Anche al mattino presto, l'aria fuori del Parisian è gradevole, anche se un po' frizzantina, appena moderata dalla brezza marina, la pancia già piena dalla golosa colazione che ti invita a mangiare più del dovuto, anche se la sala dell'Hotel è gremita di un gruppone di Italiani, ormai sembra che il LIbano sia ritornato ad essere meta frequentata anche dal turismo di gruppo. Così mentre aspettiamo Joelle che ci passi a prendere per cominciare l'itinerario di oggi, non puoi non buttare l'occhio verso l'alto e vagare tra gli alti palazzi che ci circondano, i più moderni e costruiti da poco, qualcuno un po' più vecchio, solo, basso ma caratterizzato dal grande bovindo centrale con le sottili ed eleganti colonnine, un unico rappresentante della Beirut tradizionale di fine 800, ormai seminascosto tra gli edifici più alti. Intanto però se guardi con più attenzione non ti può sfuggire la parete esterna dell'edificio più vicino, un albergo abbandonato, diresti in rovina o quantomeno in attesa di restauro da decenni. Si tratta dell'Hotel Pacific o per lo meno questo è il nome che si indovina dalle lettere rovinate o cadute della facciata, dove però, anche se ci passi lo sguardo distrattamente, non puoi non notare inquietanti buchi che hanno sbrecciato il muro, indubitabilmente fori di pallottole, sventagliate di mitra o di altre armi leggere. E allora non puoi che fare mente locale e ragionare su quello che ha condizionato questo paese durante tutta la seconda metà del secolo scorso e che lo ha condotto alla situazione attuale. Quindi è arrivato il momento in cui devo farvi un piccolo excursus di storia recente, dopo che quella del lontano passato è già stata sufficientemente investigata, anche se il tutto vi apparirà un po' tedioso, ma senza di questo non si può comprendere il paese. E mi scuso fin d'ora per le imprecisioni inevitabili, dato la complessità delle vicende.
Pallottole
Alla fine della seconda guerra mondiale, il Libano ormai indipendente, non prese più parte ai diversi e successivi conflitti che videro contrapporsi Arabi ed Israeliani in ondate successive, dalla crisi di Suez, alla guerra dei sei giorni, a quella del Kippur, ma le conseguenze di queste guerre generarono un flusso di profughi a partire dai primi 100.000 cacciati dal nord della Palestina con la proclamazione dello stato di Israele a diverse ondate successive, che portarono nel sud del paese altre due milioni di Palestinesi (su meno di 6.milioni di Libanesi) cosa che tra i rigurgiti nazionalistici panarabi e la crisi di Settembre Nero, cominciò a minare la stabilità politica del paese che tuttavia reggeva grazie alla prosperità economica indotta dal buon governo del presidente Shihab, degli anni 50 e '60 che aveva trasformato il paese, con grandi riforme ed efficienti modernizzazioni, nel centro finanziario più importante del Medio Oriente, con grandi scambi commerciali con Francia e Italia. Questo benessere diffuso, ricorderete infatti che il paese era noto come la Svizzera del Medio Oriente, riuscì a coprire i forti contrasti che ormai covavano sotto la cenere e non appena l'economia mostrò le prime crepe, i contrasti tra i gruppi etnico-religiosi deflagrarono nella guerra civile esplosa nel 1975 che contrappose i falangisti maroniti ad una coalizione internamente litigiosissima di palestinesi sunniti, sciiti di Amal e Drusi. A questo si aggiunsero i Siriani sempre pronti ad invadere la desiderata valle della Bekaa e gli israeliani che nel '78 invasero il sud fino a Tiro.
Antico palazzo '800
L'intervento dell'ONU interpose una forza di controllo, l'UNIFIL, che riportò una precaria calma. Ma gli odi interreligiosi ed etnici si erano ormai scatenati ed il vaso di Pandora era ormai stato scoperchiato. Si andò avanti così con guerriglie successive che crearono definitiva barriere di odi interculturali che minarono definitivamente la stabilità del paese, la cui economia, veniva via via erosa e smantellata. Nel '82 Israele, sostenuto dai Falangisti Maroniti, invase il paese arrivando con le truppe fino a Beirut, nel tentativo di eliminare l'OLP che qui aveva posto le sue basi e subito il neoeletto Gemayel fu vittima di un clamoroso attentato che spazzò via l'intero governo. A questo punto intervennero le forze internazionali di USA; Francia e Italia, e le forse dell'OLP fuggirono dal paese trasferendosi a Tunisi. Iniziò allora una serie di massacri indiscriminati nei vari campi profughi lasciati indifesi dalla milizie arabe che culminarono nelle mattanze incrociate a Damur da parte dei Palestinesi e a Shabra e Shatila, dai Cristiani e che furono solo le più note. Nell'83 un attentato, operato dalla nascente forza filosiriana degli Hezbollah sciiti, che uccise diverse centinaia di soldati dell'Interforza, fece sì che queste truppe abbandonassero in massima parte il paese lasciandolo in preda alla continua guerra civile che lo distrusse pezzo per pezzo. La guerra civile finì teoricamnete nel '90, lasciando il paese in mano alla strisciante invasione Siriana che ne aveva occupato la parte orientale.
