domenica 23 aprile 2023

Lebanon 31 - La valle di Qadisha


Libano - La valle di Qadisha - marzo 2023


Bcharré 

Alla fine bisogna muoversi perché il tempo scorre implacabile e ci rimane solo il pomeriggio per vedere uno dei luoghi naturali più belli e famosi del Libano, la Valle di Qadisha, detta anche la Valle sacra. Risaliamo ancora un poco la costa e poi, dopo Chekka, entriamo nell'interno attraverso l'ennesima spaccatura della terra che dalla montagna del Libano scende fino al mare. Il fiume Nahr Abu Alì l'ha scavata più profondamente delle altre sue consorelle che parallele segnano la montagna come i rebbi di un pettine, ordinati e costanti. Ma questa è una delle più impervie e la salita verso i duemila metri diventa faticosa attraverso la serpentina di una strada stretta e tutta curve. Più sali e più la montagna diventa bella e solitaria, anche se incontri ancora molti piccoli paesi. Intorno le montagne più alte del paese che arrivano anche fino ai tremila e oltre, quelle del Qurnah. Qui la neve rimane anche tutto l'anno e le cime morbide e arrotondate che ci circondano stanno lì candidamente  bianche a dimostrarlo. Intorno, tutta una serie di terrazzamenti, che raccontano di una antropizzazione antica e laboriosa, sono infiorati da una serie continua di alberi di pruni completamente imbiancati, che segnano come la temperatura sia ormai decisamente primaverile. La strada continua a salire e l'ultima parte, quella che da Tourza arriva fino a Bcharré, il paese natale di Khalil Gibram, il grande poeta libanese dell'inizio del secolo scorso, noto in tutto il mondo, è un susseguirsi di tornanti lungo i fianchi del monte che nasconde una gola profondissima e selvaggia. 


Cascata
Il fiume che l'ha scavata, che qui prende appunto il nome di Qadisha, non si vede più, nascosto com'è negli strettissimi meandri ricoperti di verde, centinaia di metri più in basso. Il paesaggio è davvero straordinario, roccia viva con poche zone dove ancora resiste la foresta primigenia, dove sono stati dimenticati dalla deforestazione selvaggia che, proseguita per secoli, aveva rischiato di farli definitivamente sparire, gli ultimi esemplari centenari dei cedri che rappresentano il simbolo del paese. Qui si possono vedere i quattro ultimi rimasti, dai tronchi monumentali, alti più di 35 metri, protetti come bimbi, patriarchi preziosi da conservare, un piccolo bosco di memorie del passato alle pendici del monte Makmel, tanto importante da essere chiamato la Foresta dei Cedri di Dio (Horsh Arz el-Rab). Anche se la deforestazione selvaggia, che peraltro contribuì alla ricchezza ed alla notorietà del Libano nel mondo antico, la parola cedro infatti, è citata oltre 70 volte nella Bibbia, fu arrestata già da Adriano che dichiarò questo territorio di pertinenza imperiale con una decreto specifico, che impediva l'abbattimento di questi alberi. Era in tutto una piccola area di un centinaio di ettari che racchiudeva gli ultimi esemplari del paese, quella che la regina Vittoria impose di recintare con un muro e conservare, da qui cominciò il salvataggio di questo albero monumentale e l'operazione di forestazione oggi in atto in tutte le parti montuose del paese. 

Il monastero di S.Eliseo

Tutto intorno il territorio è selvatico e silenzioso, così lontano dalla confusione della costa. Un luogo ideale per chi in passato, ma forse anche oggi è in cerca di solitudine e raccoglimento. Dopo Bcharré la valle si infossa ancora di più e all'intorno vedi solo stradine e sentieri regno di greggi di capre dal lungo pelo e dalla corna ritorte. E' proprio qui infatti che si erano rifugiati i primi monaci maroniti, timorosi delle persecuzioni che li inseguivano fin dall'Anatolia e dalla valle siriana dell'Oronte, nel X secolo a causa della loro eresia cosiddetta monotelita, l'ennesima sfumatura interpretativa sulla natura del Cristo, che afferma che nel Salvatore esiste un'unica operatività e energia, sempre in bilico tra l'umano e il divino che però proprio non andava giù agli ortodossi Bizantini. Ed ecco che proprio qui, nascosti nelle profondità della gola, abbarbicati a ridosso della costa, ben celati, quasi un tutt'uno con la roccia che li sostiene, sorsero alcuni famosi monasteri che tutt'oggi sono meta di pellegrinaggi da parte dei fedeli maroniti attirati dalla santità dei luoghi e dalla loro fama miracolistica. Dopo le ultime case del paese prendiamo dunque un tratturo carrozzabile che scende verso il fondo della gola. Le pareti di roccia dorata che si innalzano attorno a noi sono impressionanti. Negli anfratti dei dirupi tra ciuffi di conifere, cipressi e ginepri, si innalzano altissime pareti dalle quali scendono a precipizio cascate e salti d'acqua che si buttano nel vuoto per decine e decine di metri. 

