lunedì 27 agosto 2018

Etiopia 55 - La chiesa di Bet Giorgis




La chiesa di San Giorgio


Da Abel
In Etiopia è sempre piuttosto dura calmare i brontolii dello stomaco; già l'ho detto qui, o mangi l'injera e la pasta o mangi la pasta e l'injera, quindi in generale è meglio mettersi il cuore in pace, così quando Lalo dice che oggi ci porta in un posto speciale, la prendiamo un po' con sufficienza ed allora eccoci qui all'Unique restaurant dalla signora Abel che, più che un ristorante è come andare a  mangiare a casa di amici, dopo aver scartato il 7 Olivi, quasi di fronte che ci dicono essere una trappola per turisti. Qui si vede che gli stranieri sono di casa, un cartello sulla porta precisa che il posto è "recommanded by Farangi", insomma una sorta di patente di qualità, avallato dagli stranieri di passaggio. Il pavimento è tutto cosparso di erbe odorose e fieno tagliato di fresco, il tavolinetto per il caffè sbuffa incensi, mentre la chicchera sobbolle sul fuoco e entrano ed escono giovani frick con aria da abitué, che salutano la padrona con fare complice. Una ragazzina giovane va e viene servendo i piatti con un grande sorriso, forse è la figlia di Abel, mentre il figlio pare si offra per accompagnare i turisti in trekking nei dintorni. In effetti l'ambiente è davvero familiare e gradevolissimo e il pollo impanato col riso è davvero buono, finalmente. Ma c'è di più; a chi interessa qui si può seguire un corso di cucina di circa due ore, accompagnando eventualmente prima Abel al mercato ad acquistare gli ingredienti ed imparare poi a cucinare una vera injera con le relative pietanze, che poi vengono ovviamente consumate sul posto. 

Bet Giorgis
Cosa che non guasta, i prezzi sono assolutamente modici. Diciamo che per un poco lo stomaco è a posto. Il buono ed aromatico caffè finale ci sistema per tutto il giorno e ci mette incondizioni di andare a vedere la chicca finale di Lalibela, la chiesa diSan Giorgio. Si tratta del cosiddetto gruppo occidentale, che comprende questa sola bellissima chiesa. Si scende, attraverso le colline ad una zona di roccia quasi scoperta e apparentemente priva di costruzioni. Appena arrivati sulla spianata di roccia leggermente rigonfia noti verso il centro una specie di fenditura nella roccia che sembra nascondere quacosa. Appena ti avvicini al bordo, ecco apparire un taglio netto e squadrato che apre davanti a te un buco profondo, al centro del quale si erge un monolito straordinario: la Bet Giorgis. Dall'alto noti subito la pianta a croce greca della parte superiore che rimane al livello della roccia esterna, sottolineata da un preciso scavo in altorilievo che segna tutta la superficie superiore dell'edificio. La chiesa appare subito come alta ed elegante, in stile axumita con una serie di quattro ripartizioni orizzontali, che saparano la parte bassa con una serie di scalini che portano all'ingresso, dalla parte superiore, punteggiata da eleganti piccole aperture che terminano con un arco arabo appuntito caratteristico, sormontato da complesse volute. Tutta la facciata e le pareti attorno, che il sole calante del pomeriggio colorano di una sfumatura rosa di tonalità straordinaria, sono qua e là ricoperte da una specie di muffa giallo limone che pare studiata appositamente per aggiungere fascino all'opera. 

