martedì 28 agosto 2018

Etiopia 56 - Il monastero di Neakutoleab

ILmonastero Neakutoleab

Procavia
Siamo arrivati a lunedì, ancora giorno di celebrazioni religiose e prima di lasciare definitivamente Lalibela andiamo a vedere una piccola chiesetta, di un monastero rupestre a pochi chilometri di pista lungo il fianco di una montagna scoscesa. Arrivati ad una piazzola esposta sulla valle proseguiamo a piedi lungo il sentiero seguendo un gruppetto di pellegrini che stanno andando alla messa. Lungo la discesa, dalle spaccature della roccia occhieggiano curiose, delle procavie grassocce che osservano i passanti senza timore, continuando a rosicchiare qualche seme secco. Si continua a scendere tra i gradoni scivolosi, aggirando massi che guardano lo strapiombo, così quasi non ti accorgi del monastero nascosto in una lunga grotta orizzontale che fende la parete di roccia. Come in molte culture di abitatori delle caverne, la fenditura è stata chiusa con un muro di pietra dietro il quale si è sviluppata la costruzione del monastero stesso. C'è soltanto una piccola porticina attraverso la quale i fedeli entrano avvolti dal tradizionale scialle bianco. La maggioranza è qui dall'alba e la funzione è in pieno svolgimento, anche dall'esterno e dal piccolo cortiletto gremito si levano i canti in un clima di fervore molto coinvolgente. I religiosi sono all'interno della minuscola chiesetta ricavata nella parte più nascosta della grotta ed officiano con foga. I canti si succedono uno dopo l'altro. 

L'antica croce
Io, seduto in un angolo del cortile sono di fianco ad un vecchio che, tra un canto e l'altro cerca di comunicare, vuol sapere da dove vengo e cosa ne penso del paese. Ride con la bocca larga e con pochi denti sparsi, appoggiato al lungo bastone. E' un agricoltore di un paese vicino che è venuto qui in piena notte per seguire la funzione dal'inizio. Sembra un uomo di un mondo antico, abituato alla vita rigorosa di un deserto popolato di anacoreti e santi che meditano tra le montagne. Lo immagini ad mungere capre, dormendo sotto le stelle, invece, improvvido suona un telefonino, lui mette la mano sotto il mantello e ne estrae un Samsung discretamente recente e risponde, incurante delle occhiate dei vicini. E' la moglie, che gli comunica che la colazione è pronta, così l'amico si alza, intanto che i canti stanno arrivando alla loro naturale conclusione e se la batte in ritirata che se no, si fredda tutto. Al termine della cerimonia, noi invece entriamo nella penombra della chiesa che mantiene tutta la sua misteriosa sacralità. Un monaco gentile ci conduce ad un armadio dal quale estrae i tesori del tempio, antiche e pesantissime croci, corone pesanti e complesse, libri sacri miniati di squisita fattura, qualcuno si dice appartenute al re, successore di Lalibela, che avrebbe fondato il monastero. Ci mostra anche con grande venerazione una scateletta portaincensi finemente intarsiata, dono della mitica regina Taitù, quando venne in visita alla chiesa. Appoggiato alla parete un dipinto del XV secolo ancora ben conservato. 

Le sacre lacrime
I fedeli intanto sono ormai quasi tutti usciti per tornare a casa, dove oggi dovrebbe essere festa grande, con la tradizionale uccisione del capretto, rimaniamo quindi quasi soli all'interno della parte più segreta della chiesa, che contiene il miracolo delle lacrime sante. Dal soffitto della grotta infatti, arriva una sottile vena d'acqua sorgiva che fa colare in diversi punti del pavimento dove sono state poste delle grandi pietre, gocce di acqua purissima, sacra e benedetta, che a forza di cadere hanno scavatole pietre sottostanti rendendole concave, si sa: gutta cavat lapidem, ragione per la quale questo posto è stato scelto per l'erezione della chiesa stessa. Un religioso concede il permesso di raccogliere l'acqua benedetta ed il nostro Lalo, ne riempie subito una mezza bottiglietta, con l'approvazione del prete debitamente mancificato. Usciamo in silenzio. Qui non c'è di certo la grandiosità dei monoliti di Lalibela, ma non si può negare che l'atmosfera raccolta non sia straordinariamente coinvolgente. I turisti che arrivano qui, a quanto ho capito, sono molto scarsi ed i frequentatori apprezzano invece l'interesse di chi arriva. Risaliamo la china, un po' più faticosa di quanto non fosse la discesa, cosa che tuttavia ti lascia il tempo di apprezzare gli scorci grandiosi di panorama che si aprono sulle valli circostanti, profonde e misteriose. Poi viene l'ora di riprendere la strada verso sud, non prima di aver fatto il pieno di banane e frutta da mangiucchiare durante ilviaggio. 

