lunedì 17 aprile 2023

Lebanon 26 - Tra croci ed Arrak

Notre Dame des Champs - Libano - marzo 23


Muretti a secco

La montagna è verde ormai, a marzo si può dire che la primavera è arrivata e la pausa tra il tempo fresco o addirittura freddo dell'inverno mediterraneo, dona il suo aspetto migliore prima di virare decisamente alla calura estiva, che qui sarà tuttavia mitigata un poco tra queste valli, dalle alture scoscese che i brevi fiumi che arrivano dalla catena libanese, hanno scavato in profondità tra pareti ricoperte di alberi centenari. I paesini si susseguono, popolati di case antiche e nuove e si nota anche una certa attività edilizia, segno di possibilità economiche che continuano a esserci nonostante la crisi di cui vi ho detto. Bisogna ricordare comunque che qui ha una importanza fondamentale l'afflusso costante delle rimesse degli emigranti, che rappresentano comunque uno dei pochi punti di forza del paese. La collega di Joelle, Nada, ci invita alla casa dei suoi, una bella villetta moderna incastonata tra le terrazze appena fuori da un piccolo paese. Qui dappertutto è pace e silenzio, gli alberi del frutteto, i piccoli fazzoletti di terra dove un loro famiglio, lavora un orto ricco di tutte le verdure invernali. Siepi di fichi d'india bordano i gradoni contenuti negli alti muretti a secco, che trattengono una terra grassa e fertile. Gli agrumi, che qui sono di casa, dai limoni profumatissimi, agli aranci, ai pompelmi, addirittura un pomelo sul quale già indovini i frutti rotondi appesi al loro lungo picciuolo, in attesa di crescere fino a diventare i mostruosi ma gustosissimi frutti che io adoro, popolano un lato del giardino. 

Fichi d'India

Al limite della proprietà, tre cedri del Libano, ormai grandi e fronzuti, erano stati piantati, ognuno alla nascita dei tre fratelli, dal padre della nostra gentile ospite e fanno sì che rimangano a rappresentare il forte legame familiare con la casa stessa. Da qui un piccolo sentiero in salita, porta a quella che potremmo davvero chiamare: la casa nel bosco della nostra Joelle. Nel silenzio della valle si sentono, lontani in alto, abbaiare i suoi cani. Sembra strano che, in fondo, a pochi passi dalla costa caciarona e rumorosa, si respiri in questo luogo una deliziosa atmosfera di pace e di tranquillità, anche se sicuramente pure qui sarà passata negli scorsi decenni la ventata di furia cieca, di morte e di odi della guerra civile. Adesso si respira calma e serenità, ma le ceneri sono ancora calde, temo. Pochi chilometri più in alto, affacciato su uno sperone che guarda la valle, c'è un monastero maronita, costruito nella consueta pietra dorata che alla sera risplende di luce. Notre Dame des Champs è un grande convento, oggi quasi spopolato che credo si animi solamente poche volte l'anno in occasione delle feste di rito. Intorno fanno ala le colline di Aramoun e Maarab, tra boschi di cembri, cipressi e profumi di erbe selvatiche, mentre le ultime case di Dlebta finiscono poche curve più sotto. Ad onta del suo aspetto abbastanza moderno, in realtà il convento racchiude costruzioni come la chiesa, che risalgono al X secolo e precedenti, essendo stata la costruzione iniziata su un castello romano. 

Il quadro miracoloso

Entriamo nel piccolo chiostro dalle colonne sottili, che scopre su un suo lato la facciata della piccola chiesa di pietra levigata dal tempo. Un minuscolo campanile porta sulla sommità una campanella che arriva addirittura da Vienna. Dall'interno, un sottofondo di preghiere mormorate a mezz'aria. Siamo capitati nell'ora della recita del rosario ed entrare anche solo per buttare un occhio, ti dà proprio la sensazione di turbare un momento di sacralità. Per fortuna siamo solo noi ed il disturbo è tuttavia limitatissimo, anche perché le due suore presenti, appena vistici alla porta, raccolgono in fretta le loro cose e spariscono dietro ad una porticina laterale. Ma, avvertite della nostra presenza subito arrivano le altre, evidentemente poco avvezze ai visitatori e subito si fanno intorno, per chiacchierare. Sono tutte vecchissime ad eccezione di una che evidentemente si dedica più volentieri al contatto umano e subito ci prende sotto l'ala, raccontandoci la storia del convento e mostrando le sue parti storiche più rilevanti, incluso il famoso quadro appeso nell'abside che tanti miracoli ha prodotto e che la entusiasta religiosa ci racconta con gioiosa partecipazione, dato che raffigura proprio il primo miracolo qui avvenuto. Infatti se si guarda bene si vede in basso a destra il viso della donna musulmana che qui venne dal Vescovo con il figlio morto che si nota in basso e il Vescovo con una benedizione lo resuscitò, ottenendo la conversione della donna e non contento dipinse anche il quadro, che volete di più! Anche le altre sorelle fanno capannello, anche se l'età le rende poco loquaci, mentre la superiora, che ostenta ciocche di capelli biondi, sta un poco sulle sue. Evidentemente anche qui la crisi delle vocazioni, che non riesce ad essere rimpolpata come da noi col flusso africano ed asiatico, sta colpendo duro ed è difficile prevedere il futuro per queste piccole comunità. 