Il prete
E' un fenomeno di corrosione gentile che pare fatta apposta e che l'acqua, cadendo dal cielo, continua a provocare come un artigiano mai contento che prosegue a correggere il suo capolavoro, ogni volta che gli arriva davanti. Un lungo sentiero aggira la collina e ti permette di scendere attraverso un foro nella roccia rosa nel cortiletto antistante il monumento. Appena superato l'ultimo varco che immette davanti all'ingresso, che si allunga tra cunicoli, dove noti giacigli di guardiani addormentati, si rimane all'ombra di grandi teli colorati che sono stati disposti per riparare i fedeli dal sole forte che durante il giorno picchia spietato sulla roccia. L'ingresso rilevato, a cui si accede attraverso sei gradoni irregolari, appare come quello di una tomba egizia, con un alta soglia da superare per penetrarne l'interno, davanti alla quale, come in tutte le chiese del paese, bisogna lasciare le calzature. Un religioso avvolto un grandi vesti bianche è seduto pensoso, davanti all'impenetrabile sancta sanctorum, ricoperto da immense tende che scendono dal soffitto e riportano all'infinito il simbolo della croce. Tra le mani tiene una croce da benedizioni. Accanto a lui un grande dipinto che raffigura San Giorno a cui la chiesa è dedicata, con un tavolino per le offerte. Il Santo ti guarda a lungo coi suoi grandi occhi segnati dal bistro, forse per segnalarti un obbligo, forse semplicemente per invitarti al dovere.

Tombe di monaci
Lo sguardo corre in alto ai soffitti semplici alla crocera centrale con i bracci della croce che la ripartisce in campi uguali. Qui non ci sono affreschi, ma sei ugualmente colpito dalla perfetta semplicità degli spigoli dei pilastri, dai capitelli a cuscino, dall'ambiente piccolo e raccolto, dall'atmosfera di sacro e di antico che respiri. Non c'è nessun altro all'interno e puoi rimanere a lungo a sentire il battito amplificato del tuo cuore che risuona tra le pareti di roccia. Quando esci all'aperto non puoi non andare con la mente a quanti nei millenni passati sono stati percorsi da quest'ansia di ritiro dal mondo, dell'andare alla ricerca di luoghi deserti dove scavare opere ciclopiche in gloria del'ultraterreno e rimanervi isolati, certi che tutto ciò fosse di utilità estrema, di merito assoluto, di significato da dare alla propria esistenza e tutto questo, quanto sia un sentimento comune per quasi tutte le religioni. Quando esci fuori dalla chiesa e percorri tutti gli anfratti di questo monte perforato attraverso i millenni, trovi buchi chiusi alla meglio dai quali ancora emergono ossa di anacoreti e monaci che hanno dedicato la loro vita a questi luoghi, che ne hanno segnato la grandezza di un'unicità moltiplicata all'infinito, un capolavoro litografico che riporta un'idea perfetta sviluppata nei suoi multipli. 

Scialli da preghiera
Emergi dal corridoio che corre intorno allo scavo seguendo le scanalature previste per gli scoli dell'acqua, che monaci architetti hanno previsto già allora, convinti della necessità che queste opere si preservassero a lungo nel tempo, a imperitura lode alla divinità e bisogna dire che questa pietra colossale rimane qui piantata nella sua anima rocciosa dalla quale è stata estratta, inamovibile e stupefacente. Fuori una vecchia donna vende scialli bianchi con bordure colorate, elemento indispensabile a chi voglia partecipare alle funzioni sacre. Quasi tutte le religioni prevedono di presentarsi al cospetto della divinità col capo coperto. Quante cose accumunano le culture più distanti ed apparentemente più dissimili. E' davvero soltanto il cattivo sentimento, che batte come una luce radente sui cuori e sulle menti, che fa apparire ed evidenzia le diversità, le differenze, che già di per sé appaiono come negative, malevole, apportatrici di discordia. E' la nostra forse, che è una specie difficile, rissosa e maledetta, sempre in cerca di motivi di lotta per prevalere sul vicino, poco incline alla ricerca di una soluzione che non sia quella dell'annichilimento definitivo di chi ti sta accanto; della soluzione finale. Naturalmente presa da buon padre che ha a cuore la sua famiglia ed i suoi figli. Fuori, sulla cima della roccia, il cielo è ormai scuro, tra le nuvole basse, passano ancora quei raggi di luce, tesi e magici, che i grandi pittori usano per dichiarare la presenza del Dio.

Dalla collina





La chiesa
Le volte
Finestre
Passaggi

Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!