Alekseevich Vladimir Ghiljarovskij 1855-1935 |
Che la morte faccia paura solo alla timida luce
A noi non farà spavento
Mentre viviamo non ci sarà morte
La morte arriverà quando non ci saremo più
Così dice il poeta scrittore, un Cosacco che guarda caso, posò per il quadro I cosacchi di Zhaporozhe di Repin ed i creativi, saranno pure sognatori, ma la vedono sempre lunga. Cari amici, le cose si mettono davvero male, non solo per gli Ukraini o per quei poveracci di ragazzini mandati allo sbaraglio nelle stesse piane sconfinate cpperte di neve e di ghiaccio, che già avevano intrappolato 100.000 alpini, ma per tutto il mondo, temo. Anche per gli sciacalli di cui ho detto ieri, naturalmente, anche se quelli se lo meritano. Il fiore nucleare che apre la sua corolla di morte è pronto a sbocciare nei cieli della terra. Si è rotto un tabu', purtroppo. Una cosa che per nessuno, per quanto pessimo, aveva mai avuto il coraggio neppure di sembrare possibile, è stata pronunciata, come minaccia reale, strumento pronto alla bisogna, un orrore improvvisamente sdoganato come tutti gli altri prima. Fisici e matematici di vaglia hanno calcolato che nella prima ora di guerra moriranno quasi cento milioni di persone, quelli piu fortunati naturalmente, gli altri con calma a seguire. Hanno anche calcolato che basteranno meno di cento testate per cancellare il pianeta, gli orgogliosi grattaceli di 800 metri, i ponti infiniti, le città che raccolgono ogni forma di arte degli ultimi 10.000 anni. Ma allora perché nei depositi ce ne sono stipate quasi 15.000, che spreco di risorse! Un arsenale esagerato da custodire, mantenere, curare per decenni, addirittura per quasi un secolo. Bisognerà pure utilizzare prima o poi tutto questo ben di Dio. Aspettiamo che arrivi un nuovo demiurgo risolutore, la scusa si troverà, come sempre, anche se non ci sarà piu' uno scriba per registrare questa storia, che importa, intanto non ci sarà neppure nessuno per leggerla.
Ditemi allora, pastori erranti per l'Asia, che è per essere proprio sicuri di spazzare via tutto. Ma non turbatevi troppo, qualcuno ce la farà ugualmente a sopravvivere, state tranquilli, la razza umana, come lo scarafaggio è una mala pianta che neanche il gliphosate riesce a distruggere, figuratevi la lebbra nucleare. Pochi tuttavia per poter fare davvero del male al pianeta, che come diceva la natura all'Islandese in quella che forse è lapiu bella Operetta morale di Leopardi, lei non considera l'uomo, neppure si accorge della sua esistenza, né madre, né matrigna, se ne fotte insomma. La nostra al tempo stesso magnifica e lurida razza è riuscita a progettare e forse a realizzare questo sconcio, senza sentirsene neppure responsabile, sono gli altri che ne hanno colpa, noi che ci potevamo fare, i missili abbiamo dovuto lanciarli per forza, siamo stati costretti. E il coro greco, dietro alla cavea con maschere bianche che grida a gran voce, lancia, lancia su quei maledetti, bombarda, brucia, incendia, manda armi sempre piu potenti e velenose. Che importa chi lancerà prima i gas, purché si buttino, che la gente agonizzi tra le macerie con la bava alla bocca e le pupille che scoppiano, purché a favore di telecamera, che si possa vedere, per maledire meglio il nemico. E si laceranno quelle a grappolo e poi le termobariche, di piu, di piu, sempre di piu' perché alla fine scompaia anche l'ultimo anelito di umana pietà, perché si possa dire con occhi freddi e consapevoli: lanciamo l'ultima arma possibile per eliminare questa razza bastarda e indecente, che tutto sia vetrificato, che rimangano solo ombre sfumate sui muri, murales di un Banksy perverso e casuale, ultima forma d'arte possibile, che rimarrà tuttavia senza compratori.
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