lunedì 20 agosto 2018

Etiopia 50 - La salita al vulcano

In cima all'Erta Ale


Guardia
L'oscurità è calata di colpo, come accade sempre quando non sei lontano dall'equatore; la luna non è ancora sorta e quindi è quasi buio pesto appena illuminato dai fuochi accesi davanti alle capanne, nere sagome inquietanti, fatte di nera pietra, costruite sulla nera lava incartapecorita e contorta. Sullo sfondo la sagoma nera del vulcano chiaramente visibile soltanto dal chiarore rosso che balugina sulla sua cima, altrimenti invisibile adesivo nero, sul nero della notte e individuabile solamente grazie al margine di stelle che distingue il cielo dalla terra. La grande fascia di astri della Via Lattea attraversa tutto lo spazio sopra di te, tracciando una via chiara ed inconfondibile. I punti luminosi che traforano il mantello di velluto nero non sono mai stati così luminosi, almeno per me, piccolo uomo di città che riesce ancora a rimanere a testa in su per rimirare a bocca aperta questo spettacolo così potente quando l'aria è perfettamente tersa e priva di  umidità e di altre luci. Torno nello spazio circondato dalle costruzioni, dove è cominciato un certo movimento. Tra guardie armate, accompagnatori, cammellieri Afar e turisti, c'è parecchia gente che si muove nello spazio davanti e dietro quello che è ormai un vero e proprio villaggio. Ad un certo punto la maggior parte dei dromedari sono stati caricati di acqua e materassi e di quanto altro servirà lassù, dove quel rosso chiarore offusca un poco le stelle. Intanto la temperatura è scesa a livelli accettabili, sicuramente al di sotto dei 40°C ed è arrivata l'ora di partire.

Al campo base
Si formano subito due gruppi. Gli arditi, che baldanzosamente prendono il sentiero che a poco a poco sale attraverso i campi di lava scricchiolante e che li condurrà in una dozzina di chilometri in tre orette molto faticose alla meta. I problemi sono dati dal terreno fortemente accidentato che impone una certa attenzione nella marcia, considerando il fatto che il percorso avviene nel buio totale, impossibile senza buone torce e dalla temperatura che si mantiene anche di notte su livelli elevati. Inoltre è necessario anche prevedere che qua c'è una buona dose di forti ed allenati trekkers e che bisogna mantenere anche un certo passo per non essere lasciati indietro dalla fila che procede senza tregua per i meno dotati. Insomma pietà l'è morta, come dicevano gli alpini. Tiziana non ha dubbi e si incammina con la prima compagine dei marciatori, così da rimanere al massimo in fondo al gruppo se verrà superata dai pié veloci più incarogniti. In ogni caso l'affido a Lalo che non me la abbandoni dispersa nella notte africana, che qui davvero non ti trovano più. Io cedo clamorosamente, complici gli occhi dolci che mi sta facendo una dromedaria gentile e non troppo alta, ritenendo in questo modo di essermi tolto i sassi più grossi dalle scarpe. Insomma una salita tranquilla di due orette e mezza (che le bestiacce non marciano molto più veloci degli umani) che mi permetterà di apprezzare la volta meravigliosa del planetarium naturale che si dispiega su di me, rischiarato man mano anche dalla luna che sta sorgendo dietro l'Erta, alla faccia di chi ama camminare quando se ne può fare a meno.

