domenica 26 agosto 2018

Etiopia 54 - Lalibela

Biete Medhane Alem, la chiesa più grande

Ingresso al gruppo orientale
La nottata di ieri è stata davvero impressionante. Ho ancora nelle orecchie i canti, i tamburi il tintinnare dei sistri della processione ed il baluginare delle candele alla cui luce tutto si è svolto. Il fatto poi che tutto sia avvenuto attorno agli straordinari edifici scavati dentro la roccia ha reso tutto ancora più magico. Devo dire che non mi aspettavo un simile coinvolgimento, ma di certo il buio e l'ambiente hanno giocato un ruolo fondamentale. Adesso è la volta di vederle di giorno queste chiese famose. E' chiaro che qui siamo in una città interamente vocata a questo turismo religioso, non per nulla Lalibela è chiamata anche la Gerusalemme etiope, ma l'unicità di questi monumenti non è sminuita, anzi se mai è magnificata dalla valenza spirituale che suscita sui pellegrini locali che qui convergono normalemente o inoccasione delle varie cerimonie. L'ortodossia etiope è un ramo del cristianesimo particolarmente antico e di diretta derivazione apostolica, rimasto isolato per secoli e per questo ricco di fascinazioni trapassate. Questa chiesa, fondata nel IV secolo da San Frumenzio, si è staccata dalle altre precedentemente al concilio di Calcedonia del 451 d.C. e successivamente ha avuto contatti solamente con la chiesa Copta egiziana a cui in alcuni periodi si è accomunata, pur mantenendo quasi sempre la sua autocefalia.

Passaggi scavati nella roccia
Tuttavia è stata sempre particolarmente isolata a causa della sua collocazione geografica particolarmente ostica, ma rimane comunque con i suoi quasi 50 milioni di fedeli, la più cospicua tra le chiese ortodosse orientali. Questa sua unicità, che si riverbera anche nel suo particolare monofisismo che considera la natura di Cristo naturalmente unita nella sua parte divina ed umana, ma con la sfumatura, detta ipostatica, che le considera non mescolate ma allo stesso tempo non separate (che sottigliezze teologiche, eh), la rende staccata e diversa dalle sue consorelle non solo in termini di spazio, ma anche la allontana nel tempo. I suoi rituali sono visibilmente lontani dalle nostre consuetudini come l'obbligo di una quantità considerevole di digiuni, più o meno 250 giorni all'anno, anche se bisogna precisare che per digiuno si intende soltanto il divieto di mangiare carni e altri cibi analoghi, oltre, ça va sens dire all'astinenza sessuale. Inoltre un altro precetto che contraddistingue questa chiesa è il divieto di avvicinarsi all'eucaristia per tutti coloro che praticano attività sessuale, in quanto impuri nel corpo e nella mente, riservandola quindi soltanto a bambini ed anziani, che abbiano comunque osservato i corretti digiuni e si siano comportati correttamente. Diciamo una serie di precetti curiosi che fanno della chiesa ortodossa etiope una variante molto particolare.

Dal passaggio dell'inferno al paradiso

Comunque l'origine di queste chiese è incerta e si presume che il loro scavo sia avvenuto durante il regno del re Lalibela attorno al XII secolo, ma probabilmente è continuato fino al XV, anche se secondo alcuni studiosi i lavori potrebbero anche essere cominciati secoli prima sotto forma di fortezze. Sta di fatto che attualmente in città rimangono in buono stato di conservazione 11 chiese di varie dimensioni, suddivise in tre gruppi, di cui alcune chiuse per restauri e le altre aperte al culto. Arriviamo con un tuktuk al primo insiema dei cinque edifici del gruppo settentrionale, dove nella notte abbiamo assistito alla cerimonia religiosa. Certamente la luce del giorno cambia completamente il punto di vista e penetrando per gli stretti passaggi, ti compaiono di fronte le superfici di arenaria rosa che riportano alla mente le suggestioni della lontana Petra. Intorno agli edifici non c'è più nessuno della gran folla di ieri sera; dopo aver pregato tutta la notte, ognuno ha preso la strada di casa dove li aspetta il banchetto tradizionale col sacrificio del montone, che interrompe appunto, il digiuno quaresimale. E' rimasto soltanto qualche corpo sdraiato negli angoli più bui, colto dal sonno e dalla fatica della notte. I pilastri squadrati che circondano la Biete Medhane Alem, che si ritiene la più grande chiesa monolitica intagliata nella roccia del mondo, visti dal basso, sono impressionanti.


