giovedì 4 giugno 2009
Bianco zucchero.
Leggendo golosamente questo post del blog di Bressanini, particolarmente ghiotto per me che amavo la chimica, al contrario della maggior parte degli studenti (sarà per questo che la parola "kimica" usata dai teobio, ha una valenza così negativa), mi è tornato alla mente un fatto accadutomi durante la mia prima ed unica visita in Bielorussia. Credo che batta tutti gli altri posti del mondo, non ne ho mai visti di così piatti, anche in Olanda c'è una collinetta di 300 metri, mi pare. Il treno per Minsk sferraglia per ore nel piattume bianco e liscio. Solo i boschi di betulle alternano gli spazi, bianche anch'esse ma con una scansione verticale alla ricerca di una armonia aliena, quasi un richiamo a Fontana, con tronchi leggermente piegati a simulare tagli nel cielo livido invernale. La città, rasa al suolo nella guerra è rinata dalle rovine sulla necessità di una rapida ricostruzione postbellica e presenta(va) in ogni sua parte una unica serie di orribili e miserevoli falansteri sovietici, una mappa di Mondrian monocolore e tristissima. Gli abitanti scherzavano molto, in quel periodo su Ciernobil e sul fattaccio avvenuto da poco. La centrale è a 600 km ed i venti spirano normalmente in quella direzione, così si diceva che gli ukraini ci tenevano a mantenere Minsk al caldo. Dove non si vive molto bene, la gente ha una tendenza a ridere molto, come per una reazione liberatoria, ma era un ridere nervoso, mi sembrava. La ragione della nostra visita era al solito, quella di cercare delle occasioni di business praticabili in quei paesi che si stavano aprendo. Era un periodo in cui arrivavano le proposte più strane e strampalate, come quella di pochi giorni prima, che avevamo glissato elegantemente, in cui ci era stato offerto un cacciatorpediniere al prezzo del suo peso in ferro (132 lit/kg, reso porto italiano) che però, dato che si trattava di circa 18.000 Ton. faceva sempre un bel 2 miliardi e mezzo di lirette. Nella divisione dell'URSS, alla Bielorussia era rimasta questa nave, ma non avendo questa sbocco al mare, cominciava a diventare un problema e volevano farsela fuori a prezzo di saldo. Così eravamo passati a cose più serie, dopo aver schivato anche una serie di inventori della domenica che proponevano i loro fantasiosi brevetti, una vera piaga del paese. Il nostro contatto assicurò che quel giorno avremmo incontrato un rappresentante di un grosso kombinat che aveva una proposta interessante, quindi andammo anche se oramai ci sentivamo alquanto delusi dalla situazione. Nel solito palazzone anonimo, passando attraverso porte squinternate e ambienti cadenti e tristissimi, fummo presentati al direttore generale che, come di consueto a quei tempi troneggiava dietro una scrivania a T , assai consueta negli ambienti sovietici del tempo. Il capo stava un po' più in alto in posizione dominante a sottolineare il potere e di fronte, ma più in basso, la scrivania si allungava (poco o molto a seconda dell'importanza del capo) ortogonalmente, in un tavolo attorno al quale si allineavano i subordinati. Mi risulta che questa tipologia di scrivanie venne importato anche da noi, in diverse sedi del PCI, chissà se qualcuno me lo può confermare. Comunque il potente fu molto affabile, tenendo a mostrare la sua internazionalità, esibendosi in sei lingue con proprietà di termini, per farci capire come fosse uso a trattar con occidentali e che se non eravamo rapidi e svegli, l'affarone l'avrebbe proposto ad altri. "Chi è più svelto fa i milioni" gigioneggiava arrotando l'occhio con fare complice. Arrivò, chiamato all'ordine, uno stuolo di tecnici, con rotoli di layout da spiegare sui tavoli, ma noi insistemmo che volevamo prima capire bene di che cosa si trattava, in quanto il nostro contatto aveva accennato solo ad un progetto di alta tecnologia industriale. E proprio di quello si trattava, spiegò paternamente il potente, che diede la parola al Glavny Inghenier per presentare il progetto. Si trattava, utilizzando un escusivo brevetto delle teste pensanti del kombinat, di un megaimpianto per la "produzione del furfurolo attraverso lo sfruttamento delle bagasse esauste". Non voglio entrare nei particolari tecnici che potrete approfondire nel blog a cui ho accennato in apertura, ma, come avranno già ipotizzato i miei lettori liguri, chiarimmo subito che non eravamo interessati a entrare nel settore chimico, occupandoci noi, soltanto di meccanica. Ce la filammo all'inglese, attraversando il grigio cupo della città verso la stazione, dopo i consueti brindisi alla imperitura amicizia italo-bielorussa.
Etichette:
bagasse,
barbabietole,
Bielorussia,
commercio,
furfurolo,
joint venture,
URSS,
zucchero
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!
Create your own visited countries map or check out the JavaScript Charts.
Nessun commento:
Posta un commento