Verso il deserto
Mal me ne incoglierà; mai previsione si rivelerà più fallace e traditrice, seguitemi e saprete. Intanto, mentre la massa camminante ha lasciato il villaggio ed è scomparsa risucchiata nel nero della notte, gli animali vengono legati gli uni agli altri in una fila certa, in modo che servano pochi cammellieri alla guida per muovere il gregge riottoso verso la vetta. Sul mio destriero viene assicurato, a mio parere di esperto del deserto, piuttosto sommariamente, una sorta di trespolo fatto da quattro bastoni incrociati, tenuti insieme da corde che fissano anche sul dorso della bestia alcune coperte. Nella parte anteriore la croce formata dai legni costituisce una specie di punto di presa a cui attaccarsi con le mani per reggersi in bilico tra gobba e collo. Salgo a bordo, sotto lo sguardo ironico del tenutario dell'animale, come immagineranno i più critici, con una certa difficoltà. Capirete bene che issare la mia massa di carne tremula su quel catafalco, non è impresa da nulla, anche se la mia dromedaria era ancora completamente accucciata sulle sue ginocchia; comunque sia con l'aiuto di qualche volenteroso addetto accorso a dar man forte, riesco a mettermi a cavalcioni del mostro, che durante tutta l'operazione ha cessato di colpo di farmi gli occhi dolci, di quando forse pensava che lo avrei soltanto alimentato, e ha cominciato a lanciare nella notte rauchi barriti, o come cavolo si chiamano i versi diqueste bestie gobbute. Quando pare che mi sia finalmente sistemato in maniera decente (pia illusione), ad un ordine dell'addetto, la bestia alza prima le zampe posteriori cercando di sbattermi giù sul davanti e quindi solleva gli anteriori, provocando analogo tentativo, fallito per fortuna, nella parte posteriore.
In partenza
Insomma siamo a bordo, pronti per la partenza. Subito cerco di esibirmi in una serie di suoni di base, schiocco della lingua secondo i click appresi dalle lingue boscimani, o i krrrrrr, usuali nel deserto del Tar per cominciare la marcia, che mi sono consueti, ma evidentemente questi animali parlano altri idiomi e non rispondono per nulla ai miei ordini, anzi continuano a camminare con il loro ritmo sballonzolante, che non si cura dei terzi trasportati, al contrario rivelano il chiaro intento di sbalzarti al più presto di sella o trespolo che di si voglia. Anche il cammeliere che precede la fila, mi guarda con compatimento mentre tento di dare alla bestia la sensazione di comandarlo, almeno così si dice si debba fare con le cavalcature, per convincerle di avere in mano la situazione, di far loro sentire chi comanda insomma. Comunque il tragitto verso la cima è cominciato e si rivela subito faticoso e difficile. Dopo poco raggiungiamo il gruppo dei camminatori e anche nell'oscurità noto che Tiziana è già in fondo al gruppo che si è già spezzato in diversi tronconi, guidato dai più atletici e baldanzosi che evidentemente devono arrivare primi. Speriamo che non me la perdano tra i cespugli. Intanto la luna è comparsa nel cielo, è quasi piena ed il disco giallo illumina il cammino in maniera mirabile; si può quasi spegnere la torcia. Intanto man mano che si sale verso la bocca del vulcano, i cespugli e la vegetazione che occupavano gli spazi liberi tra la sabbia e le rocce di lava, comincia a diminuire fino a scomparire del tutto; adesso il sentiero non esiste più e la strada si fa a senso, guidati dal bagliore sempre presente sulla cima.

Lava cordonata
E' un terreno scabro ed impervio ricoperto dai flussi ancora ben visibili di cordonature di lava nera, che è scesa di recente in grandi fasci viscosi che hanno formato grovigli simili a mazzi di radici di un malevolo albero colossale che, sceso dal monte, è riuscito ad invadere pervasivamente tutto il terreno circostante. Sarebbe bellissimo poter ammirare l'insieme straordinario e assolutamente unico che ti si staglia dinnanzi: il paesaggio severo che ti circonda, la nera lava che il domedario calpesta con passo felpato senza ferire i delicati cuscinetti delle sue adatte zampone, il cielo ripieno di stelle, la luna che illumina il cammino segnato dal vulcano che incombe. Sì, sarebbe davvero bello se non ci fosse un problema fastidiosissimo e non risolvibile. Dopo soli pochi minuti di marcia, l'andamento ciondolante caratteristico della cavalcatura, l'incongruità della postazione gestatoria, l'approssimazione del trespolo a cui abbrancarsi è tale, che gli scuotimenti cominciano a produrre il temutissimo sfregamento della zona perineale contro il dorso cammellifero, alle cui conseguenza poco possono impedire i miseri strati di coperte frapposte tra le mie delicatissime anche se rugose ed anziane chiappe e l'animale stesso. E' una vera e propria tortura a cui non è possibile porre rimedio, oltretutto non è neppure possibile cercare di cambiare posizione, offrendo altra carne fresca all'abrasione, data la posizione già fortemente precaria da tenere in cima all'animale, che sotto sotto sembra godere della situazione, ciondolando la testa soddisfatta senza più lamentarsi del mio tutto sommato lieve peso, se confrontato con i blocchi di sale che portano di norma i suoi compari.

