nord, inquinando l'acqua a più non posso. Ma tutto quanto avviene quasi a seicento kilometri più in su e sulle coste più meridionali del lago, nei piccoli porticcioli dove i pescherecci sembravano galleggiare sul ghiaccio, non si avverte la morsa dell'inquinamento e i piccoli insediamenti di casupole basse di legno parevano parte del paesaggio, con i piccoli fili di fumo che escono dai camini appena emergenti dalla neve. Dovemmo bere, per compiacente condiscendenza, un bicchiere dell'acqua purissima del lago, prelevata direttamente da un buco di pescatori nel ghiaccio trasparente del porto, sotto il quale si intravedeva una bicicletta e altri rottami gettati durante la breve estate siberiana. In città entrammo all'Univermag, ma la penuria di merci era pesante e pochi clienti stavano in coda davanti a banconi dagli scaffali desolantemente vuoti. Era ben rifornita solo una sezione di cetrioli in composta e quella delle pantofole di pelo. Ne comprai un gran numero per fare regalini, anche se in quel mese erano disponibili solo di misura 37. Gli alberghi erano infestati di signorine desiderose di sbarcare il lunario, di cui era difficile liberarsi, essendo la presunta clientela sempre più rarefatta.

Una chiesa ad Irkutsk
Questa del mercante sempre in cerca di femmine su cui sfogare i suoi istinti primordiali, deve essere una costante millenaria. Pensate ne parla anche diffusamente il buon Marco Polo nel Milione, vera Lonely planet del mercante in viaggio, che segnala appunto le zone e i paesi dove le fanciulle sono più gradevoli o date in disponibilità dagli stessi mariti, ben felici di favorire lo straniero apportatore di ricchezza. Illustra il Veneziano, con dovizia di particolari, segnalando anche la tipologia di dono più gradito, in genere spille o gioie varie di cui il mercante provvedevasi per la bisogna e descrive situazioni in cui le giovani meno desiderabili e che quindi potevano mostrare, esposte sulle vesti o tra i capelli, meno doni ricevuti, risultavano poi di difficile collocazione. Sta di fatto che chi desidera liberarsi di questo, fastidioso se non richiesto, servizio, deve escogitare diverse strategie per starsene tranquillo, in attesa che le tigri trovino altre prede giunte assetate all'abbeveratoio. Già, per gli appassionati dell'argomento, segnalo solo un caso simpatico, in cui mostrando casualmente delle foto in cui il nostro buon Zhenija era rapato a zero, ci qualificammo come inventori e detentori unici della formula segretissima di un prodotto per una totale ricrescita dei capelli. La fluentissima e ricca chioma che esibiva il nostro al momento, era proprio la ragione per cui lo conducevamo nella nostra road map per meglio piazzare il prodotto. Questo spiegone, unito alla gentile offerta di una bicchierino di Amaretto, servì ad allontanare definitivamente le questuanti, attirate anche dall'arrivo di un gruppo di rubizzi manager tedeschi, facilmente catalogabili come più bisognosi di attenzioni e particolarmente ricettivi. 

Legneria
Il giorno dopo, mentre ci aggiravamo sul lungo lago, faceva un freddo cane, almeno 28°C sotto zero. Lo senti subito quando scende sotto i 25°, nonostante l'atmosfera secca ed il sole pallido pallido, che sembra una stella morta lontana nel cielo, non diano questa impressione. Ogni volta che respiri senza ripararti la bocca con una sciarpa pesante, senti come una lama che ti si pianta in fondo alla gola, come un dolore acuto che ti obbliga a riparati in qualche modo. Il lago Bajkal è un mondo a sé, specialmente in inverno. Una distesa bianca con uno spessore di ghiaccio di almeno quattro metri che lo fa apparire come un'immensa pianura che si confonde col cielo, dato che non riesci a scorgere la riva opposta. L'unica cosa che ti ricorda l'acqua sono i pescherecci immobili, saldati nel ghiaccio, che aspettano il disgelo. Anche se non ci sono più quei bei freddi di una volta, i -40° o peggio, almeno così continuava a ripetere Kostantin, mentre passeggiavamo lungo uno di quei piccoli moli di legno deserti, colpa delle atomiche certamente o della nuova diga sull'Angarà, la sola cosa che ti veniva in mente era di filare dentro a qualche luogo chiuso o riparato, dove scoppiare di caldo, con la stufa accesa al massimo, a bere una vodka, in quella bella atmosfera umidiccia di sudore e di tanfo di chiuso.



Una riva presso la diga
Qualche cetriolo in composta sotto sale o una mezza tazza di smietana, la panna acida che accompagna un po' tutto, magari perché no, caviale e blinì, allora il beluga te lo tiravano dietro a 5 dollari alla scatola, oppure il balik, filetti di salmone affumicato, mi sembra, che piaceva tanto a Zhenia, una ricetta speciale che facevano solo per gli zar. Lui la ordinava con la degnazione di un ufficiale zarista, con il sussiego che il cibo meritava. Adesso mi sembra si trovi soltanto più in Svizzera. Il mondo cambia e cambia in fretta, ma credo che sul Bajkal, quando tutto diventa bianco, le file di camion continuino a traversare il lago, come su un'autostrada naturale, allo stesso modo di allora, partendo di fianco al porticciolo in letargo, seguendo le strisce dei pneumatici sulla superficie ghiacciata, almeno fino a quando la primavera inoltrata non comincia ad assottigliare lo strato trasparente come vetro verde. Sotto il fondo non si vede, sono più di 1600 metri. Allora per arrivare a Chita, devi fare un lungo giro attorno al lago, tra foreste infinite di betulle bianche. Lì non vengono mai i terremoti. La gente dorme tranquilla nelle isbe di legno. E' una terra immobile ed immutabile, da milioni di anni, se non cade un meteorite. Ma venne anche il momento di lasciare il gelo di Irkutsk per tornare a Mosca, per fare il punto della situazione, per tornare a casa. La Siberia, sconfinata illuminata dal sole, brillava diecimila metri più in basso, come un tappeto di madreperla, niellato dalle incisioni d'argento dei fiumi gelati. Un tempo infinito per sorvolare il nulla più assoluto, eppure quando arrivammo, dopo sette ore di deserto bianco, era passata solo un'ora. Miracoli del fuso.

Una isba




Le rive del lago
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