sabato 4 agosto 2018

Etiopia 41 - Axum

Uscendo dal parco del Simien

La cattedrale di Axum
Dopo una bella e sorprendente colazione con marmellata e miele scuro, dolceamaro, davvero gustoso, bisogna saltare in macchina che, chissà come mai, la strada è sempre tanta e il tempo così poco. Per arrivare fino ad Axum ci sono più di 250 km e per arrivare in orario utile a vedere le varie cose, bisogna muoversi presto. Accidenti al presto. Fuori è appena chiaro e la strada tra le montagne, in alcuni tratti una pista tortuosa, molto malandata e lenta. C'è foschia nell'aria, tanto da non riuscire a vedere il versante opposto degli strapiombi che qui sono davvero paurosi. Della famosa cascata in secca neanche a parlarne, d'altra parte se non c'è l'acqua, cosa vuoi vedere, un salto che potrebbe apparire come una fenditura nella roccia e basta, come cento altre, bisognerebbe tornare alla fine della stagione delle piogge, ma in quel momento il parco è chiuso e inagibile proprio per le piogge, e allora? Una specie di comma 22 inestricabile, forse sarà per questo che neanche su internet si riescono a trovare immagini di questa meraviglia della natura. Tra l'altro l'acqua ci serve pure, vista la strada che dobbiamo ancora fare. Compriamo invece un po' di banane da sbocconcellare lungo la via. Invece dell'acqua, appena fuori Debark, diamo un passaggio ad un ragazzo che fa l'autostop con l'aria stanca. Marek viene da Danzica, ha venti anni, ha preso un biglietto aereo e ha deciso di fare la tratta Amman- Addis Abeba, senza un soldo in tasca. Ha gli occhialetti rotondi da Nerd e parla poco. 

Fedele
Fedele
Gira a piedi e cerca di farsi caricare da qualche macchina di passaggio, era infatti già a una decina di km dalla città alle 7 di mattina; dorme col sistema del couch surfing, in sostanza a casa di chi ti ospita gratuitamente in cambio del racconto della tua storia (se non lo sapete c'è un sito qui su internet per chi vuol provare questa opportunità e stile di viaggio), e mangia quando glielo offrono. Ha passato la notte in una baracca appena fuori città, non è stato necessario cercare sulla rete e ha già mangiato la sua injera mattutina, che gli ha offerto la sua ospite, così ne ha per tutto il giorno, con l'aggiunta di qualche banana. Dice che in Africa è più facile girare così che altrove, qui sembra che siano più disponibili all'ospitalità. Ormai è quasi alla fine del giro che dura già da un paio di mesi, ancora poche centinaia di chilometri e arriverà nella capitale, per prendere l'aereo del ritorno. Una sorta di Pekino express in solitaria, avventurosa ma mi pare, un po' triste. Non so se mi piacerebbe una esperienza di questo tipo, del paese che attraversi certo vedi poco e forse non arrivi neanche nei posti dove vorresti andare, ma di certo impari molto della gente che lo popola. Intanto Lalo sembra stare decisamente meglio, inoltre dichiara di essere stato da un medico che anche se non gli ha potuto fare il test della malaria, gli ha dato gli antibiotici per le affezioni respiratorie. La febbre comunque non è tornata e io tenderei ad escludere la terzana, anche perché sono già passati quattro giorni. Mi sento un poco dottor Shweitzer, in mezzo ai selvaggi.

Pope
Comunque scendiamo di quota tra panorami epocali, fatti di canaloni profondi, montagne ripide che si elevano sopra le nostre teste e foreste fitte che ne ricoprono i fianchi. Poi la quota si stabilizza sull'altopiano attorno ai 1500 metri e man mano che ci allontaniamo dalle montagne, il territorio diventa più arido e magro, anche le colture diventano seccagne e misere, sterpi bassi ed erbe gialle dall'apparenza agonizzante. Vicini e lontani, nei campi cominciano a vedersi i primi dromedari, sia addetti ai lavori agricoli, che soli, selvatici abitatori di quelle terre destinate a diventare deserto. Noi preghiamo di no, ma tutto, intorno a noi aspetta la pioggia, come un evento benedetto e portatore di vita. Oggi è domenica, ma soprattutto è anche la Pasqua per gli ortodossi etiopi, che cade due settimane dopo la nostra. Mentre ci avviciniamo alla città, lungo la strada ormai larga ed agevole, gruppi sempre più numerosi di persone vestite a festa, le donne avvolte in enormi scialli bianchi coi bordi colorati, camminano a margine. Tutti arrivano o vanno verso una delle tante cerimonie religiose che si celebrano in questa santa occasione. La maggior parte delle persone portano attorno alla testa una specie di cerchio o di calotta più complessa fatta di listelli di foglie di palma intrecciate, un altro segno della festa. Quando arriviamo ad Axum, verso mezzogiorno, scopriamo che questo è uno dei centri più importanti dove converge la gran massa delle persone che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. 

L'ostensione della Bibbia
La città è uno dei più importanti centri religiosi del paese ed attorno alla cattedrale, anche adesso che la messa è finita si può notare un grandissimo assembramento di persone, oltre a tutta quella organizzazione che campa della religiosità popolare e popola questi luoghi, visti unicamente come fonte di reddito. I consueti mercanti del tempio, che per la verità qui sono stanziati appena fuori, nel grande giardino e nella piazza antistante lo spiazzo delle chiese. Venditori di oggettistica religiosa, soprattutto croci, di legno e di metallo, bastoni da preghiera, ceri di ogni dimensione, piccole icone e immagini colorate su carta e su legno e poi anche il resto, un po' di paccottiglia per gli scarsi turisti che comunque arrivano anche qui percorrendo la via delle chiese del nord. La cattedrale, dedicata a Nostra Signora Maria di Sion, tuttavia è piuttosto moderna risalendo solo al 1965 e quindi di scarso interesse, se non per la gente che la popola e che si aggira all'interno eseguendo pratiche religiose, preghiere, prostrazioni e soprattutto sfilando davanti ad un giovane pope che, mostrando una antica e per la verità bellissima Bibbia miniata in ogni pagina, che tutti baciano con convinzione, chiedendo grazie, effettua il suo offizio benedicendo i postulanti, senza chiedere nulla, anche se con aria piuttosto distratta. Alcuni girano intorno per godersi la chiesa, altri rimangono davanti alla porta pregando con la testa che tocca gli stipiti, con la stessa intenzione degli ebrei davanti al muro del pianto. 

