giovedì 3 marzo 2022

Ahi! Odessa, Odessa

La scalinata Potiomkin a Odessa - dal web

Ed eccoci di nuovo qui in una mattina di sole a pensare a chi invece vede albe livide dalle fenditoie di un bunker. Come fa a non prenderti la tristezza, quando ti assalgono i ricordi. Ero a Odessa e il capannone di Kondratiev stava non lontano dalla scalinata. La pressa funzionava bene e vomitava tappi come se fossero una cascata bianca. Sbam, sbam, sbam, ogni cinque secondi lo stampo si apriva e 24 tappi cadevano giu nella tramoggia come neve di primavera. Lui, buttava altro polietilene nel nastro di carico e rideva, rubizzo e cicciuto come era, infatti mi dicono sia morto un paio di anni fa appunto di infarto, e poi alzava il bicchiere di Gorilka, la vodka ukraina del sud che andava per la maggiore da quelle parti. Una bottiglia per tre, na traix, questa era la quantità standard di un normale bevitore laggiu' e se io e Gianni non mantenevamo la media, ci pensava lui a metter tutto in pari. Una volta mangiammo lì nel suo antro magico dove i tappi scendevano dal cielo e si trasformavano in dollari sonanti, una musica cristallina che lo allegrava parecchio. Ci preparò tutto la ragazza che stava nell'ufficietto dietro la pressa. Mangiammo forse shaslikì e cetrioli in composta, alla vigliacca come si fa in campagna. Alla radio suonava una vecchia canzoncina che andava ancora per la maggiore, Ahi Odessa, Odessa mama..., forse la trovate qui, (clikkate e sentite la canzone mentre leggete per entrare nel mood). Ma lì eravamo al centro di quella Odessa cosmopolita e caotica, ribollente di nuove occasioni di affari leciti o loschi a seconda di quelli con cui ti capitava di accompagnarti, pieno di mafie locali e importate che sgomitavano per cercarsi uno spazio di azione come in tutti quei luoghi dove il capitalismo di assalto, cosiddetto primario, in cui si formano i patrimoni importanti, creati dai piu' farabutti ai danni della comunità tutta. 

Una città in fermento dove tutti i giorni nascevano locali, negozi, imprese, dove tutto era buono per fare soldi e tutti correvano ad una velocità sconosciuta ai tempi vecchi. Kondratiev, credo che di nome si chiamasse Kostija, rideva sempre, soprattutto perché l'impianto marciava che era una meraviglia e dopo il collaudo ufficiale ci portò, sulla sua vecchia macchina americana, una specie di transatlantico, in un bel ristorante in un parco, mi sembra proprio vicino alla scalinata dove il sevruga servito su coppe piene di ghiaccio tritato e i blinì scorrevano a fiumi, anche se accompagnati solo da sovetskoje shampanskoje. Allora in Ukraina giravano una sacco di vecchie macchine pompose, non era ancora il tempo delle BMW e delle Audi 8 e muoversi su una vecchia Cadillac era una sorta di status simbol. Kostija guidava e rideva ci portò fino al bordo della scalinata, anche se credo fosse vietato, ma in quella Odessa un po' smargiassa ed esplosiva si poteva fare un po' tutto e i guai non venivano da te se non te li andavi a cercare. C'era una parte della città, una zona franca con un gigantesco mercato dove si trovava qualunque cosa, dalle matrioske dipinte ai kalashnilov, qualcuno dice anche il fosforo rosso, ma credo che fosse solo una trappola per spillare soldi ai gonzi ingordi, dove bisognava stare attenti e Kostija portò il mio amico da un snatone che stava da quelle parti, molto accreditato che ti raccontava il tuo futuro. Partimmo dalla Deribasovskaya, la via centrale dello struscio, tra belle ragazze fasciate nelle cortissime minigonne e lunghi stivali che ancheggiavano davanti alle prime vetrine luminose piene di santini dell'Occidente godurioso, per arrivare in una zona dove c'erano degli strambugi in cui sedicenti maghi molto popolari, ricevevano la gente per cure e consigli, dato che i dottori veri costavano almeno 100 dollari. 
 
In uno di questi locali sulla strada, stava un vecchietto rugosissimo, con dietro le spalle una moglie appollaiata come un'arpia che ritirava le 100 grivne del consulto senza dire una parola, infilandosele con una mossa rapida sotto un grembialone sdrucito e guardando in alto o dall'altra parte, come per sviare l'attenzione dalla cassaforte di famiglia ai malintenzionati. Il vecchio lo fece sedere su uno sgabello e sentiti i suoi problemi di ansie e paturnie varie psicologiche, gli snocciolò come gli avesse letto nel pensiero, qualcuno dei suoi fatti privati, cosa che, come per tutti i maghi desta grande meraviglia e che contribuisce in modo esponenziale ad aumentare la credibilità del responso. D'altra parte questa gente ha sempre le capacità psicologiche di saper indagare la mente umana tramite domande preventive che scoprono le carte del "paziente" piu' di quanto non voglia. Quindi gli passò piu' volte le mani sulla testa soffermandosi come a tastarne la consistenza dell'aura e poi gli snocciolò i suoi consigli, dicendogli alla fine di stare tranquillo che stava benissimo e di non cercare balle per autogiustificare il suo stato di prostrazione e di considerare che tanto non sarebbe morto che nel 2028, giusto in tempo per finire di pagare il mutuo. Lui infatti adesso è tranquillissimo per questa situazione e questa certezza lo ha fatto vivere sereno e gli ha fatto superare con tranquillità anche momenti difficili. Già, bei tempi quelli, il vento soffiava dal sud sferzando il viso, il Mar Nero stava lì davanti al porto, nel suo mantello grigio ferro invernale e sui bordi di quella scalinata straordinaria quasi deserta di gente, allora i bordi erano spogli e non alberati come adesso e la vista correva lontano, restavano, ingombranti, solo rimasugli di neve sporca di scrupoli di coscienza che la città rigettava con la sua esperienza di secoli.


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2 commenti:

Juhan ha detto...

Stupendo (adesso lo raccomando su Fèissbukk) ma io avrei scritto politene. O sono solo io?

Enrico Bo ha detto...

la dizione chimicamente corretta è polietilene, ma colloquialmette è accettabile anche politene, ma è la stessa cosa

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