Palazzo abbandonato
Iniziò allora un periodo di ricostruzione che tuttavia escluse i perdenti gruppi più radicali delle forze cristiane, i cui capi presero la via dell'esilio, ma i contrasti proseguirono tra i gruppi islamici fino all'assassinio del Primo Ministro sunnita Hariri nel 2005 ed alla successiva Rivoluzione del Cedro che costrinse i Siriani al definitivo ritiro dalla Bekaa. Nel 2006 i contrasti al confine sud tra gli Hezbollah, bene armati dai paesi sciiti, provocarono una ulteriore invasione da parte di Israele, piuttosto cruenta che portò infine alla risoluzione ONU e la creazione di una fascia cuscinetto di 12 km sul confine su, la cosiddetta Linea blu, smilitarizzata, tuttora vigente. Tuttavia le faide interne proseguirono e fu ucciso anche Gemayel, il ministro dell'industria. Così nel nuovo governo del 2008 si opposero due fazioni inedite, uscite da una mescolanza tra i gruppi preesistenti, ma creatisi in funzione pro o anti siriana, la prima decisamente più estremista, costituita dagli sciiti di Amal, dagli Hezbollah e dal movimento maronita militarista del Movimento Patriottico e la seconda, uscita vincitrice dalle elezioni, formata da una unione tra i Maroniti moderati, i Sunniti e il movimento Socialista dei Drusi. Il governo di coalizione che ne esce si trova però nel 2013 ad affrontare la guerra civile scoppiata in Siria che provoca un nuovo sconfinamento di belligeranti siriani appoggiati diversamente dalle fazioni libanesi, nuova benzina sul fuoco per fare scoppiare i conflitti latenti, mentre l'economia del paese va definitivamente a rotoli.
Murales della rivoluzione
Il debito estero intanto ha cominciato a crescere mostruosamente, mentre la politica alterna i suoi contrasti interni, con l'arrivo del Covid che ha inasprito il tutto di ulteriori problematiche, fino ad arrivare al default del 2020 che ha messo in ginocchio definitivamente con una iperinflazione inarrestabile, l'economia del paese, con un inevitabile seguito di tumulti popolari, assalti alle banche, ritorno addirittura al baratto, con il potere d'acquisto degli stipendi ridotto del 90%, la sparizione quasi completa dei servizi dello stato, della sanità, delle forniture di energia elettrica e così via, cosa che ha portato il paese allo stremo. Siccome i disastri non arrivano mai soli, si sa che piove sempre sul bagnato, nell'agosto del 2020, probabilmente per cause accidentali, causata dall'incuria generalizzata, anche se non si sa bene cosa sia successo e le interpretazioni sono le più vari incluse le più complottistiche naturalmente, una colossale esplosione nel porto di Beirut di oltre 2000 tonnellate di nitrato di ammonio, lo ha distrutto quasi completamente, causando, oltre a duecento morti e seimila feriti, la perdita della metà delle derrate alimentari annuali di cereali del paese, oltre alla devastazione di mezza città. Un disastro epocale che, con le polemiche che ne sono seguite, ha aggravato le condizioni del paese anche dal punto di vista psicologico e di cui vi consiglio di dare un'occhiata, qui sotto, ad uno dei tanti video che ci sono in rete e che illustrano bene le dimensioni della cosa.
La nuova Beirut
Al momento bisogna dire che la situazione è piuttosto tranquilla, se non fosse per gli scontri di questi giorni nel sud del paese che rinfocolano i contrasti di Hezbollah con Israele, con lanci di razzi e successivi bombardamenti di ritorsione. Insomma questa lunga tirata vi fa capire facilmente quali siano i problemi decisamente insolubili che attanagliano questo paese e che ne condizionano pesantemente il risorgere economico, anche se capitali consistenti affluiscono da Emirati e Sauditi, ingolositi dalle occasioni immobiliari che sempre si presentano nelle zone di ricostruzione. Ma per il momento credo che ci voglia ben altro. Inoltre in un paese dove bruciano ancora i morti dei tuoi famigliari trucidati da questa o quella mano etnico-religiosa, è difficile capire quante generazioni saranno necessarie per cancellarne i ricordi. Questo devi pensare guardando i muri scheggiati dalle pallottole, le facciate di case con i vetri ancora rotti, le persiane squarciate dai colpi, le reti metalliche che chiudono giardini abbandonati in preda al verde selvaggio e le porte sbarrate dai mattoni per impedire l'accesso. Anche se accanto sono sorti nuovi grattacieli splendenti di cristalli e di acciaio, i palazzi morti rimangono lì a ricordarti che da un momento all'altro potrebbe riscatenarsi il diluvio di pallottole, le esplosioni delle bombe, l'urlo dei sepolti. Questo è l'altro aspetto che bisogna vedere per capire e interpretare quale potrà essere il futuro del Libano. Saliamo dunque sulla macchina di Noelle che ci porterà in mezzo alla città, per vederne di più..
Politici e votazioni
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