Fedeli
Fedele
Un insieme abbastanza convincente della religiosità popolare. La chiesa a fianco, con lo stesso nome, vecchia di almeno quattro secoli, ospita invece affreschi antichi e molto belli che puoi ammirare a piedi nudi o seduto sui tappeti che ricoprono il pavimento. Qui c'è meno gente ed un senso di raccoglimento più spiccato, dato forse dalla penombra che regna tra i pesanti pilasti. Solo la terza chiesa è sbarrata e d inavvicinabile, circondata com'è da una pesante cancellata e con giusta ragione, lì infatti, almeno così pare, è conservata l'unica ed autentica arca dell'alleanza, che il re Salomone aveva donato alla regina di Saba in occasione della sua visita a Gerusalemme, forse in cambio del suo amore e ben s'intenda della sua conversione, assieme a tutti i suoi sudditi. Qui venivano incoronati i re e gli imperatori. Ora nessuno la può vedere al di là dei massimi o forse dell'unico capo dei sacerdoti, ma ogni fedele che arriva qui, è certo della sua inequivocabile presenza, che rende questo luogo santo su tutti gli altri. Non vorrei oltre addentrarmi su questo argomento, certo opinabile, ma non per chi ci crede, d'altra parte spinoso, ma io sono morbosamente attratto da questi luoghi che vedono prevalere su ogni umano dubbio o domanda, il trionfare della fede assoluta, di fronte alla quale deve cessare ogni tipo di ragionamento, di discussione. Nel grande giardino interno, intanto, migliaia di fedeli si aggirano o rimangono seduti all'ombra delle piante.

Fedele
Pope
Altri sono riuniti ingruppi di preghiera; un gruppo particolarmente numeroso, è accalcato attorno a dei religiosi che sembrano fare sermoni o invocazioni al cielo e ad ogni intervallo, scandito dai movimenti dei bastoni di preghiera, si gettano a terra, qualcuno, si rotola, altri levano gli occhi e le mani al cielo in una ultima invocazione, altri infine cominciano una sorta di marcia in ginocchio per raggiungere il limite dell'assembramento, dove officiano i preti avvolti nei loro mantelli gialli, cadendo poi ai loro piedi. Molte donne, alcune bellissime, hanno la croce ortodossa tatuata sulla fronte, tutti ne hanno una più o meno grande al collo. L'atmosfera è davvero coinvolgente e fai fatica a staccarti dalla massa di mantelli bianchi che si gonfiano al soffio del vento. C'è un ché di magico o di soprannaturale che riempie l'aria e ti lascia credere che molto di miracoloso sia possibile, che d'improvviso possa accadere qualche cosa di inatteso, un'apparizione, una visione collettiva o semplicemente un senso di liberazione generale dai peccati, una assoluzione definitiva e, gaudium magnum, un alleggerimento della propria anima.  In questa situazione che può fare il neutrale osservatore, se non, appena riuscito ad escludersi dall'ipnotico coinvolgimento, scattare all'impazzata cercando di cogliere più che immagini, emozioni di quello che sente più di quello che vede. Sono visi, corpi in movimento, pietre vivificate dai respiri e dalle preghiere. Tutto diventa intangibile, come è difficile trasformarlo in immagini che rimarranno per loro propria natura, freddi documenti, oggi digitali, neppure più cartacei.

In preghiera
In preghiera
Due signore avvolte in bei veli bianchi, mi sorridono. Io le martello di scatti e loro, invece di irritarsi come temevo, cambiano posizioni per agevolarmi il lavoro, poi, però non mi lasciano mica scappare. Vogliono carta e penna su cui mi scrivono il loro indirizzo con promessa di invio certo delle immagini concesse. Lo farò, lo prometto. L'ultimo edificio del complesso, invece è un piccolo museo, che contiene cimeli dei regni e degli imperi che si sono succeduti nel paese, tenendo conto che qui, stato e chiesa erano strettamente correlati e la figura del re ha sempre avuto anche una valenza religiosa. Così nell'ombra cupa di un lungo stanzone polveroso, vedi ammucchiati una serie di ricchissimi paramenti e tutte le corone appartenute ai re di Gondar e ai loro successori e poi agli imperatori fino ad Ailé Selassié e molti altri oggetti di corte, troni, selle preziose, abiti, scettri, ventagli e flabelli. Una magnifica collezione che meriterebbe forse ben altra esposizione. Usciamo dal recinto un po' frastornati non è ben chiaro se dal senso di religiosità immanente o dal gran caldo che non ti lascia respirare. Bisogna andare a bere qualcosa prima di cadere lunghi per terra, come i fedeli che abbiamo appena lasciato alle nostre spalle. Vada per la Coca ghiacciata, magari si butta anche giù qualcosa, perché è vero che bisogna nutrire soprattutto lo spirito e non di solo pane vive l'uomo, ma visto che la giornata è ancora lunga e anche piuttosto bollente, bisogna soprattutto recuperare le forze, prima di ripartire verso nuove mete. 








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