Al campo base
Tento di posizionare le gambe, incrociandole sul davanti del trespolo, come ho visto fare intanti documentari, dai beduini sahariani, ma un conto è la grammatica, altro è la pratica e dopo pochi minuti, i crampi si impadroniscono ferocemente dei miei muscoli impoveriti e non usi alla posizione. E' tutto un cercare di spostarsi qua e là, evitando e questa sembra l'eventualità più probabile, di cascare giù dalla bestia malefica, che intanto accellera superando dossi e collinette e sbattendomi ancor di più pericolosamente avanti e indietro. Tento alla disperata di calcolare mentalmente quanto tempo sia passato dalla partenza, ma la cima illuminata del vulcano mi appare sempre più o meno alla stessa distanza, inoltre il cammino si fa vieppiù ripido, facendo aumentare in proporzione, pericolo e scossoni. Il mio fraccoscio (almeno così si diceva una volta) sarà ormai ridotto in poltiglia, a giudicare dal bruciore che avrà generato bolle purulente, gli amici di Maria sono sottoposti a continui e pericolosi schiacciamenti, le gambe mi tremano dallo sforzo, i muscoli (quali muscoli) delle braccia si sono completamente induriti nel tentativo di rimanere abbrancato al trespolo con il quale le dita delle mani sono ormai un tutt'uno indistricabile, me le dovranno staccare con la fiamma ossidrica. Sono quasi alla disperazione, sraà la posizione iniziale sbagliata, sarà il mio peso oversize, i pochi altri cavalieri che mi seguono, invece, non danno il minimo cenno di lamentela, il ragazzino cheè davanti a me, addirittura sembra addormentarsi in sella appoggiato indietro ai bastoni e per questo viene redarguito dal nostro duce che teme di perderlo nella notte.

I dromedari per il trasporto
Il fatto è che non ne posso davvero più, sono agli sgoccioli, non riuscirò neppure più a scendere dalla groppa, né a camminare per giorni, dannazione a me e a quando ho deciso di farmi grassare i 40$ in cambio del diritto ad essere torturato. Comincio una sorta di meditazione onirica che mi faccia perdere la nozione del tempo e che cancelli le sensazioni fisiche degli arti che lanciano urli disperati provenienti dalle diverse parti del mio corpo, impegnate nello sforzo; pronuncio sottovoce una litania di mantra irripetibili e volti soprattutto ad anestetizzare l'epidermide sotterranea, inspiro ed espiro con regolarità cercando di rallentare il pensiero e di annullare le sensazioni più negative. Anni di pratica nelle discipline orientali dovrà pure servire a qualche cosa. Intanto anche il bagliore rosso del vulcano è scomparso dietro una anticima. Insomma diciamo a chiare lettere, non sono fatto per queste cose, accidenti! Ad un certo punto, quando sento di essere arrivato al limite e le posizioni possibili sono state tutte più volte sperimentate, accade l'imponderabile insperato. La carovana si arresta di colpo. Siamo in una sorta di spazio sommitale, con un ampio terreno sopra il quale compaiono nel buio, muraccioli di pietra a delimitare piccoli spazi a cielo aperto. Tutto intorno si aggirano già delle figure nere. Siamo arrivati. La bestia lancia un guaito lugubre, poi si piega sulle ginocchia anteriori, mentre io rimango pericolosamente appeso nel vuoto in avanti, poi su quelle posteriori giacendo finalmente accucciato. Cerco di scivolare a terra lasciandomi andare lungo il fianco della mia cavalcatura che geme di soddisfazione, chissà perché; sono io al limite che dovrei farlo.

Campo in cima all'Erta Ale con la cenere nell'aria
Quasi non riesco a mettermi in piedi sulle gambe, le ginocchia mi fanno male, le spalle, le braccia, i muscoli della schiena sono dolenti e gridano vendetta, i polpacci che si sono stretti attorno al ventre rigonfio, come da regolamento cavalleresco, sono ormai insensibili. Non vi parlo oltre delle parti più segrete, sottoposte a schiacciamenti e scuotimenti assolutamente inadatti alle stesse. Uno  strazio di cui porterò di certo i segni per mesi, sempre che mi possa riavere. Manca soltanto più la pratica della manci, senza la quale il cammeliere non si ritira nel buio della notte. Dopo una mezz'oretta arrivano i primi baldanzosi camminatori e finalmente anche la mia Tiziana, fortunatamente non dispersa sui fianchi del monte. Gli animali vengono scaricati, i materassi gettati a terra e ognuno è invitato a cercarsi uno spazio tra i muraccioli a secco di pietra, dove devono essere disposti per la notte. Si cerca tutti di fare unpo' di rumore in modo che i topi che si aggirano qua e là, se la filino impauriti per la protervia dei nuovi arrivati. Un gruppo di Avventure nelmondo, che avevamo già incrociato giorni fa, litiga animatamente, le fatiche della salita si fanno sentire. Sono quasi le 11 e dopo avere preparato il campo à la belle étoile per la notte ed esserci rifocillati alla meglio, è finalmente il momento di scendere nella caldera per gustare lo spettacolo straordinario per il quale ci siamo sottoposti a questa corvé. La luna è alta nel cielo e illumina il cammino della discesa agli inferi. Il bagliore è forte al di là della cresta. Sarà di certo una esperienza sensazionale. Ma la sorpresa ve la voglio riservare per domani.


Il campo sotto le stelle


Preparando i cammelli
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