La valle
Abi non si fa mancare nulla e ad ogni venditore che si avvicina al finestrino non nega l'acquisto, sia che si tratti di fave secche, orzo tostato, che sgranocchio anch'io di gusto, canna da zucchero che rompe a morsi succhiandone poi il succo dolce, per sputarene il residuo fuori del finestrino e soprattutto mazzetti di qat, un'erba da masticare che sembra dia una certa euforia e che viene coltivata solo qui e nel vicino Yemen. Quando ci fermiamo per mangiare qualche cosa, ha già l'occhio piuttosto rotondo e canta in falsetto, con aria sognante, mentre parcheggiamo. Quasi quasi una masticata la darei anche io ma mi dicono che è amarissima e dato che manca ancora qualche giorno alla partenza vorrei mantenere il mio tubo digerente, già piuttosto provato, in condizioni più o meno stabili. C'è già la nostra compagna di viaggio che da qualche giorno non è molto in forma, tosse e febbriciattola. Il medico da cui l'abbiamo portata, disponendo solo dello stetoscopio come strumento di indagine, l'ha visitata e le ha dato gli stessi antibiotici che aveva avuto Lalo per la sua supposta malaria, dalla quale comunque è ormai perfettamente guarito. Speriamo bene. Comunque tanto per programmare i costi della sanità etiope, visita privata e medicinali sono costati 80 birr, circa 4 Euro.  Intanto ci siamo fermati davanti ad un ristorante un po' diverso dai soliti. E' infatti abbinato ad una grande macelleria, il cui proprietario si esibisce volentieri nel taglio dei pezzi sul bancone, davanti a due grandi mezzene di manzo appese come un arazzo.

Griglia
Qui si sceglie il pezzo di carne che poi ti viene servito cotto a tuo piacere oppure anche crudo a bocconcini  tagliati a piccoli cubetti da intingere nei piattini contenenti varie salse, che vanno dalla piccante all'esageratamente piccante. Noi optiamo invece per il bracere dove i tocchetti vengono messi a sfrigolare con qualche erba odorosa; poi te li mangi di gusto, ustionandoti la lingua, anche se devi arrotare parecchio i denti, qui il concetto di tenero è diverso dal nostro. Oltre tutto il locale dispone anche di una deliziosa e gelida birra alla spina a cui facciamo come si dice, molto onore. Gli altri commensali osservano con piacere il nostro apprezzamento e lo stesso macellaio gongola per la considerazione, mostrando i tagli migliori della sua offerta. Ancora un po' di chilometri prima di arrivare sulla riva di un piccolo lago che ospita il monastero di Santo Stefano di cui si dicono meraviglie, in particolare degli straordinari afferschi antichi contenuti all'interno della chiesa circolare. Scendiamo lungo il sentiero gongolanti, anche perché qui non sono ammesse le donne, che rimangono ad aspettare in macchina. Per la verità invece risulta che la chiesa sia assolutamente preclusa ai visitatori, anche maschi, con nostro grande scorno e sia visibile invece soltanto il piccolo museo che contiene la collezione dei libri sacri, le croci antiche e gli imponenti pastorali. Tutto bello per carità, anche la posizione sul lago tra le jacarande in fiore, ma che delusione! Per fortuna che gli astuti monaci che stazionano intorno dispongono di apposito DVD per miserevoli 25 birr, poco più di un euro. Meglio andare, comunque, per arrivare a Dassie prima di sera, la strada è ancora lunga.

Carne cruda

SURVIVAL KIT

L'ingresso alla chiesa
Neakutoleab Monastery ( Na'akuto La'ab) - Monastero del XII/XIII secolo costruito da Ras Na'akuto, sul luogo dove gocciola una fonte sacra. A 7 km da Lalibela sulla strada verso sud, c'è un piccolo villaggio di tukul a cilindro, da cui parte un sentiero in discesa di qualche centinaio di metri, molto scivoloso in caso di pioggia. Cercate di arrivarci durante qualche funzione, che rende la visita molto suggestiva. Con mancia si possono vedere gli oggetti antichi del monastero. Belli i panorami intorno. 

Monastero di Santo Stefano - (Hayk Istifanos Monastery) A una ventina di km prima di Dessie, su un piccolo promontorio sul lago Hayk, c'è questo antichissimo monastero di origine axumita, si dice risalente al VIII secolo. Vietato l'ingresso alle donne, ma nella chiesa anche a tutti gli altri, essendo riservato solo ai religiosi. Museo, ingresso 100 birr, contenente moltissimi preziosi oggetti sacri e antichi volumi manoscritti, oltre a bellissime icone. 

L'antico dipinto



Il caffè
Fedeli
Nella chiesa
Fedele

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