La famiglia con l'alambicco

Sui muri più nascosti della chiesa, dove scorgi le parti più antiche nelle volte di pietra nascoste, sulle mura compaiono le tracce scolpite delle croci maronite che segnano la pietra resa lucida dallo strofinio delle mani dei fedeli che nei secoli si sono alternati in questa piccola navata. La giovane suora tuttavia è davvero entusiasta e ci accompagna in ogni dove per farci apprezzare le bellezze del convento, la sua pace, le sue antiche pietre. Dopo averci mostrato Suor Rita, un'altra miracolata che aveva avuto la poliomielite da piccola e data per quasi morta era stata condotta al convento dove miracolosamente è guarita, anche se mi sembra cammini un po' così, Suor Giuseppa, ci regala infine, per non farci andare via a mani vuote, dei sacchettini di incenso benedetto, poi ci lascia andare sui gradini antichi e consumati dal passaggio dei secoli. Sulla balconata del piazzale, nella luce della sera ecco il mare che fa capolino tra gli alberi. Scendiamo lentamente per assaporare il paesaggio. C'è tempo per un'altra sosta, sotto in paese, vicino ad una grande chiesa in costruzione. Una piccola casa di campagna sporge proprio dietro quello che rimane della vecchia chiesa, minuscola e antica. Ci abita una famiglia di agricoltori, se agricoltura si può chiamare quella che si riesce a svolgere in queste terre povere e strappate alla montagna con la fatica dei secoli. La gentilezza con la quale ti accoglie è quasi commovente. Alla fine non è neanche un business perché difficilmente si compra qualche cosa, ma ti dà l'impressione che sia puramente per il piacere dell'accoglienza e del contatto umano. 

Arrak Cave 2000

I genitori sono piuttosto anziani ma evidentemente avevano la tradizione dell'utilizzo dell'uva raccolta nei dintorni, si vedono infatti viti dal ceppo molto vecchio nelle terrazze all'intorno, per la distillazione dell'arrak, il liquore tipico libanese dal sapore di anice, comune in Medio Oriente sotto vari nomi e probabilmente precursore dei vari Pernod e Ricard che è poi diventata più tipicamente francese. La figlia, piuttosto giovane, si è laureata in agronomia e adesso persegue un progetto di apicoltura da affiancare alla produzione dell'arrak. L'impresa si chiama Cave 2000 e sta cercando di trovare uno spazio di business in maniera moderna. Tutto questo ci raccontano, mentre seduti sotto gli alberi del giardino, assaggiamo il delizioso miele di quercia prodotto dalle sue dieci arnie, in attesa di aumento futuro, scuro e leggermente amarognolo, buonissimo. Poi, mangiucchiando una ciotola di macedonia dei frutti aziendali, si assaggia l'arrak, una parte di liquore, tre di acqua gelata, questa è la corretta proporzione. Poche sono le bevande più rinfrescanti e per me che amo molto il sapore dell'anice che sfuma lentamente mentre assapori il liquido fresco e non aggressivo che scende in gola, è una vera delizia. Chiacchieriamo ed ascoltiamo le aspirazioni di questi ragazzi, che poi ci portano in giro per la casa, arredata in modo assai tradizionale, a vedere i grandi alambicchi di rame, che svolgono le tre distillazioni necessarie alla produzione del liquido forte e trasparente, ma morbidissimo e non aggressivo al palato. Che delizia girolare per queste colline, tra la brezza del mare poco lontano e i profumi della foresta alle tue spalle. Un senso di pace che fa bene.

I boschi della valle

  

SURVIVAL KIT

Il chiostro

Notre Dame des Champs - (Saydet el- Ha'leh) . 1 km sopra il paese di Dlebta, 12 km lungo la strada che parte dal mare di fronte al Casinò sulla costa. La grande costruzione esterna è del XIX secolo, ma all'interno serba interessanti parti antiche. Le suore maronite sono cordialissime e ansiose di raccontare la storia del convento. La congregazione ha anche una imponente chiesa dallo stesso nome a Parigi. Tra le altre cose, in linea con la tradizione, le monache producono e vendono i loro famosi dolcetti al marzapane chiamati Marsaben a forma di fiori e marmellate della frutta del frutteto. Gradita una piccola offerta. 


La chiesa


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