venerdì 9 ottobre 2020

Luoghi del cuore 68: Matrimonio messicano

Miguel - San Luis de Potosì - Messico - luglio 1999


Secondo me i luoghi del cuore si identificano più che altro con le sensazioni e le emozioni provate, piuttosto che negli spazi fisici. Quasi sempre infatti quando vado con la memoria a qualche mia esperienza del passato che mi riscalda la memoria e che ripercorro a poco a poco quasi accarezzandomela, per non farla svanire nella melassa confusa dei ricordi, quello che ancora mi sembra di sentire, sono gli odori, le sonorità, i gusti che ancora ti pare di sentire in bocca, il freddo, il caldo, spesso per contrasto. Infatti in questi giorni in cui i primi refoli di vento freddo arrivano dalle montagne già spruzzate di bianco, hai voglia di calore, quello di cui ti sei lamentato fino a ieri, di quel soffio rovente che fa sudare, che ti invoglia a stare seduto all'ombra a goderti quello che ti passa intorno. E' il contrasto della diversità quella che ti fa pensare e fa affiorare i ricordi. Subito mi rivedo in un luglio caldissimo a San Luis de Potosì, come in tanti altri paese del Messico coloniale profondo, il millennio stava per finire, ma da quelle parti nessuno, almeno io non me ne accorgevo, si interrogava sui problemi del millennium bug, qualcuno ancora se lo ricorda? No, il Messico centrale ha un senso di immobilità permanente, neppure carica di attesa; si sta lì senza misurare il tempo, respirando piano, per difendersi dalla fatica. I Me ne stavo seduto in una Cantina sul Zocalo di fronte alla chiesa in cui entrava una vaporosa e bianchissima sposa. Una torta alla meringa accompagnata da uno stuolo di damigelle festanti. Anche lo sposo è bellissimo, giovane e altero coni capelli corvini impomatati. Intorno ragazze coi vestiti pastello e cappelli a tese larghissime. Mentre sorseggiavo un margarita ghiacciato, il corteo sparisce nella fresca ombra delle navate, mentre fuori, nel pronao barocco rimane il gruppo dei Mariachi che continua a suonare in attesa della fine della messa, incurante della calura. 

Mariachis

Cascata di note che pioveva fuori dagli strumenti senza infrangersi, contro gli archi del portico, ma proprio per quella calura pesante, si adagiava scivolando sul battuto di mattoni che portava alla soglia della chiesa e alla balconata coperta dove me ne stavo spaparanzato a godermi lo spettacolo. Gli acuti della tromba che sottolineavano la melodia faticavano ad uscire, un po' striduli, in fondo dovendo soffiare poderosamente nello strumento, il trombettista era quello che apparentemente si affaticava di più con quelle guance gonfie a palloncino e gli occhi che sembravano scoppiare nello sforzo. L'altro che sembrava più provato era il portatore del basso, il guitarròn, panciuto ed obeso anche lui, che doveva stare piegato un po' all'indietro sulla schiena in una curva innaturale per bilanciare i perso dello strumento, gli altri si limitavano a pizzicare le corde e a gorgheggiare ad alta voce, mentre le coppie e gli invitati entravano a passo lento dal grande portale. Anche la massa delle statue di pietra della facciata che il barocco coloniale affollava a centinaia in ogni spazio libero, prese da un horror vacui ossessivo, sembravano guardare tutto quello sforzo, affaticate da una attesa centenaria, che tanti ne aveva già visti di quei suonatori di contorno alle cerimonie che si consumavano sotto quegli archi. Straordinari, grandi, grossi, grassi, strizzati nei loro costumi, tanto stretti da sembrare cuciti addosso. Col sudore che cola loro a rivoli dalle fronti rugose a macchiare di aloni le candide camicie mentre gli ultimi invitati invitati li schivano per entrare in chiesa. Senza neanche il sombrero per ripararsi dal sole allo zenit. Altro che siesta messicana. Che s'adda fa' pe' ccampà! Camarero, otro margarita si puedes, muy frìo por favor.


Al matrimonio


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