Delacroix - La libertà che guida il popolo - dal web |
Oggi vi sottopongo a qualche minima moralia di filosofia etica da bar. Infatti come in tutti i bar che si rispettino, si è aperto, fin dai primi giorni dello scatenarsi di questa follia omicida che sta nuovamente attraversando l'Europa, un interrogativo moral filosofico: se sia da preferirsi la vita o la libertà. In parole povere se bisogna schierarsi e simpatizzare, ammirandoli ed aiutandoli coi fatti piu' che con le parole (leggersi armi o discesa in guerra effettiva) coloro che scelgono il martirio per non rinunciare ad essere liberi, per difendere il sacro suolo della patria oppure mettersi dalla parte di coloro che accettano di perdere questa libertà per non rinunciare al diritto alla vita, soprattutto se si tratti di quella degli altri, aiutandoli solo con mezzi di sostentamento e accoglienza. Insomma se alzare le bandiere dell'appoggio fattivo ai vari Enrico Toti e alle loro stampelle oppure dare la propria ammirazione e magari aiuto alle moltitudini gementi in fuga che vogliono solamente vivere in pace, coltivare un campo, allevare un figlio nella tranquillità di non vederlo bruciato sotto le bombe termobariche o i propri vicini incolpevoli ridotti a cadave ricoperti di piaghe dai gas nervini. L'argomento è di ovvia attualità, data la guerra che prende sempre di piu' la forma distruttiva di tutte quelle che l'hanno preceduta, con l'amplificazione di tutte le tecnologie moderne che in questo caso lavorano a pesante detrimento di ogni pietas umana.
Prendo le mosse oltre che da osservazioni di amici che bontà loro, mi seguono in questo paucus locus, anche da un interessante articolo di Vito Mancuso apparso ieri sulla Stampa. Mancuso mette sul tavolo il quesito in questione, se sia preferibile il valore della vita o quello della libertà, in particolare nel caso disgraziato che si debba forzatamente scegliere tra queste due irrinunciabili cose, antinomia viva da sempre nel dibattito filosofico, glorificata o vilipesa nei libri di storia, sempre però propensi ad enfatizzare il gesto eroico e la propensione al martirio, sacrificio che porta alla santificazione sia in favore della Patria che del proprio credo religioso. Il filosofo ne dà una lettura assolutamente neutrale, conferendo alle due scelte pari dignità e accettazione, anche se però dichiara per propendere ed ammirare decisamente soprattutto la seconda e di sceglierla personalmente come rispondente al suo modello etico. Scegliere di sacrificare la propria vita piuttosto che rinunciare alla libertà gli pare una scelta irrinunciabile. Estende poi il concetto anche al recente dibattito italiano sul diritto alla buona morte, intesa come libertà di rinunciare alla vita come scelta personale e non opponibile. Interessante il paragone tra la guerra putiniana che pervade malignamente il terreno ukraino e la malattia nsostenibile che a poco a poco si impadronisce di un corpo, ne fa scempio, lo costringe ad una esistenza di dolore e inane immobilità costringendo l'uomo che ne è affetto a desiderare la fine come pace definitiva da conquistare e a buon diritto pretendere.
Il tutto però, a mio parere, non si può limitare ad un problema di coscienza che si riduce semplicemente ad una letteraria ammirazione verso chi sceglie il sacrificio supremo, quasi volesse farsi ammirare in uno spietato reality in cui conquistare una imperitura incoronazione sui libri di storia, infiammare animi distratti e interventisti e ispirare poeti che cantino l'importanza di chi "libertà va cercando chè si cara/come sa chi per lei vita rifiuta". Io dico di no, non ci siamo. Anche se posso accettare la scelta individuale, in particolare quello della rinuncia alla sofferenza fisica insopportabile dela malattia senza speranza, già non approvo la stessa scelta, fatta per ragioni morali, appunto meglio morire liberi che vivere schiavi. La soluzione della "bella morte", osannata specialmente da chi ne scrive a tavolino oltre appunto dalle sedie del bar, poi diventa, per me naturalmente, in assoluto inaccettabile ed anche eticamente condannabile quando questa scelta vuole essere imposta ad altri pretendendo di sacrificare oltre a se stessi anche le vite altrui. Insisto dunque e ribadisco che secondo me, non c'è e non ci sarà mai nessun motivo, né la Libertà, né la Patria, né alcun altro valore per quanto grande ed importante che sia, che possa valere la vita e la sofferenza di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo. Condanno chi lo pretende e fa proseliti in tal senso e si ritiene offeso se non viene aiutato in questo senso, pretendendo di trascinare anche altri in questa sua follia suicida ed omicida. A questo punto calo anche il carico da undici, mi fa orrore la ragazzina, che risulterebbe di estremissima destra (metto il condizionale perché nella guerra dei fake non si sa mai) che canta Bella ciao in Ukrayno per esaltare la lotta all'invasore. Sulla Libertà ci sarebbe poi molto da dire e da discutere, essendo uno dei concetti piu abusati e misurati con metrature diverse in ogni tempo e luogo, ma magari di questo parlerò un altra volta.
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