La benedizione con la croce
Superata la soglia, l'interno è sorprendentemente spazioso con i suoi ambienti separati da enormi pilastri e dedicati rispettivamente a uomini, donne e preti. Le pareti ricoperte da drappi antichi o forse soltanti vecchi, tutta la superficie del pavimento coperta da spessi e un po' sdruciti tappeti. Nella penombra sacrale data dai sottili fasci di luce che penetrano dalle piccole finestre quadre tagliate nelle pareti, si aggirano ombre furtive. Al centro, un religioso paludato in ampie vesti bianche è in attesa immobile al fianco di un grande leggio che espone una antica bibbia miniata, aperta su una pagina che raffigura San Giorgio che uccide il drago. Sembra aspettarci e senza una parola ci sottopone ad una particolare benedizione con la croce processionale infissa su un lungo bastone a cui si appoggia. Si tratta, così almeno pare, della famosa Croce in oro massiccio del XII secolo pesante più di sette chili, dalle elaboratissime decorazioni e fusa in un unico pezzo, che rappresenta una della reliquie maggiormente venerate del paese. Mentre sfiliamo uno per volta, ce la appona prima sulla testa poi sulla schiena, con fare ieratico e ispirato, pronunciando alla fine frasi di rito che sicuramente ci accompagneranno nel nostro percorso spirituale. Attraverso stretti passaggi procediamo tra le alte pareti.


Bete Abba Libanos
La pioggia e le altre avversità atmosferiche hanno lavorato a lungo sulla roccia tenera trasformando i tagli netti e rudi degli scalpelli di quegli antichi scavatori in morbide linee che hanno cancellato spigoli ed asperità delle superfici a strapiombo. Alcuni degli edificisono adesso protetti da brutte coperture, naturalmente fatte da italiani, che tolgono di certo la poesia, ma riparano le chiese stesse dalle intemperie. Rimani attonito con la testa in su ad ammirate archi e volte, nicchie e pareti che celano nella semioscurità affreschi di antica fattura con teorie infinite di personaggi che ti guardano dall'alto, nella loro fissa immobilità, con occhi grandi ed ipnotici. Nella Biete Golgotha Mikael cerchi invano la tomba del mitico re Lalibela a cui si dovrebbe tutta questa meraviglia, forse è celata dietro l'iconostasi che nasconde la copia dell'Arca, visibile solo ai sacerdoti. Chissà, un'altro dei tanti misteri di questi siti. A poca distanza, il gruppo orientale comprende altre cinque chiese, di cui una per metà crollata a cui si accede attraverso altri stretti passaggi e cunicoli intagliati nella roccia. La Bet Amanuel, in stile axumita ha una facciata imponente, scandita dalle rilevature orizzontali che ne scandiscono la superficie, interrotta solamente dalle finestrelle quadrate con raggiature tutte diverse, a scacchiera, a losanghe, a svastica orientale.


Tamburi di preghiera
Le chiese erano collegate da passaggi segreti sotterranei ora in parte crollati a cui si accedeva attraverso botole e cunicoli nascosti. Rimane agibile solo il cosiddetto passaggio dell'inferno che porta dalla Biete Gabriel a quello che forse era un panificio rituale. Appena entrato nel passaggio, sprofondi nel buio e devi spostarti a tentoni, attento a non sbattere la testa, fino a quando non si risale alla luce del paradiso, arrampicandosi su una scala di gradoni intagliati nel vivo dell'arenaria. Un religioso ci osserva con aria assente, seduto sulla soglia, mentre passi da un cortiletto ad un altro corridoio tra alte pareti e volti ricurvi, prima di uscire sul fianco della montagna. Tutto questo luogo antico, ma tuttavia vissuto continuamente, emana vibrazioni di sovrannaturale. Gli echi dei canti delle cerimonie restano tra gli archi, nascosti tra le pieghe dei tendoni ed i tamburi rituali abbandonati sui pavimenti, adesso che la festa è finita, sembrano ancora tesi nell'ansia di essere ritmicamente percossi. Qui sembra di poter essere immuni da pulsioni volgari e terragne, ma ormai è passato il mezzogiorno e anche se non si vive di solo pane è opportuno mettersi alla ricerca di un luogo acconcio alla ristorazione del corpo, comunque sempre dopo aver accontentato e blandito lo spirito.

Bete Amanuel


SURVIVAL KIT 

Interno
Chiese monolitiche di Lalibela - Sito Unesco costituito da tre gruppi di chiese, quello settentrionale di cinque, con la più grande in assoluto, di cui due chiuse in restauro, quello orientale che ne comprende altre cinque di cui una parzialmente crollata, con passaggi molto suggestivi. Il gruppo occidentale è costituito invece dalla sola chiesa di S. Giorgio, la più nota e meglio conservata, oltre che stilisticamente più bella. Lalibela, a cui si accede anche tramite un aeroporto, è la città più sacra dell'Etiopia e rimane il punto più famoso e turisticamente importante del paese. L'ingresso alle 11 chiese costa 1000 bir, con biglietto unico per stranieri e valido 4 giorni, la guida si mancifica a parte. Il periodo migliore per visitare l'area coincide con le grandi festività religiose ortodosse che qui cadono una settimana dopo le nostre, Natale, Epifania (Timkat), Pasqua, Pentecoste. Nella zona ci sono moltissime opportunità alberghiere per tutte le tasche.

Dopo la cerimonia



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