Il santo

Nella roccia poi, nei punti più scoscesi e nascosti indovini, guardando con attenzione grotte raggiungibili solo a prezzo di difficili scalate, agevolate solo da qualche gradino inciso, estremo rifugio di anacoreti solitari che qui trascorrevano la loro vita in cerca della santità. Proseguendo la discesa dopo un'ultima curva raggiungiamo il fondo della scarpata e qui ricomincia un'erta salita che porta infine ad una scalinata di pietra antica, consumata dai passi dei fedeli che per secoli l'hanno percorsa. In cima una piccola terrazza e quindi nascosto in una piega della montagna, il muro che chiude una serie di caverne naturali e forma la facciata del monastero di Sant'Eliseo (Dair Mae Elisha). Hai subito la sensazione di essere in un'oasi di pace. Oggi non c'è nessuno e tra le pietre antiche non senti rumore alcuno che non sia lo scrosciar dell'acqua della vicina cascatella o un lontano suonar di campane che arriva dalle capre del gregge che abbiamo attraversato prima della scalinata. Qui abita un solo monaco che passa la sua vita tra studio e preghiera. Ci porta in giro per le grotte attorno alle quali è costruito il convento, la piccola chiesa, l'eremo alto, i corridoi di roccia dove si racconta la storia del monastero. Parla un francese strettissimo e molto veloce, tanto che lo capisco a fatica, ma si sente bene la sua ansia di raccontare e soprattutto di spiegarci le sottigliezze teologiche che sono alle basi della sua dottrina e della sua fede. 

La chiesa di S Eliseo

Di fronte ad una croce incisa su una tavola di legno eccolo dunque a farci una puntualissima spiegazione di tutta la simbologia dei tratti racchiusi nell'opera santa qui portata dal nord del paese per salvarla dai biechi Bizantini e dalla quale si possono ricavare i fondamenti della chiesa maronita. Diciamo pure che la materia è talmente sottile che la complessità della dotta spiegazione si perde subito in una serie di distinguo assolutamente incomprensibili sul significato della simbologia di ogni linea, di ogni segno, dal numero dei vertici alla forma dei poligoni e dei bracci, almeno per me che sono una mente semplice. Più interessante la storia che qui ha condotto gli anacoreti che hanno poi dato luogo alla costruzione ed alla crescita del convento. Salutato il cortese abate che torna ai suoi studi acui lo abbiamo strappato, riusciamo a fuggire, rimanendo però incantati per un po' sulla terrazza mentre la luce magica del tardo pomeriggio, quella tanto attesa e desiderata dai fotografi, illumina le pareti della gola di spruzzi dorati e di ombre delicate. Risaliamo dunque la strada per arrivare quando ormai il buio sta scendendo, al monastero più grande della valle Santa, quello di Sant'Antonio (Dair Mar Antunius Qozhaya), santo noto per la sua fama di guaritore miracoloso, tanto per capirci quello del fuoco di Sant'Antonio appunto, che lui guariva in circa una settimana con straordinaria regolarità. 

Il monastero di S. Antonio

Qui, nonostante ormai sia scesa la sera, qualche fedele si aggira ancora nella bella chiesa di pietra, in cui si notano antichi affreschi. Il monastero rimane comunque aperto ai fedeli fino a tardi e così puoi girare nelle diverse grotte dove avveniva il battesimo o si ritiravano gli anacoreti, oggetto di venerazione o sostare sulla grande terrazza con una bella fontana di pietra al centro, circondata dalle costruzioni conventuali più recenti. Le pareti di roccia che si innalzano intorno sono ormai scure e anche il cielo, viola e senza luna avvolge tutto nel mantello nero della notte. Lasciamo la valle con un senso di perdita. Forse questo è proprio uno di quei luoghi dove più di ogni altro bisognerebbe camminare tra le montagne reggendosi ad uno dei bastoni dell'amico Charbel, in cerca di quel passato biblico che suona di pastori, di suoni deboli di flauti, di otri di pelli di pecora. Per fortuna poco prima di arrivare al mare, questo senso di deprivazione può essere lenito, infatti lungo la strada, c'è uno dei più famosi gelatai dell'area, che fa un gelato così buono che devi fare la fila per avere la tua coppetta di crema special. E' un gelato un po' diverso dai nostri, più denso e pastoso, con una collosità che ti riempie la bocca di sapore, dolce e profumato al tempo stesso. Seduto sul muracciolo di fronte al negozio, puoi così delibartelo lentamente pensando che lungo questa strada, torme di anacoreti sono risaliti verso l'alto, anelando alla santità, dono meritato da pochi anche se ricercato da molti.

Con l'Abate

SURVIVAL KIT

La chiesa di S. Antonio

Valle Sacra - Qadisha - A circa un centinaio di Km a nord di Beirut, una ventina dal mare che si lascia dopo Chekka. Calcolate anche due ore di strada, perché l'ultima parte è piuttosto impervia e la prima molto trafficata. In fondo alla valle c'è la riserva dei Cedri di Dio, che contiene gli ultimi cedri antichi del paese, tuttavia visitabile solo con un accompagnatore. La zona fa parte dell'itinerario di trekking che attraversa tutta la zona montuosa del paese. Tutta la valle è ricca di grotte, chiese e monasteri rupestri. I più noti sono tre, oltre ai due citati è importante anche Deir Qannubin, per secoli sede del Patriarca Maronita. Tutti meta di visite di fedeli, meritano una sosta anche soltanto per la bellezza naturalistica dei luoghi dove sorgono. Natura, architettura, arte, storia, tanto da vedere in uno degli angoli più interessanti del paese. Bisognerebbe trascorre nella valle almeno una intera giornata, se non potete accontentatevi di un pomeriggio.

Terrazzamenti


Necropoli
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